LUGANO – ZUGO
3-4
(2-2, 0-0, 1-2)
Reti: 0’53 Senteler (Diaz, Suri) 0-1, 1’23 Walker (Hofmann) 1-1, 9’33 Reuille (Ulmer) 2-1, 19’43 Simion 2-2, 40’55 Klingberg (Suri) 2-3, 44’24 Sannitz 3-3, 55’23 Simion (Klingberg, Martschini) 3-4
Note: Corner Arena, 3’408 spettatori. Arbitri Wiegand, Hebeisen; Castelli, Borga
Penalità: Lugano 6×2′, Zugo 4×2′
LUGANO – La “strana” settimana del Lugano termina con una sconfitta in Coppa Svizzera contro lo Zugo, sinonimo di uscita agli ottavi di finale della competizione. Settimana strana perché ha proposto ai bianconeri tutte le competizioni che li vedeva partecipanti, con la vittoria in Finlandia sullo JYP per il passaggio del turno in CHL, la sconfitta di Bienne e quella citata di sabato sera alla Cornèr Arena in Coppa.
Una settimana non solo strana ma anche di passione, con quel gol risolutore e rifiatatore di Lapierre a Jyväskylä, la prima vittoria fuori casa del campionato solo ammirata per metà partita alla Tissot Arena e poi purtroppo le pesanti defezioni a cui devono far fronte i bianconeri.
Perso Riva per il fallo subito a Bienne, nel pomeriggio di sabato è arrivato il forfait di Lajunen, operato d’urgenza per un’appendicite acuta, assenze che vanno ad aggiungersi a quelle di Morini e Klasen.
In un periodo in cui il Lugano sta attraversando anche delle difficoltà – la classifica è lì a testimoniarlo come una cartina tornasole – e molti alti e bassi, dover far fronte a certe assenze non risulta affatto facile, soprattutto quando bisogna mettere in atto un processo di crescita che ha già trovato le sue belle difficoltà.
Nonostante ciò, dopo qualche segnale positivo arrivato nella sconfitta di Bienne (sia le vittorie che le sconfitte possono lasciare qualche messaggio contrario al risultato) anche nella serata di sabato il retrogusto alla sconfitta contro i Tori di Dan Tangnes è sembrato meno amaro.
Questo perché il Lugano, anche se di Coppa si tratta, ha saputo metterci il carattere e la dedizione ai propri compiti, non si è tirato indietro nei duelli individuali ed è tornato là dove fa male, davanti ai portieri e dietro le gabbie. È vero, come già detto in altre occasioni, che questa competizione può anche contare meno sul piano del prestigio, ma a venir valutato deve essere soprattutto l’atteggiamento, aldilà di risultato e competizione, anche perché l’avversario era comunque di quelli tosti.
E il Lugano si può dire che nonostante la formazione rimaneggiata – richiamato Vedova dai Rockets – non ha tradito sul piano dell’applicazione. Si sono visti anche diversi cambi veramente propositivi e azioni offensive che da tempo non venivano proposte, tanto per dire che qualche idea in più sta balenando nelle teste dei bianconeri.
Rimangono però certi problemi evidenti come quello del power play – con un gol sciagurato preso in shorthand a filo della prima sirena – e di alcune amnesie pesanti in retrovia che vanno assolutamente limate. Grosse responsabilità anche su diverse reti dello Zugo, come dire che i margini per una vittoria c’erano eccome, ma di questo periodo è un Lugano che riesce spesso a farsi male da solo, anche quando in porta il buon Stefan Müller tira fuori di nuovo una prestazione maiuscola e sicura.
Mancano ancora gli acuti pesanti di alcuni singoli, anche se Fazzini ha fatto tremare l’asta di Stephan ed è stato più propositivo con e senza disco, Hofmann continua ad andare a corrente alternata e Haapala prosegue la sua crescita nel gruppo e nel sistema con cambi sempre più promettenti.
Sconfitta sì, ma con punti positivi. Sarà una magra consolazione ma in questo periodo e in queste condizioni è impossibile aspettarsi che il Lugano cambi faccia dall’oggi al domani in maniera repentina, uscire da certe situazioni richiede tempo e se il processo passa anche dalla Coppa senza intaccare di nuovo il campionato è un po’ di tempo guadagnato.
Ora però certi progressi dovranno fare un salto in più, perché vincere aiuta a vincere, cercare una certa regolarità di rendimento è d’obbligo. Anche perché da martedì si torna a fare sul serio, nel campionato di quelli che non aspettano i ritardatari.
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