LUGANO – GINEVRA
2-6
(0-4, 1-2, 1-0)
Reti: 1’46 Miranda (Kast, Fehr) 0-1, 2’19 Smirnovs (Tömmernes) 0-2, 5’08 Rod (Richard) 0-3, 6’52 Mercier (Richard, Völlmin) 0-4, 23’04 Boedker (Chiesa, Arcobello) 1-4, 29’51 Moy 1-5, 35’01 Vermin (Richard) 1-6, 54’57 Fazzini (Sannitz) 2-6
Note: Corner Arena, porte chiuse. Arbitri Piechaczek, Hürlimann; Progin, Duarte
Penalità: Lugano 2×2′, Ginevra 6×2′
Assenti: Elia Riva, Giovanni Morini, Riccardo Werder, Davide Fadani, Raphael Herburger (infortunati), Loic Vedova, Matteo Romanenghi (Rockets), Alessandro Villa (sovrannumero)
LUGANO – Quello che vuole fare il Lugano è tornare ad essere una squadra di vertice. Ma cosa significa essere una squadra di vertice? Significa non solo avere una rosa competitiva sul piano tecnico, avere un’attrattività e giocare una regular season da prime posizioni. Essere una squadra di vertice impone di mostrare di essere in grado di poter gestire momenti difficili, quelli favorevoli e dimostrare di poter lottare contro qualsiasi avversità per arrivare in cima.
Insomma, non è un discorso semplicemente fatto di numeri, è fatto anche tanto di psicologia, motivazione e conoscenza di sé stessi e di costruzione della propria personalità. Il Lugano in questa stagione ha dimostrato di avere imbeccato una strada che può effettivamente essere quella giusta, ma sta anche mostrando che non è ancora matura per imporsi e che ha ancora troppe difficoltà nel gestire i momenti e le proprie debolezze, cadendo troppe volte in buchi clamorosi.
Certo, anche squadre come ZSC Lions o Zugo sono inciampati durante la stagione, ma poi hanno mostrato di sapere quali interruttori si erano spenti per tornare immediatamente sui binari imboccati, mentre la squadra di Serge Pelletier contro alcune avversarie in particolare si è fatto più piccolo di quanto non sia.
Era già successo altre volte, come in quel clamoroso primo tempo contro lo Zugo, oppure nella stessa doppia sfida a Ginevra, o ancora in quel di Rapperswil. Certi black out sono sintomo di una squadra che non ha ancora una sua personalità, o che in qualche modo fa ancora fatica ad esprimerla o a mantenerla visibile, perdendosi in bicchieri d’acqua quando invece basterebbe “semplicemente” affrontare le partite sin dall’inizio con determinazione e disciplina.
È anche vero che il Ginevra ha tenuto un’efficienza offensiva impressionante, con azioni mirate e perforanti uscite in maniera quasi perfetta come non sempre riesce, ma l’incapacità di reazione e soprattutto l’entrata in materia sono state completamente sbagliate, e questo dopo una settimana di tempo per preparare la doppia sfida è piuttosto grave.
Ed è un peccato che queste partite vengano compromesse così dai bianconeri, perché poi hanno dimostrato pure di poterla giocare e di mettere in difficoltà il Ginevra da par suo, ma tra la cronica incapacità di sfruttare gli sforzi offensivi e molta imprecisione tutto ciò si è rivelato vano di fronte al pur ottimo Descloux.
Un peccato perché di nuovo i bianconeri erano di fronte a un avversario diretto nella lotta per la qualificazione diretta ai playoff, e ancora una volta hanno spianato loro la strada, questo deve fare più rabbia della sconfitta in sé, perché il Lugano è meglio di quanto si è visto soprattutto in quei primi dieci minuti di confronto.
Non ha nemmeno retto molto il tentativo di rimonta imbastito nel secondo periodo grazie alla rete di Boedker, quando un errore di Antonietti ha spianato la via a Moy e un altro in fase offensiva ha spianato la strada all’ennesimo contropiede micidiale che ha regalato il 6-1 a Vermin.
A volte è veramente difficile capire questo Lugano, è difficile comprendere come si possa “impostare” un’entrata in materia del genere dopo una settimana a preparare questa doppia sfida – era già successo con l’1-5 dallo Zugo, con quattro reti in un quarto d’ora – e allora qui è impossibile non rivolgere il pensiero anche alla conduzione tecnica, che ancora una volta vede il suo lavoro rovinato in pochissimi minuti, con pure contromisure tattiche avversarie rivelatesi vincenti ed esitando in alcune decisioni come un time out su quei primi due gol.
Lo ribadiamo, quel primo tempo in generale non ha forse rispecchiato benissimo la partita sul piano del gioco col passare dei minuti, e il Lugano ha già dimostrato di essere molto più di questo, ma l’approccio diametralmente opposto delle due squadre a questa sfida è stato ancora un segnale importante.
Non si fanno drammi né tragedie, ma si spera per il Lugano che cinque minuti come quelli abbiano portato più insegnamenti e temi di riflessione che una settimana intera. E anche senza drammi né tragedie già questo deve comunque far pensare.
IL PROTAGONISTA
Patrick Emond: Il tecnico del Servette ha portato a Lugano una squadra prontissima a questa prima sfida con un avversario diretto per la lotta alla qualificazione diretta ai playoff. Determinato, quadrato e ordinato, il Ginevra non ha surclassato il Lugano sul piano del gioco, ma su quello della preparazione mentale e tattica a una partita importantissima, con il tecnico che ha tatticamente annullato subito qualunque cosa avesse preparato lo staff bianconero.