LUGANO – BERNA
4-2
(2-1, 0-1, 2-0)
Note: Resega, 5’618 spettatori. Arbitri Koch, Stricker; Huggenberger, Küng
Penalità: Lugano 5×2′, Berna 4×2′
LUGANO – La “triade” formata da Friborgo, Lugano e Berna è probabilmente la massima concentrazione di assenti per infortunio e squalifiche varie del momento, visti i line up delle squadre in queste due giornate del week end.
Se i bianconeri decimati di un blocco – e che blocco – sono andati ad espugnare la BCF Arena di un altrettanto spuntato Friborgo, la formazioni messe in pista alla Resega da Shedden e Leuenberger non erano granché migliori. Se da una parte il coach bianconero ha potuto contare perlomeno sul rientro di Steve Hirschi, il coach degli orsi ha dovuto far fronte a ben 10 assenti, oltre allo sfortunatissimo Manzato.
Assenti che sono pesati sugli schemi e le capacità delle due squadre, in grado di macinare gioco con regolarità solo con un paio di blocchi, soprattutto il Lugano con la linea svedese e quella guidata da Stapleton, veloce e pungente nelle sue incursioni. Il Berna, aldilà delle assenze, sin dai primi minuti ha mostrato grandi difficoltà nelle ripartenze, perdendo molti dischi nel proprio terzo a causa del forechecking dei giocatori bianconeri, bravi a mettere sotto pressione il portatore del disco avversario e togliendo riferimenti con i movimenti senza disco.
Per poter arginare le veloci scorribande offensive bianconere, Helbling e compagni hanno così deciso di metterla più sul fisico, ingaggiando vere sfide nella sfida, e il Lugano ha cominciato ad avere qualche difficoltà in più. Le occasioni per Klasen e compagni sono continuate a fioccare anche nel secondo tempo, ma la mira, la benedetta mira e qualche controllo difettoso hanno salvato Schwendener. Il gioco fisico degli orsi ha però reso molto più equilibrata e intensa la sfida, e dopo il pareggio di Randegger – aiutato nella doppietta da un Merzlikins impreparato sul suo palo – quei 4’ praticamente consecutivi giocati in box play dal Lugano, peraltro in maniera eccellente, sembrava potessero pesare sui polmoni di Hirschi e compagni per il resto del match.
Ed infatti così è stato, comprensibile dopo un week end giocato a ranghi così ridotti, ma Shedden è stato capace di mandare in pista una squadra determinata, con l’unico obiettivo dei tre punti e che ha giocato di contenimento, spesso in affanno, sofferente ma anche intelligente. Non una pattinata di troppo se non necessaria, solito forechecking asfissiante e linee difensive già schierate all’entrata della zona neutra, al resto ci pensano gli svedesi.
Sì, perché se chiamati ad essere determinanti, i “tre gemelli” – vabbè, concedetemela…- hanno risposto di nuovo presente, con la rete di pregevole fattura ad opera di Martensson (che si conferma sempre più ad ottimi livelli) e con un Klasen tutto fare instancabile. Nemmeno quel finale così incandescente, reso teso da decisioni arbitrali atte semplicemente a creare il caos e dalla fisicità bernese, ha scalfito i bianconeri, che una volta di più hanno mostrato di saper soffrire, tutti insieme, ognuno col suo grande contributo.
Questo periodo difficile giocato a ranghi ridottissimi può essere la vera svolta della stagione? Sì, forse. Lo sapremo più in là, quando il Lugano sarà chiamato a sfruttare un periodo un po’ più favorevole dal lato del calendario per andare alla Spengler lanciato e tranquillo.
Fatto è che, pur contro un Berna con i suoi bei problemi di formazione, per alcuni tratti ci si è dimenticati che mancavano i signori Brunner Damien e Hofmann Gregory. E scusate se è poco.
L’INTELLIGENZA TATTICA: Finché le gambe hanno portato energie sufficienti, i bianconeri hanno pattinato con intelligenza e senza lasciare fiato e punti di riferimento ai bernesi, approfittando di segnare reti pesanti e trovare il vantaggio decisivo.
Per una buona metà partita gli uomini di Leuenberger hanno continuato a sbagliare le uscite dal terzo indotti in errore da Walker e compagni. Quando il risultato era acquisito, il Lugano ha contenuto il tentativo di rimonta del Berna, cambiando faccia e schieramento per via della stanchezza fisica, con diversi giocatori costretti ai doppi turni. Ognuno sapeva cosa fare e dove stare, un buon sistema per gestire le energie e uscirne come squadra.
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