BRATISLAVA – Solamente Andres Ambühl ha più esperienza internazionale di lui nella Svizzera impegnata in Slovacchia, ma con sette Mondiali e due medaglie d’argento alle spalle il difensore Roman Josi è tra i pilastri irrinunciabili del gruppo rossocrociato.
C’è chi – probabilmente a giusta ragione – lo considera il giocatore svizzero più forte di tutti i tempi, ed osservandolo sul ghiaccio bastano un paio di cambi per capire quanto il capitano dei Nashville Predators tenga a portare la squadra il più lontano possibile.
“Mi piace davvero giocare per la Nazionale, se al termine della stagione NHL non ho guai fisici non esito mai un secondo nel rispondere alla chiamata!”, ha debuttato il sorridente Josi. “È bello poter scendere in pista per il proprio paese, mi sono sempre divertito molto e vissuto delle esperienze importanti. Tra queste spiccano sicuramente le due medaglie d’argento, ma in generale è semplicemente bello ritrovare ragazzi che non si vedono per mesi e con cui magari hai giocato quando eri più giovane”.
Hai vinto la medaglia d’argento con la Svizzera nel 2013 e nell’ultima edizione del torneo… Quale delle due è stata più speciale?
“Entrambi quei traguardi sono ovviamente dei bellissimi ricordi. L’argento del 2013 credo sia davvero speciale perché per la Svizzera quella è stata la prima volta sul secondo gradino del podio, ed inoltre ero presente sin dall’inizio del torneo… Abbiamo vinto tutte le partite sino alla finalissima, è stato bello vedere la squadra unirsi e giocare con lo spirito che si era venuto a creare”.
Per come è finita – con la sconfitta ai rigori con la Svezia – forse l’argento targato 2018 porta con sé maggiori rimpianti?
“Sì, credo che si possa dire così. Nel 2013 naturalmente eravamo delusi, ma da un certo punto di vista quella medaglia è stata anche una vittoria ed il sentimento che è velocemente prevalso è stato l’orgoglio. Lo scorso anno invece siamo andati davvero vicinissimi all’oro, la finale è stata tirata e ad oggi sono ancora amareggiato di non aver compiuto anche l’ultimo passo… È una delusione che non dimenticherò mai. Vedo l’epilogo dell’edizione 2018 più come un oro perso, e non un argento guadagnato”.
Non riuscire a vincere la Stanley Cup un paio di anni fa ha fatto più male?
“Sì. In tutta onestà l’obiettivo più grande rimane quello di vincere la Stanley Cup, è da sempre il mio sogno. In entrambe le competizioni è chiaramente molto difficile arrivare sino alla finalissima, ma nei playoff NHL devi superare quattro round dopo aver giocato una regular season di 82 partite… Perdere nel 2017 contro Pittsburgh è stata una grandissima delusione”.
Secondo Patrick Fischer questa Svizzera è più forte rispetto a quella di un anno fa… Sei d’accordo?
“È sempre difficile fare questo tipo di confronti. Un anno fa la squadra era un po’ diversa, ma sicuramente abbiamo mostrato tante buone cose in queste prime quattro partite del torneo. Siamo scesi sul ghiaccio con tanta fiducia e solidità, specialmente in difesa, e la sensazione è quella di fare parte di una rosa matura. Ce lo siamo detti prima del torneo, sappiamo di essere un’ottima squadra e di avere la chance di fare qualcosa di speciale”.
L’arrivo di Niederreiter sembra l’innesto ideale per completare il vostro gruppo…
“Non puoi mai avere abbastanza giocatori come Nino in squadra. Ogni volta che veste la maglia rossocrociata gioca in maniera incredibile, è una presenza possente in fase offensiva e per gli avversari è molto difficile ritrovarselo di fronte. Sicuramente quando arriverà ci darà una grande mano”.
Pensando all’evoluzione della Nazionale dalle tue prime partite ad oggi, che cambiamento hai visto nel corso degli anni?
“Credo che il principale cambiamento negli anni sia avvenuto a livello di mentalità. Ora abbiamo tanti giocatori che militano in NHL e Fischer ha lavorato molto per cambiare il mindset del gruppo… Sappiamo di poter battere qualsiasi avversario che ci troviamo di fronte. In questo senso è importante che ora i giovani scelgano di varcare l’oceano sin dai primi anni della loro carriera. Mark Streit ha fatto da apripista, vederlo giocare in NHL ha permesso a tutti di avere maggiore fiducia nelle proprie possibilità e tutto l’hockey svizzero ne ha giovato”.
Quando eri più giovane Mark Streit è stato per te un modello da seguire?
“Sicuramente sì. Mi ricordo esattamente quando ho giocato il mio primo Mondiale a Berna, in quell’occasione l’ho incontrato per la prima volta. È stato un momento speciale, per me è un idolo”.
Probabilmente ora sei visto allo stesso modo da giovani come Janis Moser…
“Lui è sicuramente un ragazzo speciale. Il modo in cui gioca è già molto maturo, diventerà un difensore eccezionale in futuro ed è bello vedere il comportamento professionale che ha già alla sua età… Purtroppo ha avuto sfortuna con l’infortunio ma è positivo che possa rimanere con il gruppo per il resto del torneo”.
Vedi te stesso come un esempio da seguire?
“Con il passare del tempo e grazie all’esperienza cerchi sicuramente di rappresentare un buon esempio per i ragazzi più giovani. Se pensiamo nuovamente a quel mio primo Mondiale, ricordo che osservavo ogni mossa di Mark Streit ed il modo in cui si preparava, cercando poi di copiare i suoi comportamenti. Ora i ruoli si sono invertiti e se qualcuno si rivolge a me per un consiglio cerco sempre di dare una mano”.
A Nashville sei il capitano, come ci si sente ad essere diventato un giocatore così importante per una franchigia NHL?
“È sicuramente un grande onore per me. Un paio di anni fa sono stato scelto per questo ruolo, qualcosa che nemmeno da bambino avevo mai sognato. Personalmente ho cercato di non cambiare, sono un leader che guida la squadra dando il buon esempio e quando il resto del gruppo segue ciò che faccio, allora so di aver contribuito con la mia visione di leadership”.
Al momento del tuo Draft l’hockey non era molto popolare a Nashville, ma la situazione è cambiata parecchio negli ultimi anni…
“Indubbiamente negli anni l’hockey a Nashville è diventato più importante. Sin da quando sono arrivato ai Predators i fans erano molto calorosi, ma le cose sono cambiate per davvero quando siamo riusciti ad arrivare sino alla finale della Stanley Cup. Da quel momento molte più persone si sono appassionate all’hockey, ed anzi oggi posso dire che la maggior parte della gente a Nashville segue la NHL… È bellissimo vedere il supporto che riceviamo ogni giorno, la nostra arena è una delle più calde dell’intera lega!”.
Il tuo contratto arriverà a scadenza tra un anno, ci stai già pensando?
“Sicuramente vorrei restare a Nashville… Ho giocato lì praticamente per tutta la vita, mi trovo molto bene ed ho molti amici anche lontano dal mondo dell’hockey. Per ora però non sto ancora pensando molto al mio prossimo contratto, presto potremo iniziare a discuterne e vedremo come andranno le cose, spero che tutto funzioni e che possa restare lì”.
Nashville aveva fatto un vero affare con il precedente accordo, un difensore della tua caratura a 4 milioni annui per 7 stagioni non si vede molto spesso…
“Sicuramente con il senno di poi tendi a vedere le cose diversamente, ma nel momento in cui avevo messo la firma quello era un ottimo contratto per me. Avevo giocato solamente un centinaio di partite in NHL e Nashville mi ha offerto un accordo di sette anni… Non mi sono mai curato molto delle persone che mi dicevano che avrei dovuto guadagnare di più, sul momento si trattava di una buona operazione per me e se potessi tornare indietro rifarei la stessa cosa”.
Guardando avanti per te sono in arrivo le nozze… Al matrimonio ci sarà anche il tuo amico Linus Klasen?
“I preparativi per le nozze sono sotto controllo, sta pensando a tutto la mia compagna. Sì, Linus Klasen è tra gli invitati! L’avevo incontrato a Nashville durante il mio primo camp con i Predators e poi siamo stati girati entrambi a Milwaukee… Lì siamo diventati davvero buoni amici, con lui c’era anche la sua famiglia ed uscivamo assieme praticamente ogni giorno. Ero presente al suo matrimonio e spero che lui possa riuscire ad essere al mio!”.
Fino a pochi giorni fa avevi il record di punti nei playoff ottenuti da uno svizzero… Primato che Timo Meier ha superato…
“Ha avuto una stagione eccezionale, e sta continuando sulla stessa linea anche nei playoff. Ogni volta che abbiamo giocato contro gli Sharks lui è stato pazzesco… È veloce, tecnico, fisico e protegge molto bene il disco. La sua linea, ed in particolare lui in coppia con Couture, hanno fatto grandi cose e anche nelle ultime settimane stanno facendo la differenza”.
In chiusura, chi vincerà la Stanley Cup?
“Credo che vincerà Boston, anche se è sempre difficile fare una previsione. San Jose e St. Louis hanno entrambe delle grandi squadre e in NHL tutto può succedere perché chi arriva a questo punto ha ottime qualità… Ma se dovessi scommettere punterei sui Bruins”.