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Lugano

L’Ajoie non fa sconti, il Lugano sta scavando sul fondo

Non bastano dieci minuti di spinta nel terzo periodo, pur mostrandosi più generosa, la squadra bianconera non ha saputo gestire i momenti decisivi

(PostFinance/KEYSTONE/Georgios Kefalas)

L’Ajoie non fa sconti, il Lugano sta scavando sul fondo

AJOIE – LUGANO

3-1

(0-0, 1-0, 2-1)

Reti: 36’19 Devos (Pedretti, Hazen) 1-0, 49’06 Verboon 1-1, 52’17 Fey (Devos, Honka) 2-1, 59’19 Nättinen (Bellemare) 3-1

Note: Raiffeisen Arena, 4’860 spettatori
Arbitri: Hebeisen, Ströbel; Urfer, Humair
Penalità: Ajoie 2×2, Lugano 2×2 + 1×5. +1×20

Assenti: Giovanni MoriniJoren van PottelbergheMichael Joly (infortunati), Adam HuskaLeandro HausheerNick MeileLiekit Reichle (sovrannumero)

PORRENTRUY – E adesso? Lo scenario peggiore possibile si è avverato. Il Lugano è alla quarta sconfitta consecutiva e dopo aver perso lo scontro diretto con l’ultima della classe – che tristezza – si trova a soli sei punti di margine proprio da essa.

Se i margini di manovra si erano assottigliati da un pezzo, ad oggi con sole 18 partite ancora da giocare, la situazione non può essere definita che con aggettivi piuttosto pesanti: umiliante e vergognosa, grottesca per come la società al momento la sta (?) gestendo, pericolosissima anche per i risvolti in chiave futura, ma soprattutto incomprensibile per immobilismo e testardaggine.

Non bisogna girarci in giro ed essere ipocriti, ad oggi un qualsiasi altro allenatore che non si fosse chiamato Luca Gianinazzi sarebbe stato sollevato dal suo incarico – probabilmente anche molto prima – e se perlomeno a novembre la scelta di continuare con il coach ticinese sembrava una scelta coerente e forte, ad oggi andare avanti in questa condizione potrebbe significare di rischiare di farsi del male vero, sia per il Lugano che per Gianinazzi stesso.

Non vogliamo passare dalla parte di chi lo inchioda alla croce, ma sappiamo tutti come girano le cose nello sport di squadra, e se il club dovesse decidere di andare avanti con lui, dovrebbe perlomeno presentare delle motivazioni valide di fronte a una situazione disperata e quasi completamente compromessa, anche perché una vera svolta non appare nemmeno più nel più lontano margine dell’orizzonte e a ogni giornata sembra andare sempre peggio.

Certo, la squadra bianconera a Porrentruy è scesa in pista con un piglio diverso rispetto alla serata dei fischi contro il Losanna, ma questo è solo il minimo sindacale che si chiede a un gruppo di professionisti, frustrati o meno dalla situazione, ma che devono comunque fare i conti con un campionato che non aspetta nessuno, nemmeno i più fragili.

(PostFinance/KEYSTONE/Georgios Kefalas)

Ma dal dimostrare un po’ di amor proprio al diventare improvvisamente una squadra competitiva ce ne passa, perché comunque, tolti quei dieci minuti all’inizio del terzo periodo, il Lugano visto all’opera di fronte a Devos e compagni è stato ancora deludente sul piano del gioco e della personalità.

Ancora una volta, come contro il Bienne, i bianconeri si sono trovati coinvolti in uno scontro diretto pesantissimo, ma di nuovo come alla Tissot Arena non sono stati in grado di interpretare la gara come il momento richiede, con disperazione e urgenza di uscire da una situazione che Thürkauf venerdì ha descritto bene.

Proprio il capitano ha suonato la carica, colpendo una traversa dopo trenta secondi, e in generale ha cercato di trascinare i compagni e di tracciare la via, ma in pochi l’hanno saputo seguire, dal solito Fazzini a Canonica, fino a Aleksi Peltonen, ed è sintomatico come tra questi giocatori non ci siano altri leader o presunti tali.

Uno di questi, Sekac, si è tirato fuori dai giochi dopo otto minuti, con un colpo alla testa di Nussbaumer costatogli penalità di partita, e anche questi gesti in inizio di partita la dicono lunga sulla capacità decisionale di giocatori con alle spalle lunghissime esperienze.

La salute della squadra la si può misurare anche nella maniera con cui ha gestito il gol del pareggio, a quel momento anche meritato per lo sforzo, ma soli trenta secondi dopo l’Ajoie ha saputo scatenare il panico davanti a Schlegel per un posizionamento assurdo di tutto il blocco nel proprio terzo, e prendere una penalità nella maniera con cui l’ha presa Verboon (può anche essere leggera, ma il movimento c’è) a tre minuti dalla fine sotto per 2-1 significa che non si pensa a quello che si fa e alle conseguenze di certi gesti.

Poi ci saranno le parole al vento, quelle che sottolineeranno la “reazione del terzo tempo”, di un Ajoie “che abbiamo fatto soffrire per dieci minuti”, ma la sostanza non cambia, perché nel complesso della partita questo Lugano era destinato a perdere, pensare di sfangarla su quella pista con dieci minuti buoni è semplicemente da ingenui.

Nelle prossime ore o nei prossimi giorni ci potrebbero essere finalmente delle parole da parte della società – dovute perlomeno per rispetto verso i tifosi – mentre dal quel fondo che si credeva di aver toccato si sta continuando a scavare, con il dolore di averlo fatto di fronte a tre ex bianconeri che hanno scritto la storia di un rimpianto Hockey Club Lugano.


IL PROTAGONISTA

Benjamin Conz: Avrà sentito odore di derby l’ex portiere sia di Lugano che Ambrì Piotta, di sicuro in una serata del genere si è esaltato come ai vecchi tempi, tenendo in piedi la baracca in quel pur breve lasso di tempo in cui i bianconeri hanno messo fuori la testa. Particolarmente decisive sono state le parate su Alatalo e Mirco Müller (in shorthand) quelle che hanno permesso di tenere il risultato di vantaggio dalla parte dei giurassiani.


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