LUGANO – Cordialità, un largo sorriso, molte parole con i compagni e tanta voglia di cominciare la sua avventura in bianconero. Maxim Lapierre è l’ultimo straniero ingaggiato dal Lugano in vista dei playoff, e il canadese andrà a sostituire il partente Ilari Filppula nella rosa bianconera.
Al termine dell’allenamento di martedì mattina, il neo arrivato si è concesso ai microfoni dei media, per parlare un po’ di lui, dare le sue prime impressioni sulla squadra e parlare un po’ del suo passato tra NHL e Svezia.
Maxim Lapierre, c’è da immaginare che in questi giorni tutto si sia svolto molto in fretta per arrivare qui a Lugano…
“Sono stati giorni intensi e concitati, mentre ero in Svezia è nato anche mio figlio, quindi ho dovuto organizzare al meglio il trasferimento e il trasloco. Però ora che sono qui va tutto bene”.
Sei al tuo primo anno in Europa, conosci già qualcosa del campionato svizzero e in particolare del Lugano?
“Ho guardato qualche partita di Coppa Spengler, conosco qualche giocatore ma non so molto di più. Ho comunque parlato con Larry Huras e Bill Thomas, che sono stati entrambi a Lugano in passato e mi hanno raccontato solo buone cose. So che la squadra è competitiva e abbiamo ottime chance di fare bene in campionato”.
Al MODO, dopo il licenziamento di Huras, si è detto di una situazione poco chiara e anche Byron Ritchie si è espresso sulla tua partenza e quella di Kyle Wilson. Puoi spiegarci cos’è successo?
“Sono cose che succedono nello sport, non voglio parlarne troppo ora che sono fuori, ma voglio solo dire che a volte c’è chi accetta certe decisioni e altri no. Io ho solo fatto di tutto perché la mia carriera di giocatore potesse proseguire al meglio così che ne giovasse anche la mia famiglia, che viene prima di tutto nella mia vita. Comunque non voglio che si speculi troppo su quello che è successo, se sono qui è per una buona ragione”.
In questa tua prima esperienza in Europa cosa hai imparato? E come mai hai preso la decisione di lasciare il Nordamerica?
“Ho apprezzato tutto, il livello tecnico in Svezia è veramente alto, e l’esperienza al MODO mi ha permesso di prendere confidenza con le pista più grandi. Ho preso la decisione di partire per l’Europa soprattutto per evitare i grandi spostamenti che sei costretto a fare in Nordamerica e per gli eventuali trasferimenti tra NHL e AHL. È stata insomma una decisione per la mia famiglia per poter passare il più tempo possibile assieme a loro, cosa che in NHL non è possibile perché resti in viaggio per giorni e giorni”.
Puoi descriverti come giocatore, o se perlomeno ti riconosci nella definizione di “provocatore” o “agitatore”?
“Sì, è su queste basi che ho fatto la mia carriera in NHL, sono qualità che mi hanno permesso di giocare ad alti livelli per molti anni e amo sempre dare tutto. Sul lato tecnico so sfruttare molto bene il mio fisico, e sono in grado di adattarmi sia alla fase difensiva che a quella offensiva”.
Hai già discusso con lo staff tecnico su quale sarà il tuo ruolo in squadra?
“A dire la verità non ho ancora potuto parlarne bene, sono appena arrivato e dopo i saluti sono andato subito sul ghiaccio con i compagni (al centro di Stapleton e Brunner, ndr). Però vedremo, al MODO avevo un ruolo piuttosto offensivo, ma come detto mi saprò adattare a ciò che mi viene chiesto”.
Hai giocato diverse stagioni a Montréal, oltre ad aver disputato molte partite di playoff. C’è da immaginare che lì si impari a gestire la pressione…
“Sì, in particolare a Montréal i media sono sempre presenti, i fans sono veramente fanatici e rumorosi, e la pressione è sempre alta. Credo che una mia qualità sia questa, gestire i momenti di pressione”.
In un’intervista hai dichiarato che se non avessi giocato a hockey avresti fatto il poliziotto…Allora non sei così un bad guy come vogliono farci credere…
“È sempre interessante vedere la reazione di quando la gente mi conosce fuori dal ghiaccio. Con la mia famiglia mi trasformo, sono una persona solare e che ama la vita. Amo fare diverse esperienze, portare il sorriso alla gente, ma attenzione… Se mi arrabbio quando sono sul ghiaccio è un’altra questione! (ride ndr)”.
Nel 2011 hai segnato l’unico gol in gara 5 della finale di Stanley Cup con i Vancouver Canucks, cosa ricordi di quel momento?
“È stato veramente speciale, giocare una finale di Stanley Cup è una cosa che sogni sin da giovane, e segnare un gol come quello è stato veramente bello. Quella sera c’era la mia famiglia a vedere la partita ed è stato incredibile. Peccato non essere riusciti a vincere la coppa quell’anno, ma è stato uno dei momenti più belli della mia vita, dopo la nascita dei miei figli”.