Qualcuno tra i tifosi bianconeri presenti alla Cornèr Arena sabato sera ha scorto un volto non nuovo, soprattutto chi ha già probabilmente raggiunto gli “anta”.
In visita alla pista luganese c’era infatti un ex illustre dell’Hockey Club Lugano, lo svedese Michael Nylander. Centro dei bianconeri nella stagione 1996/97 (44 partite, 66 punti) è stato uno dei giocatori di più grande classe ad aver vestito la maglia del Lugano, in una carriera che lo ha visto scendere in pista in NHL per quasi mille partite tra Calgary Flames, Tampa Bay Lightning, Washington Capitals, Chicago Blackhawks, Boston Bruins e New York Rangers.
Michael Nylander, tornare a Lugano è sempre un piacere?
“Negli anni sono tornato altre volte perché adoro questo posto, la città, i tifosi e ho ancora degli amici che vengo a trovare. Ho giocato una sola stagione qui a Lugano in tutta la mia carriera ma resterà per sempre nel mio cuore, è stato uno dei periodi più belli della mia vita”.
Sabato sera hai assistito alla vittoria dei bianconeri, che partita hai visto?
“Ho visto una bella partita, so che il Lugano sta passando un periodo difficile, ma la squadra è ottima e sabato sera l’ho vista proporre un ottimo hockey e giocare compatta per costruirsi una bella vittoria contro un avversario in forma”.
Il Lugano viene da un cambio di allenatore, stavolta mettendo in panchina qualcuno cresciuto in casa…
“Per una società è bello potersi “costruire” in casa non solo il futuro a livello di giocatori ma anche come allenatori. Gianinazzi è molto giovane ma so che ha avuto già un buon successo come coach della U20 e ora ha la grande opportunità di crescere ancora. Ma questa è un’opportunità anche per i giocatori stessi, anche se sono più anziani di lui possono sempre imparare qualcosa di nuovo, perché sicuramente il coach ha le sue idee e saranno qualcosa di innovativo e positivo”.
Luca Gianinazzi non ha nemmeno trent’anni, anche per te che hai vissuto altre epoche sembrava qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa…
“Credo sia inusuale per il campionato svizzero vedere un ragazzo così giovane come head coach, in altri campionati è vero che si comincia molto presto a formare anche gli allenatori, ma sarà un aspetto positivo per il Lugano e forse per tutto l’hockey svizzero vedere una squadra fare questa mossa, perché richiede tanto coraggio ma può ripagare per tanti anni.”
Da giocatore sei rimasto ad alti livelli fino a quarant’anni, come ci si costruisce una carriera così longeva da professionista con quasi mille partite in NHL?
“Le ricette sono semplici, dalle quali non si può scappare: etica del lavoro, cura di se stessi fisicamente e psicologicamente, amare quello che si fa ogni giorno e anche un po’ di fortuna. Ho imparato da un fenomeno come Jaromir Jagr che anche a quarant’anni si deve sempre spingere come se si fosse al primo giorno di lavoro e lui è l’esempio perfetto, perché ancora oggi va sul ghiaccio con il sorriso, godendosi ogni istante e mostrando la più grande professionalità.”
E oggi di cosa ti occupi dopo aver lasciato l’hockey giocato?
“Al momento la mia concentrazione va alle mie tre figlie che alleno sui campi da tennis (la più grande, Jacqueline, è stata rookie dell’anno in Texas lo scorso anno ed è entrata nella classifica WTA recentemente, n.d.r) mentre per l’hockey mi occupo di giovani giocatori in giro per il mondo e durante l’estate mi alleno con i miei figli William e Alexander. Insomma, l’occupazione non mi manca di certo”.