AMBRÌ – Viene da chiedersi cosa sia successo in questi primi due mesi di campionato all’Ambrì Piotta, che dopo dieci partite era secondo con 20 punti e che nelle successive 11 è riuscito a mettersene in tasca solamente quattro, ma questo vorrebbe dire guardare le cose in maniera sbagliata. La questione ruota piuttosto attorno a quale tipo di squadra i leventinesi vogliono essere in una lega dal livello più alto che mai, perché se da un lato le basi volute dallo staff sportivo non sono (giustamente) cambiate, dall’altro bisogna sottolineare come “il vero Ambrì” non lo abbiamo mai visto in pista. Nemmeno in quelle prime dieci partite.
Ad inizio stagione era però normale che ci fossero diverse cose ancora da regolare, e l’Ambrì Piotta aveva anche il compito di conoscersi meglio e scoprire le caratteristiche di una rosa dal tasso tecnico ritoccato verso l’alto, che sulla carta ha portato ad uno dei lineup più bilanciati e completi che si possano ricordare in Leventina. Le prime prestazioni sul ghiaccio erano promettenti, perché anche se alcuni elementi si vedevano solo a singhiozzo – compattezza, volontà di andare nei due slot, e soprattutto continuità a livello di intensità – i biancoblù si erano comunque tolti dai guai grazie alle giocate di una rosa obiettivamente ben attrezzata. Non sempre insomma l’Ambrì “faceva l’Ambrì”, ma in quei momenti in cui la squadra riusciva ad ingranare una marcia in più e toglieva dal suo gioco qualche fronzolo di troppo, allora si vedeva il reale potenziale.
Questo aspetto lo avevamo sottolineato proprio dopo la vittoria contro il Langnau di un mese fa, quando i biancoblù si erano issati addirittura al secondo posto. “L’aspetto più intrigante di questa squadra non lo troviamo – paradossalmente – nei meritati elogi, ma bensì sottolineando quegli aspetti in cui la squadra di Cereda può ancora crescere. I biancoblù hanno insomma vinto otto delle prime dieci partite, ma sono ancora lontani dal toccare il massimo potenziale, e questo è ciò che colpisce maggiormente”, si leggeva nel commento. Un po’ come a dire che, se fino a quel punto le brillanti qualità dei singoli erano state in grado di sopperire alle lacune del collettivo, le cose si sarebbero potute fare interessanti quando l’Ambrì sarebbe tornato a giocare davvero con intensità.
In quel senso la partita successiva contro gli ZSC Lions aveva invero dato dei buoni segnali perché, al netto della sconfitta ai rigori e di alcuni episodi arbitrali che avevano innervosito la serata, quella era stata probabilmente la prova più completa della stagione per i biancoblù. In molti giustamente ricorderanno che era mancata la capacità di trovare il gol nei momenti decisivi, ma se si vuole individuare una prestazione che può essere da esempio per come l’Ambrì Piotta dovrebbe giocare, quella è una da cerchiare in rosso.
Ce ne sarebbe poi un’altra, anche se come appunto può sembrare azzardato. Facciamo riferimento alla seconda amichevole, quella giocata a Sursee contro lo Zugo, che aveva visto la squadra di Cereda mettere davvero in pista il suo “Ambrì hockey”. Certo, si trattava di una partita di preparazione giocata il 20 agosto, ma la giusta mentalità si può portare sul ghiaccio in qualsiasi contesto e non la si è più rivista spesso nei mesi successivi.
Quella con cui è confrontata la squadra non è dunque una crisi strettamente di risultati, ma piuttosto una difficoltà sinora rimasta irrisolta nel trovare quel livello d’intensità che permette di giocare il proprio gioco. Sul banco degli imputati è finito spesso il powerplay, che ha prodotto appena a otto gol (sei se si considerano i due concessi in shorthand) e che fa difetto nel momento della finalizzazione, ma il vero problema è (anche) un altro.
L’Ambrì è infatti ultimo per opportunità di superiorità a partita (2.57), dopo che negli ultimi quattro campionati era sempre stato nelle prime posizioni, e questo è uno dei risultati di un gioco meno intenso, costante e diretto. Si può poi aggiungere che l’Ambrì è solamente 11esimo per tiri dallo slot e nel contempo la terza squadra che ne concede di più da quella zona, e se da un lato bisogna sottolineare come in termini di tiri bloccati i biancoblù siano secondi, dall’altro il numero è anche “gonfiato” dal fatto di aver concesso ben 1’286 tentativi di conclusione agli avversari (solo l’Ajoie ha fatto peggio con 1’374).
Tra i dati che spiccano c’è anche quello agli ingaggi, con l’Ambrì ultimo nell’intera lega con il 46.9% di efficacia e nessuno dei centri capace di superare il 50%. Bisogna però anche ricordare che i faceoff non sono un esercizio individuale, ed è solo con il giusto mordente che si può vincere il primo duello con cui inizia ogni cambio.
Per anni insomma Cereda e Duca hanno martellato sull’imperatività di avere come base la propria identità, e se in alcuni momenti le loro argomentazioni sono sembrate anche ripetitive, in questa prima fase di stagione si sono viste le conseguenze di una flessione in quel senso. La colpa non è però solo dei giocatori, perché quello che portano sul ghiaccio è il risultato di un lavoro più ampio che porta ognuno ad avere una fetta di responsabilità. Non è insomma puntando il dito che si potrà ritrovare carica ed intensità, ma solamente facendo gruppo e convincendo tutti a sacrificarsi per spingere nella stessa direzione.
Poca continuità la si è così avuta anche nei singoli. Solamente Spacek, Heim e Juvonen hanno rappresentato sinora una certezza, mentre parecchie altre individualità hanno vissuto alti e bassi ed altre ancora – come Shore e Zwerger, infortunatisi durante la preparazione – hanno sinora deluso.
Gli amanti delle statistiche si saranno accorti che i biancoblù sono leggermente al di sotto dei punti che potevano attendersi dopo queste prime 21 partite (1.27, contro gli 1.14 ottenuti), e ci si interroga su quale livello la squadra potrà assestarsi nella seconda metà di campionato. Le proiezioni matematiche in questo caso non ci vengono in aiuto, perché la domanda è un’altra e riguarda che tipo di squadra l’Ambrì Piotta vorrà essere da qui in avanti.
Il gruppo leventinese d’altronde ha tutte le carte in regola per centrare l’obiettivo dei pre-playoff, ma dovrà tornare a giocare con quella fame che caratterizzava delle rose ben più modeste di questa.