AMBRÌ – Finire la stagione con una serie di vittorie a volte può essere pericoloso, perchè la tentazione di dimenticare o perdonare quanto di negativo si è fatto per tutto campionato può essere grande, ed a volte anche inconscia. Non questa volta però. La stagione dell’Ambrì Piotta è stata fallimentare, e forse mai come quest’anno si ha davvero avuto la concreta paura di vedere i biancoblù retrocedere.
Nel finale la squadra è però riuscita a compattarsi, ha trovato un paio di insospettabili protagonisti ed ha avuto gli episodi dalla sua, ma il 4-0 contro il Langenthal non ha lasciato illusioni a nessuno, e rafforza anzi la certezza che i cambiamenti per rilanciare questo club dovranno essere tanti e profondi.
Non si cada però nella banalità. La stagione dei biancoblù non è da considerarsi fallimentare strettamente alla luce dei risultati ottenuti – deludenti, ma le speranze vendute a fine estate erano fantascienza – ma piuttosto perchè l’intera annata 2016/17 ha rappresentato una colossale perdita di tempo per il club, che si ritrova ora a dover raccogliere i cocci di una stagione che in eredità non lascia praticamente nulla di positivo.
Cocci che si è subito ritrovato a dover mettere assieme Gordie Dwyer, coach che nei suoi mesi in Leventina ha ottenuto poche vittorie ed ha faticato a dare una sua impronta al gioco della squadra, ma che ha avuto l’importante onestà di ammettere ed evidenziare tutte le contraddizioni di una rosa costruita male ed impiegata anche peggio dal suo predecessore.
Per tutto l’anno l’Ambrì Piotta ha avanzato a tentoni, rendendosi protagonista di un preseason durato mesi e che in realtà non è mai arrivato a compimento, con un numero impressionante di giocatori il cui vero ruolo rimane ancora oggi un mistero. Dwyer ha così finito per prendere la strada più logica, richiamando alla Valascia tutti i giocatori in organico e dando poi la possibilità di giocare semplicemente a chi la meritava di più, mentalità che per un club come quello leventinese dovrebbe essere alla base di ogni cosa.
I vari Stucki, Trisconi, Goi e nel finale anche Hrabec hanno dato il loro contributo in maniera encomiabile, facendo sul loro percorso diverse vittime illustri come i vari Kamber e Bastl, rispolverati solo nel finale. Probabilmente il club ripartirà proprio da questo concetto, perchè una politica di mercato votata all’ingaggio di giocatori dal glorioso passato ma oramai sulla via del tramonto non si è mai rivelata pagante, e va a cozzare a prescindere con una mentalità di crescita che per l’Ambrì dovrebbe essere improntata ad un lavoro da sviluppare su più anni.
È dunque arrivato il momento di smettere di rincorrere la chimera dei playoff, obiettivo che rimane fine a se stesso e che potrebbe anche essere raggiunto di tanto in tanto, ma che dopo l’euforia del momento rischia per anni di affondare il club con troppi fardelli. L’Ambrì Piotta se vorrà veramente tornare a diventare una squadra competitiva non può più cercare scorciatoie, perchè sul mercato non ne ha il potere finanziario per farlo, ma anche perché l’identità stessa del club impone un tipo di lavoro diverso e con accento alla formazione.
Tutti i rischi di una strategia sbagliata d’altronde sono venuti a galla in questa stagione. Ivano Zanatta ha portato alla Valascia una serie di giocatori che hanno navigato per tutto il campionato nella mediocrità, a cui si sono aggiunti dei flop evidenti come Guggisberg e D’Agostini.
La strada per i giovani è così stata sbarrata sin dall’inizio – e visti certi rinnovi contrattuali, sarà complicata anche il prossimo anno – rinunciando alla possibilità di integrare qualcuno di loro nella rosa di tanto in tanto, magari anche con un ruolo marginale ma comunque con l’intento di far fare loro le prime esperienze nell’hockey “vero”.
Fortunatamente un po’ di terreno lo si è recuperato nel finale, con anche un leggero imbarazzo misto a controsenso nell’aver visto i giovani dei Rockets giocare meglio e con più intensità rispetto a tanti elementi dal posto assicurato in prima squadra. La differenza a livello motivazionale ma anche di preparazione fisica è venuta a galla, e soprattutto quest’ultimo aspetto dovrà essere oggetto di seria analisi, perchè fondamentale per una squadra dal talento limitato.
A livello individuale le delusioni sono poi state tante, e non è addirittura esagerato affermare che praticamente ogni giocatore ha vissuto la sua peggior stagione della carriera. Per entrare in dettaglio si avrà occasione in un’altra sede, ma a livello di individualità si è passati da delusioni cocenti – nessuno dei presunti top player si è rivelato tale – a mancate conferme, senza dimenticare alcuni elementi da cui ci si attendevano passi avanti dopo una precedente buona stagione. Tutti alla terza sirena a Langenthal hanno preso una grande boccata d’ossigeno, perchè il desiderio di voltare finalmente pagina e ricominciare da zero era, è, e dovrà essere grandissimo.
Di tempo però non ce n’è molto. L’importantissimo lavoro per ricostruire un club messo in ginocchio da una lunga serie di decisioni sbagliate inizia ora, e dovrà iniziare con le persone giuste. Negli ultimi mesi si è assistito a dichiarazioni che hanno evidenziato un chiaro scollamento con la realtà, apparse ancora più gravi quando il club ha finito per incolpare chiunque dei propri fallimenti tranne se stesso, scaricando infine le responsabilità anche alla stampa, quasi a chieder loro di nascondere una realtà davanti agli occhi di tutti.
Se davvero sarà Paolo Duca l’uomo individuato per condurre a livello sportivo l’Ambrì, l’ex capitano avrà davanti a lui un lavoro difficilissimo, ma i biancoblù avrebbero la certezza di aver affidato il compito ad una persona estremamente onesta – con se stesso e con gli altri – e che non ha mai avuto problemi a dire le cose come stanno. L’Ambrì deve ripartire da queste basi, perché la rottura con il proprio pubblico avvenuta nel corso della stagione è di quelle gravi e va recuperata ritrovando i veri valori del club.
Servirà un portiere che dovrà completare – e non essere solo da complemento – il reparto con Descloux, ed in questo senso non si esclude (anzi) l’arrivo di uno straniero, che andrà poi ad influenzare un mercato che probabilmente vedrà l’Ambrì Piotta rimpiazzare tutti i giocatori d’importazione.
Nei casi di Mäenpää, D’Agostini, Pesonen e Hall (ritiro?) la partenza è sicura, mentre rimane qualche dubbio su Emmerton, anche se il treno di una sua conferma sembrava essere partito dopo la mancata volontà di discutere attorno a Natale. Se ne saprà presto di più.
Nessuno si è però dimostrato insostituibile nel corso degli ultimi otto mesi, sul ghiaccio ma anche fuori. A partire dalla scelta del coach sino alla selezione dei giocatori che arriveranno, l’Ambrì ha ora la possibilità di ripartire davvero, conscio che da oggi inizia un lavoro che potrà essere lungo e complicato, ma che dovrà sempre seguire una linea precisa. Il tempo delle scorciatoie è finito, è tempo di intraprendere l’unica via percorribile.