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Lugano

L’agonia del Lugano riprende da dove era iniziata

I seeländer si aggiudicano una partita fondamentale per la classifica nel finale. Thürkauf e compagni ancora deludenti in un incontro quasi da dentro o fuori

(PostFinance/KEYSTONE/Peter Schneider)

L’agonia del Lugano riprende da dove era iniziata

BIENNE – LUGANO

2-1

(0-0, 1-0, 1-1)

Reti: 24’17 Greco (Kneubuehler, Säteri) 1-0, 41’35 Fazzini (Alatalo, Jesper Peltonen) 1-1, 57’49 Grossmann 2-1

Note: Tissot Arena, 5’571 spettatori
Arbitri: Stolc, Mollard; Bürgy, Meusy
Penalità: Bienne 2×2, Lugano 3×2

Assenti: Giovanni MoriniJoren van PottelbergheMirco MüllerMichael Joly (infortunati), Adam HuskaLeandro Hausheer (sovrannumero), Lorenzo Canonica (ammalato)

BIENNE – La situazione è tornata rapidamente a precipitare per il Lugano, proprio su quella pista dove erano iniziati i primi grossi problemi autunnali. I buoni propositi, le belle impressioni e le belle parole (illusorie) che frettolosamente vengono sempre pronunciate mescolandole pericolosamente all’euforia di un derby vinto che appare ormai lontano, sono andati tutti in fumo nello spazio di due partite.

Il fatto è che per molti due sconfitte potrebbero non essere chissà che evento ma per la situazione in cui si trova la squadra bianconera significa dover ripartire dal fondo della scala e dal (quasi) fondo della classifica. L’occasione per il Lugano alla Tissot Arena era pesante per la squadra di Luca Gianinazzi, in caso di vittoria ci sarebbero stati i presupposti per superare proprio il Bienne, l’Ambrì Piotta e di agganciare Ginevra e Rapperswil, mentre la sconfitta ha distanziato i bianconeri proprio da questo gruppetto con l’Ajoie a nove punti.

(PostFinance/KEYSTONE/Peter Schneider)

Quindi, sia dal lato dei possibili risvolti positivi che da quelli negativi c’erano mille motivi perché il Lugano scendesse sul ghiaccio bernese con decisione, coraggio e determinazione, sia per scongiurare il peggio che cercare di rimettersi in una posizione meno pericolosa.

Invece, nonostante questi fattori e l’assenza di Joly (con rientro di Zohorna) che avrebbe dovuto motivare ancora di più la squadra a fare meglio, abbiamo ritrovato una squadra impantanata, né carne né pesce, scesa sul ghiaccio in maniera “banale” e incapace di accendersi come avrebbe dovuto fare. Certo, belle le parole sulla tenuta difensiva, ma non è che affrontare la squadra di Filander in questo periodo equivalga a una grande impresa, quindi senza alcuna ipocrisia diciamo pure che una squadra seria quel Bienne impaurito e quasi smarrito l’avrebbe travolto con tutta la forza che aveva.

Invece questo Lugano passa da prestazioni incoraggianti come quella di Berna ad altre (troppe) senza anima e senza fuoco sacro, cercando di fare bene quelle piccole cose tanto care allo staff che a dirla tutta paiono piuttosto superflue se confrontate a tutte quelle altre lacune che Thürkauf e compagni hanno mostrato. Si può battere il chiodo finché si vuole sulle “piccole cose”, ma se non c’è mordente, se manca l’orgoglio niente può funzionare.

(PostFinance/KEYSTONE/Peter Schneider)

I primi due tempi della partita devono essere stati un calvario per il pubblico – di entrambi gli schieramenti – quaranta minuti di una desolante noia e di continui errori tra due squadre che hanno affrontato colpevolmente una partita del genere con timore e incapacità di prendere in mano la situazione.

Il pareggio di Fazzini che ha rimediato al vantaggio di Greco – su cui pesa un intervento difettoso di Schlegel – avrebbe dovuto essere il giro di boa della partita, i bianconeri in quel momento dovevano affondare i colpi su un Bienne che dal vantaggio non erano riusciti a cavare altra sostanza, ma nemmeno la squadra di Gianinazzi è riuscita a sfruttare quell’onda, aprendo anzi una partita che ha rischiato di sfuggire di mano ad entrambi i coach.

Invece è sfuggita di mano al Lugano nel momento peggiore, quando era il momento di gestire i dischi con prudenza e di coprire al meglio lo slot, quando si intravvedeva perlomeno la possibilità di cominciare ad incamerare un primo punticino.

(PostFinance/KEYSTONE/Peter Schneider)

Il problema – lo ripetiamo – non sarebbe solo la sconfitta in sé, ma il fatto che il Lugano non ha mostrato quella combattività di una partita che a questo punto potrebbe essere stata veramente uno spartiacque, non si è vista quell’urgenza o disperazione che il momento pericolosissimo richiede. Ci si augura che la situazione di classifica con tutto quello che comporta – disaffezione dei tifosi, sconfitte in serie, considerazioni future – sia ben chiara a tutti (ma parrebbe non esserlo) e a meno di due turni dal termine della regular season i margini di manovra per raddrizzare o rendere meno disastrosa la situazione sono sempre più flebili.

Chissà, magari si potrebbe raccontare di nuovo la vecchia storia della rana che si accorse di nuotare nell’acqua calda solo quando si è ritrovata bollita. E la pentola scotta già da tempo.


IL PROTAGONISTA

Yanick Sablatnig: L’ex attaccante del Berna è stato uno dei pochi a interpretare l’incontro con la giusta dose di coraggio e personalità. Il 25enne si è creato diverse occasioni da rete ed è stato al centro del gioco per tanto tempo, facendo pronunciare il suo nome ai cronisti molto più di giocatori maggiormente attesi.


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