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NHL

On fire or on the bench: ecco i protagonisti della settimana!

onfire

Michal Neuvirth

Era lo scorso lunedì notte quando Jay Beagle alzava il bastone al cielo, nemmeno troppo convinto, quasi come se il gol appena realizzato fosse stato addirittura troppo facile da ottenere. D’altronde il suo era stato il sesto gol della serata per i Washington Capitals, addirittura il quinto in powerplay, ed i Philadelphia Flyers sembravano essere poco più di una formalità per i vincitori del Presidents’ Trophy. 3-0, series over.

Colpiti al cuore dalla scomparsa dello storico proprietario Ed Snider, Philadelphia aveva ancora una carta da giocare per evitare perlomeno lo sweep: Michal Neuvirth. Ed ecco che tutto è cambiato.

Il 28enne ceco ha giocato il miglior hockey della carriera, portando i suoi alla vittoria per 2-1 in Gara 4 parando un totale di 31 tiri. Si stava semplicemente scaldando. Neuvirth nelle due partite successive ha infatti dato una reale possibilità ai suoi di forzare addirittura Gara 7 contro gli inarrestabili Capitals, vincendo la quinta sfida con uno shutout da 44 parate (i Flyers avevano vinto 2-0 pur effettuato solo 11 tiri) e concedendo una sola rete nella sesta partita.

Numeri mostruosi: due gol subiti su un totale di 105 tiri al cospetto degli attaccanti più forti al mondo, una percentuale del 98.1% di parate ed una media di 0.67 reti incassate a partita. Non basta? Aggiungete 106 minuti e 21 secondi consecutivi di imbattibilità, ed il quadro è definitivamente completo. Beast Mode.

Nonostante l’eliminazione – pur con un Neuvirth così, girare la serie restava un’ipotesi che sfiorava la fantascienza – il portiere ha mostrato tutto il suo valore proprio contro la sua ex squadra, quei Washington Capitals che lo avevano draftato nel 2006 e che avevano poi scelto di affidare con il passare del tempo il ruolo di titolare a Braden Holtby, nel frattempo diventato tra i più forti della lega.

La partenza per Buffalo è però stata importante per il suo percorso personale. “Lo scorso anno con i Sabres ero abituato a dover fronteggiare tantissimi tiri – ha spiegato ad Associated Press – dunque per me non è stata una situazione nuova quella vissuta nella serie contro Washington”.

Il 28enne resta un elemento da tenere d’occhio e sembra finalmente pronto ad ottenere un ruolo da titolare, dopo aver iniziato il suo percorso a livello giovanile sotto le direttive di Michael Lawrence, attuale allenatore dei portieri dell’Ambrì Piotta che lo ha seguito prima del salto in NHL.


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Henrik Lundqvist

Abbandonato al suo destino e con troppo peso da portare sulle spalle, stavolta il Re ha ceduto. Henrik Lundqvist non ha potuto fare nulla per salvare i suoi New York Rangers dall’eliminazione bruciante per 4-1 contro i Pittsburgh Penguins, che fa sorgere un numero infinito di punti interrogativi a Broadway, dove per una volta le prestazioni stellari dello svedese non sono arrivate a salvare la squadra, completamente messa a nudo in tutti i suoi difetti.

Dal 2012 ad oggi – il lasso di tempo in cui i Rangers hanno sfiorato da vicinissimo la coppa, senza mai vincerla – Lundqvist era riuscito a vincere 15 delle 19 partite in cui la squadra era stata confrontata con l’eliminazione, parando il 95.3% dei tiri con una media di 1.50 reti incassate, ed aggiungendo pure due shutout.

Numeri al limite della realtà.

Dopo il miglior inizio di sempre – ed è tutto dire per un club che fa parte delle Original Six – le cose non sono mai andate realmente per il verso giusto a New York, ed anche Lundqvist ha vissuto un numero esagerato di “serate no”, culminate in una serie contro Pittsburgh da dimenticare.

Impensabile infatti vedere lo svedese terminare in panchina tre partite su cinque, concedere dieci gol (!) sugli ultimi 40 tiri della serie, e chiudere i playoff con una percentuale di parate dell’86.7%. La sua stagione è terminata dopo due tempi di una pessima Gara 5, conclusa osservando i compagni in panchina e dopo aver parato solamente il 73.9% (!) dei tiri scagliati dai Penguins.

Numeri al limite della realtà, anche questi.

“Ho provato imbarazzo e una totale assenza di speranza. Abbiamo giocato contro una squadra migliore ed un portiere migliore”, ha commentato dopo l’eliminazione, diventando il simbolo di un collasso di squadra che lo ha visto risucchiato nell’occhio del ciclone in diretta TV nazionale, ma che è iniziato da ben più lontano.

Il Re è caduto e, come normale dovrebbe essere, questa volta avrà bisogno di una mano per rialzarsi.

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