AMBRÌ – L’Ambrì Piotta non è riuscito a dar seguito alle ottime prestazioni che avevano caratterizzato le ultime settimane e, per la seconda volta in stagione, si è dovuto inchinare ad un Langnau che, con il passare dei minuti, ha saputo prendere in mano le redini del confronto.
“Sapevamo che sarebbe stata una partita difficile ed eravamo consci che le tre vittorie consecutive non avrebbero significato nulla a fronte di un avversario volenteroso di dare una sferzata alla propria stagione”, ha dichiarato a caldo Michael Ngoy. “Chiaramente siamo delusi dall’esito della partita ma ora si tratta di imparare la lezione, tenere la testa alta e affrontare il Bienne con maggiore determinazione”.
Nonostante un avvio di partita positivo, dal secondo tempo avete perso di continuità nella manovra e il Langnau è cresciuto. Tu come l’hai vista?
“Effettivamente la rete del vantaggio ci ha fatto sorgere qualche dubbio. Fino a quel momento avevamo tirato parecchio, anche se di occasioni nette non ne avevamo avute granché, e probabilmente la cosa ci ha innervosito. Se guardiamo alle emozioni, poi, ce ne sono state ma non a sufficienza per essere migliori di loro e, come logica conseguenza, siamo stati puniti”.
Ad inizio partita si sono visti alcuni passaggi di troppo che vi hanno fatto perdere il momento giusto per infilare Punnenovs. Anche questo un aspetto su cui lavorare…
“Esattamente, tant’è vero che durante la prima pausa ne abbiamo parlato perché questo ha rappresentato uno dei limiti più grandi del primo periodo. Un limite che forse ci ha impedito di passare in vantaggio e a quel punto chissà che partita avremmo visto. Avremmo dovuto cercare meno combinazioni d’effetto e più tiri e azioni sporche, non a caso l’unica nostra rete è arrivata proprio in questo modo”.
Spesso contro le grandi sapete esaltarvi, mentre contro le squadre alla vostra portata capita di farvi sorprendere. Come te lo spieghi?
“Parlo per esperienza: durante la mia ormai lunga carriera ho sempre giocato per le piccole – Losanna prima, poi Friborgo – e immancabilmente ogni volta che ci trovavamo a dover affrontare squadre alla portata o addirittura più deboli di noi cadevamo nel tranello. Quando giochi contro le grandi, forse per orgoglio, riesci sempre a tirar fuori quel qualcosa in più che ti permette di tenere testa al tuo avversario. Poi arriva un avversario alla portata, contro il quale sai di dover vincere, e non riesci ad alzare il livello. È come se scattasse un meccanismo mentale che ti impedisce di esprimerti come vorresti. Non sono frasi fatte quando dico che sapevamo che non sarebbe stato facile contro di loro, e molto spesso sono partite come questa a nascondere le maggiori insidie. Ancora oggi, dopo 20 anni di hockey, non riesco a trovare una spiegazione logica a tutto questo”.
L’assenza di Fohrler – giocatore impiegato anche nelle situazioni speciali – ha rivoluzionato le coppie difensive. Questo può aver influito in modo particolare sugli equilibri della squadra?
“Direi di no. Senza nulla togliere a Tobias, difensore roccioso e che apprezzo davvero moltissimo, ci sono stati altri che hanno saputo colmare la sua assenza. Lo stesso è accaduto con Müller, oppure con D’Agostini. Da sempre siamo confrontati a questo tipo di situazioni e in qualche modo siamo sempre riusciti a tirar fuori quel qualcosa in più per colmare la lacuna. La difesa ha retto bene, dimostrandosi solida in più di un’occasione. Dunque direi di no, l’assenza di Tobias ci ha sicuramente indebolito ma l’abbiamo gestita bene”.
Nell’arco di una stagione sono poche le sfide pomeridiane. Molto concretamente, in termini di preparazione alla partita che cosa cambia per voi giocatori rispetto ad una partita serale?
“Dipende moltissimo dal giorno precedente. È estremamente difficile, ad esempio, quando il sabato giochiamo in casa e la domenica siamo in trasferta. Questo intacca moltissimo la nostra routine, come il riposo pre partita, una dormita di un paio d’ore che per noi sportivi è di fondamentale importanza. Nel caso del doppio turno con la partita in trasferta la domenica, ti alzi dopo aver dormito poche ore a causa dell’adrenalina che ti tiene sveglio fino a tardi – nel mio caso fino alle 2-3 di notte – e poi, dopo aver mangiato, anziché coricarti come da routine, devi essere pronto mentalmente e fisicamente per la partita delle 15:45. Il tempo di recupero è davvero poco e le abitudini vengono stravolte. Durante la settimana, con i vari allenamenti, abbiamo un certo tipo di abitudini. Lì il riposo non lo fa quasi nessuno. Ma quando arriviamo al giorno della partita, invece, avviene come uno switch mentale e il corpo richiede quelle due ore di sonno. Potrà sembrare una banalità, ma vi posso assicurare che possono fare la differenza”.