LUGANO – Dopo aver portato avanti un’ottima regular season, seppur caratterizzata da alcuni passaggi a vuoto, il Lugano è crollato clamorosamente nei quarti di finale di fronte al Rapperswil.
Per una squadra come quella di Serge Pelletier venire eliminati in sole cinque partite dalla decima classificata equivale a un vero fallimento per quel che riguarda le ambizioni del post season.
Portieri
Niklas Schlegel (42 GP, 92.8 SV%, 2.34 GAA + 5 GP, 89.4 SV%, 2,56 GAA): Affidabilissimo durante la regular season, in alcune partite tocca livelli altissimi e passa pochissime e comunque comprensibili serate storte, ma in generale si conferma come uno dei punti forti della squadra fino al mese di aprile. Nei playoff anche lui “partecipa” al crollo assieme ai suoi compagni e disputa una serie contro il Rapperswil in cui perde nettamente la sfida interna contro Melvin Nyffeler e si rende protagonista di alcuni errori che costano caro, tra gli ultimi quell’uscita maldestra costato il primo gol dei Lakers in Gara 5. Aldilà di tutto ha i mezzi per imporsi di nuovo come il titolare nelle prossime stagioni in bianconero, contando su un rinnovo che pare vicino.
Sandro Zurkirchen (12 GP, 90.3 SV%, 2.93 GAA): Stagione francamente poco giudicabile quella dell’ex biancoblù, che fatica a riprendersi dopo la commozione cerebrale subita in ottobre e al suo rientro non riesce a ritrovare comprensibilmente le migliori sensazioni, oltretutto frenato da qualche ricaduta.
Davide Fadani (2 GP, 84.6 SV%, 4.23 GAA): Le qualità ci sono, indubbiamente, ma è stato gestito molto male durante l’assenza di Zurkirchen. Inchiodato in panchina per quasi due mesi non poteva certo dare il meglio di sé.
Thibault Fatton (1 GP, 100 SV%, 0.00 GAA): Un solo periodo con la prima squadra contro lo Zugo, ma per chi non lo conosceva è stata una bella scoperta.
Difensori
Tim Heed (47 GP, 14 G, 20 A, +12 / 5 GP, 0 G, 0 A, -5): Disputa un campionato a tre velocità lo svedese, dapprima fatica a imporsi per un paio di mesi, tra errori e poca convinzione, poi cresce in maniera impressionante e risulta il giocatore più decisivo dei bianconeri per diverso tempo, risolvendo ben quattro overtime e superando il muro dei trenta punti. Quando riesce a limare certi errori difensivi e a portare tutta quella sostanza in attacco risulta incontenibile, tanto che da tempo a Lugano non si vedeva un difensore offensivo di questo livello. La terza fase riguarda l’ormai noto crollo nei playoff, zero punti, un bilancio di -5 e una presenza invisibile sul ghiaccio, una differenza abissale e incomprensibile da una settimana all’altra.
Romain Loeffel (50 GP, 3 g, 20 A, +5 / 5 GP, 2 g, 3 A, +7): I primi mesi sono da mani nei capelli, errori su errori e una presenza quasi nulla sul tabellino, per lui che dovrebbe essere uno dei difensori più offensivi della squadra, e nonostante Serge Pelletier lo scelga più volte per indossare la C di capitano fatica tremendamente a esprimere personalità da leader. Nei playoff invece, come già aveva fatto intravvedere nella crescita delle ultime settimane di regular season, è uno dei pochi a salvarsi e a crederci fino all’ultimo, e per la prima volta in stagione si vede un Loeffel molto intraprendente e anche più spesso presente sul tabellino, come dimostrato dai cinque punti nella serie contro il Rapperswil.
Thomas Wellinger (47 GP, 3 G, 8 A, +7 / 5 GP, 0 G, 0 A, -4): Parte alla grande e fino alla fine del 2020 è il difensore più affidabile della rosa, con il suo consueto gioco pulito, preciso e privo di fronzoli, insomma il pilastro a cui ci aveva abituati. Da febbraio però la sua affidabilità comincia a venire meno e alcuni errori fanno da presagio a dei playoff poco meno che disastrosi, dove subisce in maniera impressionante la velocità dei giocatori del Rapperswil. Ha comunque lasciato il segno in maniera largamente positiva nei suoi anni a Lugano e sostituirlo non sarà compito facile.
Matteo Nodari (51 GP, 2 G, 6 A, -4 / 4 GP, 0 G, 0 A, -3): Rientrato alla base a sorpresa con lo scambio tra Lugano e Losanna, il ticinese ha faticato a trovare una certa affidabilità, persa completamente nell’ultima parte di stagione. Non gli si chiede un lavoro da top player, ma i limiti tecnici e di pattinaggio emersi nonostante il tempo ristretto passato sul ghiaccio sono risultati pesanti.
Alessandro Chiesa (52 GP, 1 G, 6 A, 0 / 5 GP, 0 G, 1 A, -1): In calo di esplosività fisica da qualche stagione, ha alternato fasi di buona affidabilità a periodi più difficili e in cui ha fatto fatica a regger il ritmo. In generale la sua è stata una stagione senza infamia né lode, ma resta da capire quanto abbia influito sul piano mentale il fatto che gli siano stati tolti i gradi da capitano e che nonostante fossero a rotazione non siano mai finiti sulla sua maglia.
Bernd Wolf (45 GP, 3 G, 3 A, +3 / 5 GP, 0 G, 0 A, 0): L’austriaco è sicuramente una delle belle sorprese della stagione, impostosi in regular season con personalità, coraggio e tanta intraprendenza a tutta pista. La sua energia e il coraggio nelle giocate lo portano a volte a esporsi a qualche rischio e ciò gli è risultato più volte fatale nella serie dei quarti di finale, quando il calo fisico e di lucidità lo hanno trascinato in una lunga serie di errori. Con l’esperienza della prima vera stagione in National League può comunque crescere sotto molti aspetti.
Elia Riva (26 GP, 1 G, 5 A, -1 / 5 GP, 0 G, 1 A, -1): Parte molto bene, subito in coppia con Tim Heed e fino all’infortunio di Ginevra è uno dei difensori più affidabili. Il trauma subito a Les Vernets lascia però parecchi segni e al suo rientro è spesso vittima del naturale calo di ritmo per l’assenza da partite e allenamenti e magari subisce una comprensibile paura nei contrasti. Forse si è forzato troppo il suo rientro, in quel caso sarebbe stato meglio attendere di più e dare spazio ad altri.
Eliot Antonietti (31 GP, 0 G, 1 A, -3 / 1 GP, 0 G, 0 A, 0): L’ex ginevrino ha lavorato moltissimo per tornare ad essere un giocatore da National League e gli va dato atto di una grande etica del lavoro per mettersi a disposizione in qualunque maniera. D’altra parte però si mostra a livelli discreti solo per una manciata di partite e in generale è solo l’ombra del difensore su cui il Ginevra aveva fatto grande affidamento per anni.
Nicolò Ugazzi (7 GP, 0 G, 0 A, 0): Si adatta subito al clima di National League mostrando personalità e intraprendenza. Avrebbe meritato più spazio quando in effetti ce ne sarebbe stato.
Alessandro Villa (7 GP, 0 G, 0 A, +2): Vale il discorso fatto per Ugazzi. In futuro gli va data fiducia perché possa dimostrare il potenziale di crescita.
Attaccanti
Mark Arcobello (52 GP, 13 G, 35 A, +12 / 5 GP, 1 G, 4 A, 0): La sua regular season è sui livelli abituali da quando è arrivato in Svizzera, con un punto a partita di media. Ma soprattutto trascina il Lugano a suon di giocate, intelligenza e continuità, salvo per un piccolo periodo al rientro dalla seconda quarantena, ma per il resto è il vero faro della squadra bianconera. Così imprescindibile al punto che ai playoff è arrivato scarico e privo di energie nella maniera più assoluta, sparendo al cospetto di gente come Clark, Wick e Moses. Nella serie contro il Rapperswil mette infatti a segno una sola rete (il 4-1 ininfluente in Gara 2) e risulta decisivo solo con l’assist a Bürgler per il 4-2 in Gara-1.
Luca Fazzini (52 GP, 22 G, 20 A, -3 / 5 GP, 2 G, 3 A +2): È un vero peccato che nella sua miglior stagione della carriera il numero 17 debba fermarsi ai quarti di finale. È stato l’ultimo ad arrendersi, l’unica fonte di luce fino a quella Gara 5 e in generale in tutta la serie dei playoff, ed è sembrato quasi naturale che il gol del pareggio in extremis arrivasse dal suo bastone. Aldilà di tutto durante la stagione si è visto il miglior Fazzini di sempre, non più solo scorer (e che scorer) ma giocatore a tutta pista, leader e trascinatore, capace di rendere con qualunque compagno si ritrovasse a fianco. Un “Fazz” finalmente maturo e completo.
Mikkel Boedker (51 GP, 18 G, 17 A, +3 / 4 GP, 0 G, 0 A, -2): Ci ha messo un po’ di settimane a carburare, il suo tipo di gioco ha dovuto essere corretto per lo stile e le dimensioni svizzere, ma da Natale via si è visto un giocatore di un altro pianeta, non spettacolare ma di un’intelligenza e qualità uniche, tanto da far sperare che nei playoff sarebbe stata l’arma in più per il Lugano, lui che già era stato il fiore all’occhiello del mercato bianconero. Invece anche il danese come tanti altri suoi compagni è sprofondato nella mediocrità nei playoff, tanto da sparire completamente dal gioco e finire in tribuna nella decisiva quinta partita contro i Lakers, dopo essere stato completamente divorato dal sistema difensivo di Jeff Tomlinson. Parlano anche i numeri nei quarti di finale: zero reti, zero assist e un bilancio negativo.
Dario Bürgler (52 GP, 17 G, 11 A, +3 / 5 GP, 1 G, 1 A, -2): Ha avuto un sussulto con la quarta rete nella prima sfida dei quarti di finale, ma già da qualche partita il numero 87 era in netto calo di rendimento e di ossigeno. Fino al mese di marzo ha portato avanti una regular season di tutto rispetto, con un ottimo bottino di reti e un’intraprendenza che non si vedeva da un paio di stagioni, lui che in estate era stato al centro di rumors che lo vedevano oggetto di uno scambio. È stata una buona stagione per lui, ma se il Lugano non se la sentiva di proporgli un rinnovo su più anni è più che comprensibile riguardo a un attaccante di 34 anni. Ad ogni modo lascia in dote 152 punti nelle cinque stagioni in maglia bianconera, una cifra che non è da tutti.
Alessio Bertaggia (44 GP, 10 G, 13 A, -7 / 5 GP, 0 G, 2 A -3): Come di consueto il numero 10 non si è mai risparmiato ed ha trovato un’ottima velocità di crociera, tanto da guadagnarsi anche qualche partita nel top six al fianco degli stranieri, e il bottino di punti è perfettamente in linea con le sue stagioni migliori. Purtroppo l’infortunio subito a Berna nel mese di marzo sembra averlo frenato un po’, e al suo rientro ha faticato a ritrovare le migliori sensazioni e la sua consueta esplosività, indietreggiando anche nelle gerarchie di Serge Pelletier. Rimane comunque uno dei punti fermi della squadra, il suo contributo non viene mai a mancare, sia sotto forma di lavoro che di punti importanti.
Jani Lajunen (38 GP, 9 G, 12 A, +2 / 5 GP, 1 G, 0 A, -3): Rientrato a campionato iniziato dopo l’operazione all’anca e la lunga convalescenza ci ha messo un po’ a ritrovare il ritmo ma nel 2021 è entrato in ottima forma, trovando pure un bottino di punti proporzionalmente superiore alle scorse stagioni. Nei playoff ha fatto quello che ha potuto soprattutto con il lavoro fisico ma è calato nettamente agli ingaggi, e complessivamente il suo è un contributo che non basta più a questa squadra.
Raphael Herburger (47 GP, 9 G, 12 A, +8 / 5 G, 0 G, 0 A, 0): Il suo è stato un reinserimento in National League che ha avuto bisogno di qualche tempo per prendere il ritmo ma poi la stagione dell’austriaco è stata un bel crescendo. Ottima l’intesa con i compagni e, seppure non veda la porta con continuità, ha portato mani veramente buone e una grande duttilità a un reparto che aveva bisogno di più qualità già dal terzo blocco.
Reto Suri (49 GP, 8 G, 13 A, + 11 / 5 GP, 1 G, 0 A -2): Complessivamente nelle sue due stagioni a Lugano è stato una delusione. Solo a sprazzi e per periodi limitati ha saputo mostrare le sue qualità offensive e la discreta crescita mostrata nel finale di questa stagione e il sempre utile lavoro difensivo non sono bastati per ricordare il Reto Suri migliore. Lascia in silenzio la Cornèr Arena dopo averla fortemente voluta lui stesso, ma sono riemersi forse i limiti caratteriali che già in passato avevano frenato una carriera destinata ad altri palcoscenici.
Giovanni Morini (32 GP, 6 G, 9 A, 0 / 5 GP, 2 G, 1 A, -1): Il suo infortunio ha privato il Lugano di una pedina fondamentale sul piano caratteriale e dell’intensità di gioco, non a caso nei playoff ha fatto parte di quel ristretto gruppo che si è salvato dal marasma generale. Duttile, intelligente e mai domo, dovrà essere un pilastro su cui ricostruire.
Dominic Lammer (43 GP, 3 G, 9 A, -4 / 5 GP, 1 G, 1A, -2): Per il 90% delle partite ha litigato con il disco senza mai trovare la giusta collocazione, nonostante in passato si sia sempre dimostrato un ottimo jolly. Avarissimo di impulsi e spesso in balìa degli eventi, ha avuto un piccolo sussulto verso il finale di regular season, ma è stata solo una rapida fiammata spentasi immediatamente.
Julian Walker (43 GP, 4 G, 4 A, 0 / 5 GP, 0 G, 1 A, -1): Fa il suo senza emergere particolarmente durante la regular season, anche se a corrente alternata, ma poi alza il ritmo nei playoff risultando l’unico giocatore a saper dare “volume” fisico alla sfida e a far tremare le assi. Rimane comunque uno dei migliori forechecker della squadra e il suo energico pattinaggio viene sempre utile.
Raffaele Sannitz (42 GP, 2 G, 2 A, -6 / 5 GP, 0 G, 2 A, +2): Non si tira mai indietro nemmeno nel solito lavoro sporco ma è evidente che il passare degli anni comincia a lasciare il segno. I ritmi mediamente elevati lo mettono in difficoltà e la lucidità è spesso venuta meno.
Sandro Zangger (23 GP, 2 G, 2 A, +2 / 5 GP, 1 G, 0 A, -1): Mandato a Biasca per metà stagione, al suo rientro ha mostrato l’attitudine giusta per guadagnarsi spazio e fino alla fine si è battuto con impegno. Manca però la qualità e rimane un giocatore difficilmente collocabile in rosa.
Timo Haussener (24 GP, 1 G, 3 A, -2): Come Zangger ha passato diversi mesi ai Rockets prima di essere reintegrato in prima squadra, passando pure in prima linea per qualche partita. Ha avuto un calo verso febbraio ma stentiamo a credere che non ci fosse spazio per lui nella rosa. Ma ovviamente occorre crederci.
Tim Traber (32 GP, 2 G, 0 A, -1): Doveva portare chilogrammi e fisicità ma non sempre è stato in grado di farlo, frenato anche dagli infortuni. Può ancora risultare utile ma serve continuità.
Matteo Romanenghi (23 GP, 0 G, 1 A, -4): Ad oggi occorre stilare un primo bilancio della sua carriera in bianconero e se si eccettua qualche buona settimana qua e là, il suo rendimento è sempre stato molto fumoso e in gran parte privo di sostanza. All’età di ormai 26 anni è fondamentale trovare una dimensione adatta o un rilancio della carriera.
Troy Josephs (6 GP, 2 G, 2 A, +4 / 1 GP, 1 G, 1 A, +2): Coglie alla grande la sua occasione dimostrandolo con i punti e l’entusiasmo con cui scende in pista, inserendosi subito nella squadra. Fa molto meglio di molti “illustri” ripieghi del passato.
Philipp Kurashev (13 GP, 0 G, 9 A, +1): Classe cristallina, distribuisce assist al bacio e porta una visione di gioco fuori dal comune. Peccato solo quello zero alla voce delle reti segnate.
Daniel Carr (8 GP, 4 G, 4 A, +5): Un giocatore completo a disposizione dei propri compagni. Lotta, pattina come un disperato, distribuisce e prende colpi, segna e fa segnare. Chissà se lo rivedremo in Svizzera.