RAPPERSWIL – LUGANO
4-2
(2-1, 1-1, 1-0)
Reti: 11’23 Moses (Egli, Clark) 1-0, 13’05 Dünner (Egli, Clark) 2-0, 17’07 Arcobello (Loeffel, Boedker) 2-1, 23’08 Morini (Arcobello, Loeffel) 2-2, 27’17 Clark (Moses, Cervenka) 3-2, 59’32 Cervenka (Moses, Profico) 4-2
Note: SGK Arena, porte chiuse. Arbitri Mollard, Nikolic; Ambrosetti, Stuber
Penalità: Rapperswil 6×2′, Lugano 3×2′ + 1 x rigore
Assenti: Elia Riva, Tim Heed, Bernd Wolf, Alessio Bertaggia (infortunati), Timo Haussener, Loic Vedova (Rockets)
RAPPERSWIL – E fanno quattro, il Lugano allunga la serie di sconfitte con il 4-2 rifilatogli dal Rapperswil in una partita strana, spesso brutta, e da cambi di ritmo non sempre facili da gestire. Insomma, i bianconeri non riescono ancora a dare una sterzata a questo momento difficile e anche sulla pista sangallese i problemi che si sono palesati sono in sostanza quelli che si conoscevano già.
Il primo dei problemi rimane l’inizio delle partite e l’incapacità di prendere per mano l’incontro per dargli una prima impronta, e per la quarta volta di fila sono gli avversari a portarsi su un parziale iniziale 2-0. Un fattore determinato dalla fragilità difensiva e nell’approssimazione nell’affrontare gli attaccanti avversari, probabilmente anche per la preparazione tattica dell’incontro, con un sistema di contenimento che si muoveva troppo lentamente per star dietro al pattinaggio nervoso e continuo del Rapperswil.
E siamo già al secondo problema, che probabilmente sta dentro ed è causa del primo, ma non si può puntare il dito sulle assenze – pur pesanti – nel reparto arretrato quando sono tre difensori offensivi a mancare e i movimenti sbagliati avvengono in contenimento e nella gestione dei dischi nello slot.
Errori individuali che portano a dischi persi e a lunghi cambi passati a inseguire gli avversari in una specie di powerplay a cinque contro cinque, con la conseguenza (e siamo al problema numero 3) che la stanchezza affiora sul serio e impedisce di vincere una quantità accettabile di duelli fisici individuali.
È chiaro che poi tutto si concatena, la mancanza di lucidità la si porta appresso per tutta la partita e impedisce di fare la cosa giusta nel momento giusto, ma questo non deve essere un problema costante, perché la squadra ha mostrato di saper ancora imporre degli sforzi notevoli quando è sotto nel risultato, ma la gestione delle forze deve essere tra i primi pensieri quando si affronta un periodo così difficile con gli uomini contati.
Contati fino a un certo punto, comunque, perché tra Villa e Ugazzi si segnalano solo cose buone e partite ordinate, quindi tutto si rifà sempre all’approccio alle sfide e alla capacità di imporsi subito come la squadra dominante, senza questo sarà sempre un continuo inseguire.
Al punto numero 4 c’è l’incapacità di tramutare gli sforzi offensivi in moneta sonante, nel finale di partita il Lugano ha avuto almeno tre o quattro occasioni buone per trovare il pareggio, ma l’imperizia, la fretta (e anche un po’ di sfortuna, va detto) hanno impedito che il disco entrasse in rete, ma non è su quel terzo tempo che la squadra di Pelletier deve recriminare.
Oltre all’inizio di partita i bianconeri hanno pagato anche il gol del 3-2 di Clark, arrivato nel momento migliore di Boedker e compagni, subito dopo un clamoroso doppio palo di Fazzini, e di questo hanno pagato sul piano mentale, perdendo di mano il filo del discorso che a malapena avevano recuperato.
Una squadra comunque esperta come il Lugano non può permettere che una rete, arrivata sì un po’ a sorpresa, la mandi in confusione totale, nemmeno fosse arrivata a un minuto dal termine in una finale di campionato. È sempre qui, sul piano mentale che si punta il dito maggiormente.
Individualmente il Lugano sembra sempre in grado di darsi una sferzata, ma poi basta pochissimo per farlo crollare e mostrarlo in tutta la sua fragilità. Sono ormai quattro sconfitte filate, sei nelle ultime sette partite, i segnali sono chiari e non vanno presi alla leggera nonostante il contesto di una stagione strana per tutti.
Ora c’è una settimana di tempo per recuperare energie e magari un paio di assenti, poi capiremo se il Lugano è in grado di riprendere a credere in se stesso come squadra vera e compatta.
IL PROTAGONISTA
Kevin Clark: Non ha la classe di Cervenka, non ha la velocità di Moses, ma ha un senso della posizione straordinario e una freddezza da scorer di razza. Il gol del 3-2 è tutto da ammirare per pazienza e tecnica, ma per tutto l’incontro il canadese è stato una spina nel fianco della fragile difesa bianconera, facendosi sempre trovare al posto giusto per le giocate costruite assieme a quel genio di Cervenka e a Moses. E con il Lugano è particolarmente letale…