CECHIA – SVIZZERA
5-4
(1-1, 1-0, 3-3)
Note: Mosca, 7’101 spettatori. Arbitri Djork, Piechczek; Otmakhov, Sefcik
Penalità: Cechia 4×2′, Svizzera 4×2′
MOSCA – Il sentimento è di delusione generale, amarezza e anche di diversi rimpianti. Non certo rivolti verso la partita contro la Repubblica Ceca, avversario se non proibitivo nella ricerca dei tre punti, ma verso tutto un torneo che la Svizzera ha giocato all’inseguimento sin dall’inizio.
Contro gli uomini di Vujtek i rossocrociati sono arrivati con la brutta abitudine della “prossima da vincere obbligatoriamente”, e una squadra come quella di Patrick Fischer, pur se meno competitiva di altri Mondiali passati non se lo poteva permettere.
Cercare di superare l’ennesima ultima spiaggia contro Plekanec e compagni non era certo la cosa più semplice da fare e non era assolutamente nei piani della vigilia, e la qualificazione ai quarti non è stata di certo persa oggi.
E dire che comunque, aldilà di tutto, la Svizzera aveva anche cominciato bene questa sfida, trovando la rete di apertura con Hollenstein – anche lui fra i deludenti di questo Mondiale – anche se il contesto della sfida è da subito apparso se non impari destinato a cambiare versante di salita.
Una squadra, quella svizzera, che è sembrata tornare ai tempi di Krueger, quella della difesa ferrea e contropiedista minimale, e in fondo a questo punto era giusto giocarsela così. Troppo navigata però questa Cechia di fronte a una squadra elvetica che si è dimostrata ancora immatura, priva di furbizia e cattiveria, oltre che di un’organizzazione di gioco chiara dal primo all’ultimo minuto.
Prese le misure con tranquillità, i cechi hanno dapprima raddrizzato la sfida con Birner ancora nel primo tempo, e poi un fallo da rigore causato da Diaz in entrata di secondo periodo ha dato il la alla vittoria avversaria. Anche Berra in questo frangente non è esente da colpe, in quanto parare il rigore non irresistibile di Kaspar sarebbe valso come la tipica parata che “allunga la vita”, ma di nuovo il portiere elvetico ha mostrato la sua inefficienza nell’esercizio.
Andati alla seconda pausa sotto per 2-1, i rossocrociati non potevano più nascondersi, i tre punti dovevano essere cercati negli ultimi 20 minuti, senza vie d’uscita. Ma se c’è una capacità che Ambühl e compagni hanno messo in mostra dall’inizio è quella di farsi del male da soli, come nel caso di quel disco perso da Du Bois in maniera sciagurata davanti a Berra che è costato il 3-1 ceco già prima del 42’.
Difficile, se non impossibile convivere con la necessità di dover vincere per forza con l’attitudine troppo timorosa e nervosa vista tra i bastoni svizzeri, e anche se Moser ha ridato qualche speranza ai suoi al 46’, la Cechia ci ha messo poco a sfruttare gli errori di una Svizzera forse ormai rassegnata (?) o in preda al panico e in balia delle proprie emozioni negative.
Il 4-2 di Zohorna è frutto di un turn over ingenuo in zona neutra e gestito male in back checking, con i due difensori svizzeri andati su un giocatore e con il numero 79 liberissimo di prendere la mira, caricare il tiro e battere Berra. Svizzera alla disperata negli ultimi minuti, dopo aver subito il 5-2 con Berra fuori dai pali c’è stato tempo per Schneeberger e Andrighetto – di nuovo, l’ultimo mollare – per mettere un po’ di ansia alla Cechia, ma davvero pochissima.
Una partita, l’ultima di questo amaro Mondiale per gli uomini di Fischer, che ha racchiuso tutta l’essenza di questa squadra: un gruppo compatto e di carattere che però non sa gestire le emozioni, che non ha la forza o la furbizia per sfruttare i momenti a proprio favore, e che ha peccato di ingenuità nelle piccole cose – i tanti, troppi falli minori di Du Bois, per esempio – oltre che incapace, come da troppi anni a questa parte di ribadire l’ormai presunta superiorità verso le più piccole.
Per i processi, le valutazioni e per ribadire le cose positive, che ci sono state, senza dubbio, ci sarà tempo. Ora resta l’amarezza per un’occasione persa fin dall’inizio del torneo.