Social Media HSHS

Interviste

Lauper: “Ho vissuto il momento più bello della carriera, ma ora vogliamo la promozione”

L’attaccante ha vinto il titolo di Swiss League: “Devo ringraziare i Rockets e Sebastien Reuille. Senza di lui sarei già stato un ex giocatore e non avrei potuto vivere questa emozione, gli sarò riconoscente per tutta la vita”

LA CHAUX-DE-FONDS – Il meglio arriva alla fine. È il caso per Adrien Lauper, fresco vincitore del campionato di Swiss League con il La Chaux-de-Fonds. A 35 anni per il nativo di Grolley è il primo vero trionfo di una lunga carriera.

Allora Bouby, quanti messaggi hai ricevuto dopo la vittoria?
“Abbondantemente oltre il centinaio, sto finendo di rispondere a tutti. In particolare si sono fatti vivi tanti ex compagni di squadra”.

Le sorprese più piacevoli, magari inaspettate?
“Partendo dal presupposto che tutti i messaggi ricevuti sono stati gradevolissimi, citerei i complimenti di Pestoni e di David Desharnais. Inti mi ha scritto che mi sono meritato il successo dopo una carriera del genere, mi ha fatto molto molto piacere”.

E al contrario, qualcuno che manca all’appello e ti ha deluso?
“Non mi aspetto mai niente da nessuno. Chi non mi ha scritto mi avrà sicuramente pensato e poi non era mica un dovere o un obbligo”.

Il tuo sentimento dopo questo trionfo?
“È il momento sportivamente più bello della mia carriera da professionista. Dopo il difficile periodo legato al Covid, vincere un campionato – seppur solamente di Swiss League – è qualcosa di incredibile. Nell’ultimo periodo di Gara 4 ho sentito molta fiducia da parte dell’allenatore. Ho disputato 5 degli ultimi 10 minuti. Mi diceva che aveva bisogno di un giocatore esperto e difensivo in una situazione del genere, quando bisognava gestire il vantaggio al fine di poter alzare la coppa. È stata un’emozione indescrivibile vivere questi ultimi istanti di contesa”.

Raccontaci questi ultimi giorni e soprattutto notti, è stato un po’ come per un bimbo ritrovarsi in un parco di divertimenti?
“La notta del trionfo siamo rientrati a La Chaux-de-Fonds dove c’era un tendone, allestito vicino alla pista per vedere la quarta sfida della finale. C’era un grande ambiente, oltre 2’000 tifosi, abbiamo festeggiato sino alle 6 di mattina. La città e il club aspettavano da 27 anni un successo. È stato un momento magico, qualcosa di inusuale un po’ per tutti, sottoscritto compreso ovviamente. Qualche ora dopo, alle undici mi sono svegliato. Attualmente divido un appartamento con Huguenin e Fontana, ho detto ai miei due compagni che mi sarei recato a comprare birra e ci saremmo ritrovati alla pista per continuare a celebrare. Quando sono arrivato in loco era già tutto pronto, altri giocatori mi avevano preceduto. Ci siamo installati in terrazza al sole, abbiamo bevuto e mangiato tutta la giornata. Tante automobili che passavano davanti alla location si sono fermate per scattare delle fotografie”.

La coppa come sta?
“È integra (ride, ndr), sta benissimo. Giovedì ne eravamo orfani, il presidente l’aveva portata via, doveva mostrarla in TV. Noi la rivolevamo con noi e allora i miei compagni mi hanno detto di chiamare il presidente per farcela riportare. All’inizio non volevo… Sono qui da un mesetto, chi cavolo sono per permettermi di fare una cosa del genere, e perché dovrei essere io a chiamare? Alla fine ho ceduto alle pressioni, ho preso il cellulare e puntualmente poco dopo la coppa è arrivata”.

Dunque sei già nelle grazie del presidente?
“Così sembra. Con lui ho inoltre iniziato una tradizione, siccome è calvo dopo ogni vittoria gli bacio la fronte (Come Blanc con Barthez ai Mondiali del 1998 dove la Francia trionfò ndr)”.

Il messaggio di Pestoni ha anticipato una nostra domanda, questa vittoria la senti davvero come una sorta di ricompensa alla tua carriera?
“Non ti saprei dire, ma sono ancora un po’ sotto choc. Tutti mi dicono che ho avuto una grande carriera, ma io non me ne rendo conto. È vero ho giocato quasi 1’000 partite, ma non mi sembra di aver fatto chissà cosa. Eppure me lo dicono in tanti, si vede che ho veramente portato qualcosa. Ieri un mio ex compagno mi diceva che in una squadra c’è sempre bisogno di uno come me, uno che porta allegria e un po’ di sana follia in uno spogliatoio”.

Hai festeggiato il tuo 900esimo match proprio Aux Mélèzes con i Ticino Rockets e già in quella circostanza i tifosi locali, pur senza avere chissà che legami con il club, scandirono il tuo nome a fine gara e ti chiamarono per una “ola” sotto il loro settore. Un segnale premonitore?
“Io credo al destino e a questi segnali. I fans qui mi adorano, ma non so esattamente per quale motivo. Sono qui da un mese e mezzo, ma è come se fossi qui da 10 anni. Già l’anno scorso la società voleva prelevarmi, ma la mia licenza era a Friborgo. L’allenatore Louis Matte, quando sono arrivato, mi ha detto che le skills ti portano ai playoff, ma poi per arrivare al titolo hai bisogno di gente grande e grossa. Per questo motivo ha deciso di prendere oltre a me pure Fontana”.

La vostra vittoria non è una sorpresa, ma la forma forse un po’ sì. Un 4-0 contro l’Olten era inatteso. Risultato ingannevole oppure giusto?
“C’è da dire che per due volte ci siamo imposti all’overtime. Inoltre i solettesi erano privi di Nunn e del loro miglior elemento elvetico. Noi invece siamo praticamente stati sempre al completo ed eravamo in piena fiducia. Prima di Gara 4 eravamo veramente convinti e sicuri di chiudere la serie in trasferta in sole quattro gare”.

Pensi che ci siano chance di centrare la promozione?
“La musica è la solita. La differenza tra le due categorie esiste, ma noi siamo reduci da una stagione vittoriosa, l’avversario invece no e non avrà la nostra fiducia. Magari saremo vicini, magari no, dura da dire. Abbiamo fatto gli stupidi per qualche giorno, ma ti garantisco che ora ci stiamo preparando a puntino per affrontare lo spareggio al massimo. Siamo concentrati e vogliamo la promozione”.

Sfiderete l’Ajoie del tuo grande amico Ciaccio…
“Con lui e Huguenin abbiamo una chat di gruppo, ma non parliamo di questa sfida. Credo che Damiano non ne voglia discutere troppo. Tra i due club c’è sempre stata una grande rivalità, sarà una sfida interessante. L’entusiasmo in casa nostra è enorme, tutti i biglietti per le prime due partite casalinghe sono stati venduti in cinque minuti, sarà un ambiente infuocato”.

Hai nominato diverse volte il coach. Louis è il gemello di René Matte, l’assistente dell’Ambrì. Che tipo è? Sono gemelli in tutto e per tutto?
“Louis ti dà l’impressione di conoscerlo da una vita, È molto rispettato per tutto quello che ha fatto a Ginevra in qualità di assistente di Chris McSorley. Fa ottime teorie, carica bene tutta la squadra, l’intero gruppo è dietro di lui e lo segue. René, essendo sempre stato a Friborgo, è sempre stato molto vicino a me. Entrambi adorano scherzare, ti fanno sentire bene, sono simili caratterialmente. A volte adesso quando vedo il coach mi viene spontaneo chiamarlo René, sono veramente identici, uguali identici”.

Questo trionfo ti dà ulteriore voglia di continuare la carriera oppure fa l’effetto opposto, è la fine perfetta?
“Avrei dovuto già smettere due anni fa. In questo senso ci tengo a ringraziare i Ticino Rockets e in particolar modo Sebastien Reuille. Senza di lui sarei già stato un ex giocatore e non avrei potuto vivere questa emozione, gli sarò riconoscente per tutta la vita. Adesso prendo giorno per giorno, valuterò se varrà la pena cambiare nuovamente regione, investire forze per continuare a giocare oppure no. Ora come ora sono più orientato a depositare pattini e bastoni definitivamente in cantina, ma magari già domani cambierò idea”.

Click to comment

Altri articoli in Interviste