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Ambrì Piotta

L’Ambrì ha saputo emozionare, ma nelle sue fiammate si sono visti anche dei chiari limiti

I biancoblù hanno centrato con merito l’obiettivo non scontato dei play-in, ma l’eccellenza di alcuni elementi non è stata supportata dalla profondità della rosa. Lo scalino in più è vicino, ma nel contempo anche piuttosto lontano

Quando a inizio settembre l’Ambrì Piotta aveva delineato nel raggiungimento dei play-in il proprio obiettivo stagionale, questo era sembrato in linea con le potenzialità della squadra, anche dopo l’arrivo di un elemento capace di cambiare gli equilibri come Kubalik. Il club leventinese in questo senso il suo compito l’ha portato a termine, e rispetto al passato è anche riuscito a uscire vincitore da un doppio scontro, ma nel farlo ha nel contempo messo in evidenza alcune sue lacune.

Questo perché forse “l’obiettivo play-in” è per sua natura intermedio e di fatto privo di un significato ben preciso, e acquisisce un vero valore solamente con un’ulteriore specificazione. Nel caso dei biancoblù – ed è un discorso che si faceva già un anno fa in questa sede – il vero proposito era quello di arrivare sì tra le prime dieci, ma di dimostrare poi sul ghiaccio di aver fatto come squadra quei passi avanti per rientrare sul serio nella definizione di chi dà battaglia tra il settimo e il decimo posto, ovvero quella di “pretendente ai playoff”. Questo non significa doversi per forza qualificare, bensì dare determinati segnali in quella fase della stagione.

Nelle quattro partite disputate contro Rapperswil e Kloten – di cui ne è stata vinta una sola – il ghiaccio ha invece detto il contrario, presentando il conto a un Ambrì Piotta che era arrivato sino a quel punto grazie a un 2025 sì eccezionale, ma anche a risultato della forza trascinante di pochi (bravissimi) elementi a cui è però mancato il necessario cast di supporto.

Cereda e il suo staff sono insomma stati abili nel trovare nel gruppo a disposizione le risorse necessarie per condurre la propria nave fino ai play-in, ma strutturalmente sono bastate poche partite contro due avversari non certo irresistibili per realizzare che più in là di così questo Ambrì Piotta difficilmente avrebbe potuto spingersi.

Poi è indubbiamente vero che sarebbero bastati pochi episodi favorevoli per strappare la prima qualificazione ai playoff degli ultimi sei anni – si è però anche andati vicinissimi all’eliminazione a Rapperswil – ma questo non avrebbe cambiato il discorso e la valutazione complessiva. Quello visto in pista nell’ultima stagione è stato un Ambrì sicuramente attrezzato per arrivare ai play-in (cosa comunque non scontata), ma che è ancora lontano dall’essere una squadra con gli strumenti per ambire a un passo in più.

D’altronde il contesto in cui si sono sviluppati i play-in ha delineato uno scenario chiaro, in cui Cereda ha dovuto dare fondo a tutte le energie dei suoi uomini migliori per cercare di forzare l’avanzamento del turno, il tutto contro Rapperswil e Kloten che – pur sembrando avere qualcosa in più – sono anch’esse squadre dagli evidenti limiti. Vedere lampante tale tendenza deve dunque far suonare un campanello d’allarme, perché senza una buona ossatura svizzera sarà difficile anche in futuro fare quel tanto desiderato scalino in più. Così vicino, certo, ma di fatto ancora molto lontano.

Con questo discorso non si vuole dire che, oltre ai nomi dei soliti noti – Kubalik, DiDomenico, Virtanen, Heed e spesso i portieri – gli altri non abbiano lottato per fare qualcosa in più, ma, dati alla mano, tra i giocatori svizzeri sono pochi coloro che possono dire di aver vissuto una buona stagione. Tra questi troviamo sicuramente Landry, che aveva iniziato benissimo e ha poi mantenuto un buono standard, e anche Senn ha fatto bene trovando di fatto la stagione del suo rilancio. La lista non va però molto oltre, anche se è doveroso citare la bella crescita di cui si sono resi protagonisti Wüthrich, Müller e, per finire, pure Terraneo.

Evidentemente troppo poco per sperare in un campionato regolare, che è possibile solamente con una rosa in grado di distribuire le responsabilità e proporre alternative in quelle serate in cui gli uomini di punta non sono al massimo. Nel migliore dei casi, invece, ci sono stati degli elementi che hanno vissuto partite positive oppure dei brevi periodi di forma, ma l’apporto medio sul lungo periodo di diversi giocatori ha rappresentato un problema.

Che la difesa fosse un anello debole nonostante Heed e Virtanen lo si sapeva, con inoltre lo svedese che ha purtroppo compensato un ottimo bottino di punti con delle imprecisioni a cui non ci aveva abituato. Considerando però anche il gran numero di tiri bloccati (top di lega con 106 totali) e il minutaggio da maratoneta, non si può recriminargli molto. Sfumata la pista che poteva condurre al ritorno di Michael Fora, inizialmente la pezza è stata rappresentata dal buon inizio di Curran e Zgraggen, elementi che però a lungo andare hanno visto calare le loro prestazioni.

Anche il reparto offensivo ha avuto i suoi grattacapi, pur con un attacco che ha chiuso come sesto della lega al fronte della dodicesima difesa. Un impatto significativo lo hanno sicuramente avuto i diversi cambiamenti che la squadra ha dovuto digerire nei primi mesi di campionato, tra le difficoltà di Lilja (entrato subito in un vortice negativo dopo un buon preseason) e il successivo scambio per DiDomenico, senza dimenticare l’esclusione e poi la partenza di Ang, e la “spada di Damocle” rappresentata dal termine del 15 dicembre nella situazione di Kubalik.

Tutto questo ha costretto l’Ambrì ad alcuni mesi di assestamento, con equilibri e combinazioni nelle linee che si sono rivelati ardui da trovare, anche considerando le prestazioni di un Maillet che solamente da metà dicembre ha iniziato a ingranare. Alcuni mesi sono dunque passati (appena 5 punti in 10 partite tra metà ottobre e fine novembre) e le cose hanno iniziato a girare bene davvero solo quando la linea KubalikMailletDiDomenico ha iniziato a essere trascinante, e questo ha permesso di trovare anche le combinazioni ideali degli altri tre blocchi, che hanno cominciato a dare dei contributi più concreti pur tra alti e bassi. Pure Juvonen ha iniziato a ritrovare il suo livello dopo un brutto avvio.

Una certa dipendenza dal primo blocco – e anche dallo “shock” portato dal carattere di DiDomenico – è però anche diventata evidente, basti pensare che tra i migliori 40 marcatori svizzeri della lega, l’unico biancoblù in classifica è Landry, e questo ha minato anche l’efficacia del powerplay che per tutto l’anno ha potuto contare praticamente solo sulla produzione della prima unità. Nel secondo quintetto gli unici giocatori produttivi erano Heed e Bürgler, che nel finale sono poi stati spostati nella prima linea per alzare al massimo la pericolosità.

L’Ambrì la sua dote migliore l’ha dunque trovata nella resilienza e nello spirito di squadra, caratteristiche venute a galla in maniera costante e anche rispecchiate nella cifra record di 23 partite andate oltre i tempi regolamentari. Questo è stato il risultato di un gruppo sicuramente non privo di lacune – gestire i vantaggi è stato spesso complicato – ma anche determinato nel non mollare la presa, con diverse rimonte anche impressionanti che hanno recuperato match che sembravano persi.

Poche nel complesso le serate semplici. L’Ambrì è stata la seconda squadra ad aver passato meno tempo in vantaggio nel punteggio (25% del minutaggio totale, peggio ha fatto solo l’Ajoie), mentre essere in pista in situazione di parità è stata una costante (46%). I biancoblù se la sono insomma sempre giocata, anche a fronte dell’importante abilità di essere stati la squadra migliore della lega (!) nel crearsi opportunità di powerplay e nel ridurre al minimo le situazioni di penalty killing. Quest’ultimo dato è però stato ridimensionato da un boxplay con solamente il 72% di efficacia (meglio solo di Ajoie e Kloten).

Non ha inoltre aiutato l’Ambrì essere nuovamente tra le peggiori squadre ai faceoff, fattore che pone qualche difficoltà in più soprattutto nelle partite tirate. Questo non ha aiutato nel trovare quella solidità e compattezza difensiva – che chiama in causa tutti gli uomini in pista, non solo i difensori – che è forse l’aspetto in cui i biancoblù hanno mostrato meno regolarità, e che è venuto a mancare soprattutto nella sfida contro il Kloten. In questo senso la miglior partita stagionale rimane forse quella casalinga contro il Davos di inizio dicembre, finita “solamente” 1-0, ma in cui si era vista una compattezza, attenzione ai dettagli ed aggressività che perfettamente avevano rispecchiato i valori cardine del club.

In tutto questo i leventinesi si sono dimostrati una squadra unita. Hanno regalato serate appassionanti – alla Gottardo Arena si è sempre percepito grande entusiasmo – e delle belle battaglie, grazie a un gruppo che nel complesso ha comunque saputo farsi apprezzare. Impossibile non menzionare il supporto mostrato a Wüthrich in una difficile situazione, ed anche il sostegno costante ad altri elementi che in varie fasi sono andati in difficoltà.

C’è poi stato un momento in cui lo staff ha anche dovuto mandare dei segnali importanti, lasciando in sovrannumero Pestoni per un paio di partite e relegando Zwerger nel ruolo di 13esimo attaccante. Terraneo e Pezzullo – oltre a Muggli – hanno invece dovuto passare dalla Swiss League, ed il primo in particolare ha saputo reagire bene.

Heim ha pure vissuto delle chiare difficoltà ed è stato costretto a reinventarsi in un ruolo più da bottom six – mostrando, bisogna dirlo, un atteggiamento positivo nel cercare di reagire – mentre hanno faticato maggiormente a livello di intensità elementi come Pestoni, Zwerger oppure Bürgler, con quest’ultimo che comprensibilmente inizia ad avere delle mancanze a 5-contro-5. Dalla sua c’è però un bel contributo in termini di leadership e un tiro comunque sempre pericoloso.

Per entrare nei dettagli dei diversi giocatori ci sarà occasione in altra sede, ma è chiaro che in vista della prossima stagione l’Ambrì avrà bisogno che vari elementi vivano un’annata migliore di quella appena passata. Questo per trovare maggiore regolarità nel corso della stagione, e anche per presentarsi come una squadra più completa e che possa ambire a fare quel passo in più rincorso ora da alcuni anni. E questo non ha nulla a che vedere con il riuscire o meno ad andare oltre i play-in, ma piuttosto nell’avere un’ossatura più solida e di carattere.

Che stagione è dunque stata per l’Ambrì Piotta? Tutto sommato discreta, pur caratterizzata da poca regolarità e momenti difficili, ma anche con fiammate esaltanti e alcuni protagonisti che hanno scatenato l’entusiasmo e i sogni dei tifosi. E per il club leventinese forse va bene così, il presidente Lombardi nelle più recenti interviste ha evidenziato una certa soddisfazione e ridimensionato le ambizioni di voler andare oltre, anche se poi i volti dei giocatori dopo la partita di Kloten hanno detto altrimenti. La delusione era palpabile.

L’Ambrì ha centrato il suo obiettivo stagionale, lo ha fatto con merito e si è lasciato alle spalle club come Lugano, Ginevra e Bienne, a testimonianza di quanto questa lega sia competitiva e non lasci scampo a chi compie dei passi falsi. I biancoblù si sono però anche ritrovati in un play-in con Kloten, Langnau e Rapperswil, e i limiti che non permettono ancora di fare il successivo passo avanti sono stati velocemente messi in luce.

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