FRIBORGO – LUGANO
3-2
(2-1, 1-1, 0-0)
Reti: 3’58 Rossi (Bykov, Chavaillaz) 1-0, 15’38 Brunner (Hofmann) 1-1, 15’57 Slater (Mottet, Birner) 2-1, 22’23 Cunti 2-2, 22’52 Rathgeb (Cervenka, Bykov) 3-2
Note: BCF Arena, 6’500 spettatori. Arbitri Koch, Mollard; Gnemmi, Obwegeser
Penalità: Friborgo 3×2′, Lugano 3×2′
FRIBORGO – “Siamo euforici, ma bisogna tenere i piedi per terra”. Questo il monito lanciato al termine della bellissima vittoria casalinga contro il Berna di venerdì sera da parte di Julien Vauclair.
Nemmeno a dirlo, non si sa per quanta parte a causa di questa euforia, il brutto presagio si è avverato. Non è un indovino Vauclair, semplicemente, dalla sua esperienza, sa che nello sport di squadra certi avvenimenti portano a reazioni emozionali diverse e non sempre giocatori e allenatori sanno gestirle al meglio. Sarebbe difficile altrimenti spiegare il passo indietro – invero piuttosto lungo – mostrato dai bianconeri sul ghiaccio della BCF Arena di Friborgo.
I burgundi di Mark French avevano comunque tutte le carte in regola per mettere in seria difficoltà gli ospiti, privi di Jani Lajunen (colpo al pollice subito la sera precedente) e con qualche logico ritocco in formazione, come lo spostamento in prima linea di Romanenghi per far fronte all’assenza del finnico.
Le carte in mano ai dragoni, si diceva, sono quelle di una squadra sempre difficilissima da affrontare sul ghiaccio di casa, oltretutto ora che a poche partite dalla fine della regular season, Cervenka e compagni sono coinvolti nella durissima lotta per l’accesso ai playoff.
Questo non può giustificare comunque l’atteggiamento di sufficienza con il quale i ticinesi hanno affrontato la partita, soprattutto a partire dal periodo centrale, dopo aver mostrato ottima “garra” e determinazione nei primi cambi, illudendo che potesse essere un altro segnale di grande autorità.
Nulla di tutto questo perché, dopo la rete di Rossi, sfuggito alla difesa, il Friborgo ha preso coraggio e possesso del disco, sempre con quel tipico fare anche un po’ confusionario che lo contraddistingue, ma il Lugano non ha saputo reagire sul piano della personalità e della disciplina.
Ringraziando Brust per il regalo dell’1-1 (tipica uscita dai pali un po’ troppo disinvolta del canadese…) Brunner e compagni non sono stati in grado di approfittare del pensiero per rimanere concentrati, e dopo il 2-1 di Slater hanno dovuto attendere un altro episodio fortunato per restare in partita.
Cervenka, appoggiando all’indietro sulla linea blu in situazione di penalità differita, non si è capito con i difensori, infilando la porta lasciata vuota da Brust, per l’incredibile 2-2 poi assegnato a Cunti.
Nemmeno in questa occasione il Lugano è potuto ripartire da un caso favorevole, dato che un attimo dopo Rathgeb ha tolto la polvere dall’incrocio in 5 contro 3, ma il problema è che i bianconeri si sono limitati a fare del proprio incontro la sagra dell’errore difensivo e del turn over.
Errori di posizionamento, uscite sbagliate e dischi persi sulla blu difensiva, enormi rischi rintuzzati da Merzlikins, miracoloso in un paio di frangenti, e non basta certo un discreto terzo periodo e lo sforzo dei secondi finali a rinfrancare da una prestazione del genere.
Un alto e basso che più estremo non poteva essere per il Lugano, in grado nello spazio di 24 ore di cancellare quanto fatto di buono la sera precedente contro il Berna. In pochi, pochissimi, si sono salvati e ancora una volta Greg Ireland (che ha perso pure Sanguinetti per una discata) dovrà usare tutte le sue doti psicologiche per riportare su il Lugano dopo questa prestazione, contro un Friborgo battagliero e determinato ma non certo imbattibile e con diverse lacune.
In fondo il tecnico canadese era il primo ad ammetterlo, con una squadra come il Lugano, il lavoro più grande è quello di evitare questi fastidiosi “up and down”.
IL PROTAGONISTA
Roman Cervenka: Protagonista sfortunato in occasione del 2-2, con quell’incredibile autorete in 6 contro 5, ma aldilà di questo il ceco è la vera anima e motore del Friborgo.
Senza di lui sul ghiaccio il Gotteron è volenteroso ma anche confusionario e poco paziente, quando entra dalla panchina è tutta un’altra musica. Dischi gestiti in maniera magistrale, fantasia e visione di gioco di classe mondiale, con il suo arsenale ha fatto ammattire i bianconeri.