ZURIGO – Spesso capita che dai momenti peggiori ne escano solo i più forti, quelli cui basta un “imput” per tornare a essere se stessi, per ritrovare la fiducia nei propri mezzi e in quelli di chi lotta al suo fianco. E quel momento peggiore si spera che il Lugano se lo sia lasciato alle spalle al 50’38” della sfida di venerdì scorso contro il Rapperswil, quando il mestiere e l’orgoglio di gente come Brett Mclean – non a caso uno abituato a lottare – ha permesso di rimettere in carreggiata un inizio di stagione a dir poco claudicante.
Il peggio, dopo queste tre vittorie consecutive, tutte difficili per contesti tutti diversi tra loro, probabilmente è alle spalle, ma inutile illudersi che da ora in avanti sia tutto facile. Meno difficile sicuramente, grazie alla fiducia che solo vittorie di squadra sanno donare a secchiate. Già nella sfida vinta contro lo zoppicante Berna si è visto che il Lugano era più sciolto e libero mentalmente, pur giocando una partita soprattutto difensiva.
Nella sfida dell’Hallenstadion invece si è visto un Lugano che ha lasciato il volante in mano allo ZSC, pur concedendogli pochi affondi sul gas. Decisamente più convinti i bianconeri – che sono scesi in pista con la medesima formazione delle ultime uscite – duri e decisi in difesa e ficcanti in attacco, pur se a costruire trame pericolose non sia ancora un lavoro che esce con estrema facilità.
In quel caso la bravura dei bianconeri è stata quella di essere riusciti a trarre il meglio da ogni azione, senza girarci troppo attorno hanno affondato i colpi cercando sempre la via della porta, come avevano ormai capito già alla Postfinance Arena. E ancora una di quelle reti “sporche” (ma stavolta neanche troppo) ha dato il via alla contesa, grazie a Dal Pian che non ci ha messo molto a scaricare immediatamente su Flüeler dopo aver rubato il disco a un difensore zurighese.
Il giovane ticinese ha riassunto perfettamente l’essenza degli attacchi: disco sul portiere, perché qualcosa succede sempre. Il merito del Lugano è stato quello di non mollare mentalmente dopo le reti degli uomini di Crawford, e la rete di Metropolit, colta a un solo minuto dalla prima sirena, ha avuto un’importanza estrema. Importantissima perché ha permesso al Lugano di affrontare serenamente un secondo periodo più a marca zurighese, complici anche tre penalità consecutive sul conto degli ospiti, che però hanno retto alla grande alla pressione di Wick e compagni.
E poi è arrivato quel pazzo terzo periodo. In molti avranno temuto il peggio dopo la rete in apertura di tempo per merito di Bärtschi ma pochi hanno fatto i conti con la reattività luganese – per certi versi sorprendente per “sfacciataggine” – e con la verve da cecchino puro di Mclean, che è andato a trovare la doppietta fondamentale per lo slancio finale. Un po’ di brividi ancora dopo la terza rete dei Lions ma Sannitz in power play ha riportato a due reti la distanza fra le due contendenti, e il sesto sigillo a porta vuota di Hirschi ha semplicemente messo la firma di chiusura.
Tutt’a un tratto il Lugano si scopre convincente, aldilà dei demeriti dei padroni di casa, e la vittoria non fa una piega. E all’improvviso ci si dimentica anche dell’abulicità offensiva, perché segnare cinque reti (la sesta non la calcoliamo) in trasferta a Zurigo è sempre una bella impresa. Ci si dimentica anche dei rumors su Earl dopo aver visto un Mclean di questo formato, e ci si accorge che finalmente il Lugano sa vincere con autorità.
Ottimo segnale il fatto di aver deciso la contesa nel terzo periodo, nel quale erano maturate quasi tutte le sconfitte precedenti, e ciò denota una crescita non indifferente a livello mentale.
In una serata con pochissime pecche sono da premiare le prestazioni di Dal Pian (ancora in rete e schierato anche nel primo blocco) e del citato Mclean, che ha unito il solito enorme lavoro ad altre due reti, di nuovo decisive. Significativi anche i due assist di Ulmer, che si conferma uno dei più creativi e un eccellente portatore del disco.
Metropolit ha giocato moltissimi dischi, ha preso per mano blocco e squadra e ha trovato di nuovo la via della rete, finalmente. Ha anche sbagliato qualche passaggio di troppo, ma sul topscorer si può sempre contare quando c’è da accendere la luce. Peccato per quella penalità quando giostrava il Lugano in power play, che con la conseguente rete di Nilsson ha rischiato di costare carissima. Su Manzato pendono un paio d’indecisioni, ma tutto sommato ha disputato una buona partita.
Obbligatoria l’iniezione di fiducia e ottimismo, ma proibito severamente sedersi sugli allori. Queste vittorie in serie hanno dato un bello scossone a morale e classifica, ma la costruzione vera e propria del Lugano è lungi dall’essere vicina alla fine. Alla pausa della nazionale mancano ancora tre trasferte durissime (Ginevra, Ambrì e Davos) e solo il Losanna alla Resega, e un primo bilancio, si spera positivo, sarà possibile solo tra circa una settimana.