BERNA – Come comunicato dal Parlamento svizzero, nella giornata di martedì è stata approvata dal Consiglio degli Stati la revisioni sulla legge dei cartelli, che in futuro permetterà a privati e settore pubblico di intentare un’azione civile se svantaggiati da limitazioni alla concorrenza.
Nel corso del dibattito il plenum ha anche deciso (31 voti a 8, e 5 astenuti) di specificare nella legge, su proposta di Fabio Regazzi (Centro/TI), di considerare come giustificati per motivi di efficienza economica gli accordi all’interno delle leghe sportive professionistiche che limitano per esempio le spese totali o i salari lordi.
Da ora le leghe professionistiche potranno in sostanza accordarsi – se lo vorranno – per introdurre un limite finanziario ai salari lordi dei proprio giocatori, che in media superano di 300’000 fr annui. Per quanto concerne l’hockey, questa nuova base legale è stata sostenuta dalla stragrande maggioranza dei club di National League, con l’eccezione di Berna e ZSC Lions.
Tale aggiunta alla normativa dovrebbe salvare eventuali intese per introdurre fra i club di hockey su ghiaccio limiti alle remunerazioni (fair play finanziario). Secondo il sostenitore della proposta Regazzi – membro del CDA dell’Hockey Club Lugano – questo dovrebbe creare una certa sicurezza giuridica dal momento che simili intese potrebbero anche essere considerate illecite da parte della della Commissione della concorrenza.
Per i sostenitori della proposta il fair play finanziario potrebbe introdurre un certo equilibrio fra i club dal momento che attualmente poche squadre, ossia quelle più ricche, dominano i campionati lasciando le briciole agli altri. Per Regazzi, inoltre, spalleggiato da altri “senatori” – Stefan Engler (Centro/GR) e Carlo Sommaruga (PS/GE) – i salari rappresentano in alcuni casi fino all’80% delle uscite di un club, specie quelli piccoli, e ciò lascia poco margine di manovra per sostenere i giovani o le squadre femminili.
Sulla questione il Consiglio Federale si era dichiarato contrario, affermando che la nostra realtà non è paragonabile a quella del Nordamerica, dove il “salary cap” è da tempo una realtà. In merito alla proposta dovrà comunque ancora esprimersi anche il Consiglio Nazionale.