AMBRÌ – È reduce da un periodo intenso ed anche delicato l’Ambrì Piotta, che con la vittoria in casa dell’Ajoie ha trovato un’importantissima boccata d’ossigeno per lavorare nella settimana di pausa allentando la tensione, e per coach Luca Cereda questa è anche l’opportunità per guardare a quanto fatto nella prima importante fetta di campionato.
Lo staff biancoblù può anche iniziare ad analizzare più concretamente i dati che stanno emergendo dal sistema “Kinexon”, una delle novità che grazie ai sensori installati nelle corazze dei giocatori e all’interno della Gottardo Arena rappresenta un mezzo in più per cercare di competere con realtà che hanno più risorse e forza economica.
“Sono oramai tanti gli sport che utilizzano questa metodologia – ci ha spiegato Cereda – soprattutto se pensiamo alla NHL oppure al mondo del calcio. In Svizzera siamo l’unica squadra ad avere questa tecnologia a disposizione in compagnia del Rapperswil, con cui contiamo di scambiarci e confrontare i dati per approfondire le potenzialità del sistema”.
L’Ambrì questo sistema lo utilizza per le partite casalinghe – chiaramente non può essere impiegato in trasferta – e soprattutto negli allenamenti. “Che rappresentano una mole di lavoro tre volte superiore alle partite. Per questo è importante capire come individualizzare il carico di lavoro, anche per prevenire ed analizzare gli infortuni. Sicuramente la tecnologia non sarà la panacea dei nostri mali e non è così che diventeremo un top team, ma ogni cosa che può farci arrivare un pochino più vicino agli avversari per noi vale oro”.
Una novità questa che alcuni giocatori potrebbero anche percepire come un controllo “ed effettivamente per alcuni è stato così all’inizio – ha confermato Cereda – ma ora sembra che praticamente nessuno se ne accorga più. Vogliamo farne naturalmente un uso costruttivo, anche pensando alla possibilità di monitorare gli stati di forma. Questo permette di avere dei dati concreti, e basare decisioni e considerazioni non solo su sensazioni personali ma anche sui numeri. Per ogni giocatore creiamo un profilo, e stiamo sull’attenti soprattutto quando i dati deviano in maniera importante da questo profilo”.
L’Ambrì ha insomma a disposizione tanti dati – sia in questo senso, che prettamente statistici – che sono per lo più positivi, ma i risultati faticano ad attivare. “Durante una partita ci poniamo sempre dieci obiettivi da raggiungere, ed in questi anni abbiamo visto che se ne soddisfiamo almeno sei ne vinciamo parecchie. Questi sono dati molto più veritieri di tutti gli altri, e ci danno il sentimento che abbiamo una base. Alla fine però i gol vanno fatti sul ghiaccio, non sul computer, e per influenzare questo aspetto possiamo lavorare sulle abitudini e sull’unione di squadra”.
Si ricollega a questo concetto anche la componente di fiducia, che abbiamo visto traballare nella recente serie di sconfitte, ed in particolare in una partita in casa dell’Ajoie in cui i biancoblù – prima di segnare il primo gol – erano evidentemente bloccati.
“In panchina non volava una mosca, mi ha ricordato molto la prima partita della serie di playout contro il Kloten di alcuni anni fa, quando avevamo tutto da perdere”, ha spiegato Cereda. “Tutti si nascondevano. Abbiamo così deciso di cambiare qualcosa a livello di struttura – mettendo Cajka e Neuenschwander – e cambiando le linee. Con le sconfitte è però vero che abbiamo perso un po’ di solidità mentale, ma siamo una squadra viva altrimenti non avremmo provato a recuperare contro il Langnau ed avremmo sicuramente perso a Porrentruy. Mi ricordo l’anno che arrivammo fino in finale con l’Ambrì, anche prendendo due gol nei primi minuti sapevamo che saremmo comunque riusciti a vincere, mentre ora questa solidità non ce l’abbiamo”.
Ed in questo discorso rientrano anche i leader, quei giocatori che ti portano un ingrediente importantissimo ma che non si vede nei tabellini, come avevano saputo fare nel recente passato ad esempio Novotny oppure Upshall.
“Nella partita con l’Ajoie ho però visto in Regin quel leader che volevamo portare ad Ambrì – ha spiegato il coach leventinese – e già prima di segnare quel gol importantissimo era per lui una serata in cui voleva il disco per prendersi le responsabilità. Da lui ci aspettiamo questo, non una leadership aggressiva ma in termini di personalità. Una presenza del genere dà ossigeno a tutti, e da come l’ho visto nell’ultima partita mi fa credere che stia ritrovando la forma… Ad inizio stagione era così, prendeva il disco e lo smistava, poi è calato. Se ricordiamo Novotny – e l’effetto che aveva avuto anche su Kubalik – è proprio vero che un giocatore può cambiarti la squadra, e noi speriamo che Regin possa fare un passo in quel senso”.
C’è poi il profilo di Cajka, un giocatore dalle caratteristiche intriganti e dai numeri promettenti, che lo staff sta cercando di far crescere soprattutto con i Ticino Rockets.
“Nel suo caso si chiama sempre in causa la qualità che potrebbe portare, ma se guardiamo alla partita con l’Ajoie nei dieci minuti che ha giocato il disco è stato sul suo bastone per meno di trenta secondi. La grande differenza la fai dunque quando il puck non ce l’hai, perché se non sai muoverti puoi avere tanta qualità ma non sei efficace. Lui ha ricevuto il chiaro compito di lavorare su questo, e quando l’ho visto dal vivo con i Rockets molto onestamente ha giocato così così… Nelle tre partite che ha fatto con noi ho invece notato un chiaro passo avanti, ma cosa succederà adesso non lo so. Nel suo contratto c’è un’opzione al 31.12 in favore del club, dunque come prima cosa dobbiamo decidere se tenerlo ed eventualmente poi come procedere. Mi ha dato un bel segnale, ma dove sarà tra due settimane non lo so. In generale non stiamo comunque perdendo le partite per mancanza di qualità”.
Ha insomma a disposizione tante informazioni e tanti aspetti su cui ragionare Luca Cereda. Il lavoro, come sempre, sicuramente non manca.