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Ambrì Piotta

L’Ambrì non può più nascondersi, la realtà dice che nel nuovo anno ci sarà tutto da ricostruire

Il club è reduce da un 2025 terribile, vissuto come una lunga discesa fino all’attuale situazione. Bisognerà trovare persone forti per ritrovare identità e credibilità, mentre la rosa svizzera richiederà pazienza per aumentare il livello

AMBRÌ – L’Ambrì Piotta non è certo un club nuovo a momenti di crisi e difficoltà, ma la situazione che si è delineata in Valle negli ultimi mesi preoccupa seriamente, tanto che il nuovo anno arriverà con il sentore della necessità di una vera rivoluzione, di cui però non se ne intravedono al momento nemmeno i primi segnali.

Con una comunicazione a livello dirigenziale che si è bruscamente interrotta dopo la disgraziata conferenza stampa dell’8 ottobre, e le parole dell’attuale DS Alessandro Benin che ha affermato di ritenere “ingiustificata la preoccupazione per la prossima stagione”, è lecito chiedersi se alla Gottardo Arena si abbia la consapevolezza di quanto il club abbia perso terreno rispetto alle avversarie. E di quante stagioni – perché ci vorranno anni, non mesi – saranno necessarie per tornare ad avere quelle ambizioni sbandierate senza criterio dal presidente Lombardi a inizio stagione.

C’è insomma la sensazione di essere ritornati ai piedi della scala, a quella primavera 2017 in cui c’era stata perlomeno una marcata ripartenza emotiva, con due persone forti – Paolo Duca e Luca Cereda – che avevano portato idee e una filosofia chiare a un club che in Svizzera non veniva più preso sul serio da nessuno. Poi è vero, la passata gestione sportiva non è riuscita ad ultimare questa crescita con un passo aggiuntivo, e l’Ambrì si era stabilizzato su una mediocrità che era diventata un’accettata realtà.

Per ottenere dei risultati migliori sono però necessarie anche determinate basi, che già non erano presenti un anno fa, e che nel corso del 2025 si sono definitivamente sgretolate. L’Ambrì Piotta ha infatti vissuto l’anno che sta per concludersi come una lunga discesa, con inizialmente KubalikMailletDiDomenico capaci di nascondere – sino a un certo punto – i limiti di una squadra che non aveva struttura e nemmeno organizzazione tattica per avere delle velleità da playoff.

Una certa consapevolezza della situazione sembrava essersi fatta strada nell’approcciarsi all’attuale stagione, in cui non si voleva più essere dipendenti da un solo blocco offensivo. Un mercato straniero completamente mancato – ad oggi l’Ambrì ha il “pacchetto” peggiore della lega – e una sopravvalutazione di una rosa svizzera che negli anni ha perso sempre più pezzi – ed anche in questi termini probabilmente solo l’Ajoie è messo peggio – non poteva però produrre risultati tanto diversi da quelli attuali.

Decidere di concentrarsi su un hockey offensivo e basato sul possesso nonostante una rosa tecnicamente limitata, si è rivelato velocemente un errore. Ancora oggi la squadra ha bisogno di troppe occasioni per segnare, e difensivamente evidenzia un mix di errori individuali e di sistema che trasformano ogni sera la rincorsa della vittoria in una vera lotteria.

Dall’esterno però la prima concreta conferma che qualcosa non andasse è arrivata quando Paolo Duca ha presentato un’offerta per riportare Michael Fora, consapevole che in un mercato proibitivo quella fosse l’unica possibilità di rinforzare la squadra con un elemento di livello nazionale. La dirigenza ha però bloccato l’operazione, questo nonostante il DS in chiave futura fosse disposto ad altri sacrifici per rendere l’ingaggio finanziariamente possibile, come ridurre la profondità della rosa oppure rinunciare a un settimo straniero.

Quel “no” categorico ha avuto conseguenze sottovalutate, rompendo quel sentimento su cui vive da sempre la tifoseria biancoblù, ovvero la costante speranza di una svolta. Lì un po’ tutti hanno capito che di passi avanti negli anni successivi sarebbe stato difficile vederne.

L’effetto valanga non è tardato. Un mese dopo il club si è sostanzialmente sgretolato, con Duca e Cereda che hanno lasciato in modalità mai chiarite dal club, mettendo a nudo una situazione gravissima. L’Ambrì si è mostrato totalmente impreparato a un cambiamento del genere, con una conferenza stampa deleteria seguita da una gestione comunicativa che ancora oggi lascia perplessi.

E quando il polverone di quella giornata si è diradato, il “reality check” è apparso evidente anche ai più ottimisti. A livello dirigenziale è chiaro che si prospettino dei cambiamenti – quando Lombardi ha messo a disposizione il suo mandato, non erano parole di circostanza – e pure in termini sportivi non è credibile che l’Ambrì Piotta continui con le attuali persone in carica.

In pochi mesi è inoltre chiaro che qualcosa nel rapporto con il pubblico si sia rotto, facendo subentrare una pericolosa disillusione verso il futuro, e trovare ora le persone giuste per imbastire un nuovo corso sarà tanto difficile quanto fondamentale. Guardare avanti in maniera interlocutoria, con l’attuale staff tecnico ed un mercato fatto di qualche rinnovo e un semplice ricambio di stranieri, significa illudersi di poter avere un ruolo in una lega che viaggia a ben altri ritmi.

Osservando quanto successo di recente è chiaro che il mercato dei giovani riguarda oggi tutte le squadre della lega, e la concorrenza è alta. Vediamo un Friborgo che in entrata ha Taibel (21 anni) e Reber (19), dopo essersi già accaparrati Biasca (22) e Johnson (19). Il Rapperswil ha convinto Ustinkov (19), mentre lo Zugo è andato su Gredig e Schneller (20). I Lions tra gli acquisti hanno Knak (23), il Lugano sinora ha firmato Olsson (20), mentre il Berna ha ingaggiato Grossniklaus (20) e Mottard (19). Pure il Langnau si è dato da fare con Nussbaumer (23) e Meier (19), a concludere una lunga lista di nomi da cui l’Ambrì è rimasto escluso.

Per ridare una base svizzera alla squadra toccherà dunque lavorare bene e a lungo, anche considerando un mercato che tende sempre più a blindare i pezzi pregiati con contratti di lunga durata. L’attrattività del club leventinese è invece ai suoi minimi storici, dopo aver perso pure quell’unica leva di mercato che era il fatto di rappresentare un contesto in cui si potevano avere maggiori responsabilità e chance di crescita rispetto a realtà più ambiziose. Oggi di motivi per raggiungere l’Ambrì ce ne sono pochi.

È ovvio che il terremoto – e la figuraccia – fatte in ottobre hanno avuto conseguenze d’immagine anche sul mercato, e se si aggiungono dei mezzi finanziari limitati e uno staff sportivo ancora da delineare, la Leventina non ha chissà che richiamo. D’altronde le recenti operazioni e parole di Alessandro Benin hanno confermato che l’Ambrì manca di coraggio ed inventiva, subendo probabilmente anche una posizione di debolezza.

Vedere il contratto di Daniele Grassi rinnovato per ulteriori quattro anni è stato quasi assurdo, e questo nel grande rispetto del lavoro dell’attuale capitano, con cui si doveva però ragionare su un paio di stagioni al massimo. Anche aggiungere che “il focus attuale è sui rinnovi” – si presume di Zaccheo Dotti e Zgraggensignifica accettare uno status quo che vede attualmente l’Ambrì avere la peggior difesa della lega con 98 reti subite a parità numerica (cinque in più dell’Ajoie pur avendo giocato una partita in meno).

Ripensandoci, in fondo nove anni dopo non siamo poi così lontani da quella primavera 2017. L’Ambrì non gioca più con la passione di un tempo, deve ritrovare una sua identità e di riflesso una collocazione nella lega, ricostruendosi credibilità anche in fase di mercato. La base svizzera è scarsa, con nessun giocatore di punta ed i migliori giovani accasatisi altrove, ed anche sul fronte straniero bisognerà alzare il livello. Imperativo dunque coltivare le potenzialità dei vari Terraneo, Müller, De Luca, Bachmann, i fratelli Landry, Pezzullo e il 19enne Nathan Borradori, selezionato per i Mondiali U20.

Il 2026 sarà insomma cruciale per l’Ambrì Piotta, che dovrà frenare una parabola discendente che nell’anno che sta per finire ha assunto le proporzioni di un crollo esponenziale. Altro che bollare come “ingiustificate” le preoccupazioni per il futuro. La crisi è ben più profonda di quanto non si voglia ammettere, e non saranno silenzi stampa e dichiarazioni scollegate dalla realtà ad invertirne il corso.

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