LUGANO – Dopo il sospiro di sollievo tirato da tutti i tifosi – e staff tecnico – dei bianconeri grazie alla vittoria in quel di Davos, il testacoda prenatalizio aveva in programma la sfida della Resega contro il fanalino di coda Rapperswil, occasione troppo grossa per farsela sfuggire e per incamerare punti e morale.
Confermato con un po’ di sorpresa Manzato – più che altro per il turn over a cui si era abituati, non per le prestazioni del portiere friborghese – Fischer ha dovuto fare a meno all’ultimo momento di Eric Walsky per colpa di una botta al polso, inserendo al centro del quarto blocco Romanenghi.
Per il resto formazione confermata, con l’attesissimo Brunner schierato assieme a Filppula e Bertaggia, e il blocco svedese completato al centro da Sannitz. Gli uomini di Eldebrink si sono presentati alla Resega privi di Danielsson, il cui posto è stato preso dal difensore ex bianconero Fransson.
Proprio gli svedesi del Rapperswil, soprattutto Persson, sono stati gli unici a dare l’impressione di poter almeno impensierire la difesa bianconera, che ancora nel primo tempo ha mostrato qualche sbavatura, soprattutto in uscita dal terzo. Qualche disco perso ha creato un paio di brividi davanti a Manzato, ma sostanzialmente il Lugano ha dominato i primi 20’ quasi senza voler forzare troppo, sprecando – non una novità di questi tempi…- anche tre power play.
La disastrata difesa sangallese ha avuto il suo bel da fare nel contenere gli svedesi avversari, un Filppula su standard decisamente più alti rispetto alle ultime uscite e un Brunner molto più inserito negli schemi.
Ma quando nel secondo tempo ci si aspettava che Pettersson e compagni cominciassero a alzare il ritmo delle operazioni e a affondare il coltello in profondità, è accaduto il contrario. I bianconeri hanno cominciato a giochicchiare, pasticciando sempre di più in fase di transizione e cercando l’ulitmissimo tocco davanti a Punnenovs, mentre il Rapperswil, senza nulla da perdere, stava ad aspettare.
E con la loro pazienza, i sangallesi hanno approfittato di un power play – esercizio in cui se la cavano maledettamente bene – per portarsi in vantaggio grazie a Persson. Mancanza di idee in ripartenza, ritardi nel recupero del disco, davvero un brutto Lugano quello “ammirato” nel periodo centrale.
La reazione, più rabbiosa che ordinata, è arrivata nel periodo conclusivo, cominciato con grande aggressività ma ancora privo della necessaria lucidità. Le reti di Chiesa e Klasen che hanno ribaltato il risultato sono arrivate per una logica superiorità, tecnica e territoriale, ma il gioco proposto dal Lugano ha presentato ancora quelle lacune che hanno fatto capolino negli ultimi tempi.
Il brivido finale, in quel minuto giocato in 4-contro-6 preceduto dagli ennesimi power play sprecati, è stato l’immagine della partita, con il Rappi deciso a portare via punti senza aver nulla da perdere e il Lugano timoroso di imporre la propria legge e incapace di dare impulsi nuovi e diversi in attacco.
Come mostrato in gran parte di questo match, il gioco presenta ancora dei difetti, ma Fischer può rallegrarsi di aver ritrovato un pacchetto stranieri di nuovo all’altezza della situazione, un Manzato formato “big” e dei giovani che, ad immagine di Romanenghi e Dal Pian hanno mostrato grande voglia di rivalsa quando schierati sul ghiaccio.
Damien Brunner deve ancora rimandare l’appuntamento con la prima rete in bianconero, ma è stato confortante vedere quanto il numero 98 ha mostrato per integrarsi al meglio negli schemi, trovando più spesso la via del tiro e andando vicino al gol in un paio di frangenti.
Il 2014 si chiude con due importantissime vittorie, ma oltre alle buone cose mostrate a livello caratteriale e di spirito battagliero, il lavoro per Patrick Fischer non manca. Il power play è diventato addirittura il punto debole di questa squadra, dopo che ne era stato il fiore all’occhiello, e la soluzione dei 5 attaccanti nel primo blocco di superiorità non convince per niente.
In retrovia vi è da sperare che almeno Vauclair possa rientrare a gennaio, perché la sua assenza e quella di Hirschi privano dell’ordine e del gioco a tutta pista cui sono chiamati i difensori, rallentando la fase di transizione.
Tutto sommato ci si può ritenere soddisfatti di come si sia terminato l’anno, perché ancor di più con qualche problema di gioco, andare in pausa con due vittorie dopo quella trafila di sconfitte evita molti mal di pancia e molte notti insonni.