FRIBORGO – LUGANO
2-1
(0-1, 1-0, 1-0)
Reti: 1’0
Note: BCF Arena, 5’707 spettatori. Arbitri Hebeisen, Wiegand; Borga, Rebetez
Penalità: Friborgo 3×2′ + 1×10′, Lugano 3×2′
FRIBORGO – Doveva essere la partita della ripresa, quella che dopo l’ossigenata incoraggiante di Champions Hockey League contro lo JYP avrebbe dovuto far partire sul serio il campionato del Lugano.
I bianconeri, invece, a ottobre inoltrato si ritrovano ancora con il misero bottino di 9 punti, affiancato oltretutto da altre cifre impietose, le quali citano le uniche due reti segnate nelle ultime tre gare, quella di Vauclair del temporaneo vantaggio a Friborgo e quella del 3-1 alla Cornèr Arena nella sconfitta contro il Langnau.
Tre rimangono invece le vittorie in questo inizio d’autunno, ottenute peraltro contro un Davos subito in profonda crisi, contro un Losanna che come i bianconeri non attraversa un periodo brillante e infine contro l’Ambrì Piotta in un derby che è andato un po’ fuori dalle righe.
Cifre impietose, confermate ancora alla BCF Arena di Friborgo, in una partita che ancora ha visto un Lugano faticare incredibilmente non solo a segnare ma pure a creare anche delle occasioni da rete.
Partiti bene, in un discreto primo tempo suggellato dalla rete di Julien Vauclair, i bianconeri sono via via spariti dai radar dopo lo scollinamento del primo periodo, ricadendo in errori e mancanza di nerbo che già erano stati sintomi delle ultime settimane. È così che il pareggio del Friborgo da parte di Jim Slater nella parte iniziale del secondo tempo è sembrato arrivare in maniera naturale, dato che gli uomini di French hanno impedito al Lugano di respirare per interi cambi.
Incapacità di vincere duelli individuali, gestione del disco approssimativa e recupero dello stesso troppo “molle”. Inutile che il Lugano sperasse di farla franca giocando in quella maniera, senza nerbo, costrutto e furbizia. Inutile peraltro anche il tentativo di Greg Ireland di cominciare a giocarsela a tre blocchi – brutto segno anche da parte dello staff bianconero, da sempre paladino dell’utilizzo di tutto il line up – per cercare di alzare il ritmo, perché se questo ritmo i suoi uomini non sono stati in grado di trovarlo nelle loro teste e nelle loro gambe, è segno che non è semplicemente una questione di schieramento, di cambi o di minuti passati sul ghiaccio.
La squadra di capitan Chiesa (sempre senza Reuille, Bertaggia e Klasen, rinviato il debutto di Haapala) è andata avanti a subire il maggior nerbo dei padroni di casa, faticando in maniera evidente ad uscire semplicemente da metà pista, figuriamoci quando c’era da prendere una decisione sul fronte offensivo.
I soli Cunti, Lajunen e Loeffel sono stati in grado di portare un po’ di acume e mani buone in avanti per cercare di scardinare il bunker di Berra. Appare ancora più evidente il problema di idee che il Lugano presenta sul fronte offensivo se si vanno a scrutare da vicino le posizioni da cui sono scaturiti i tiri verso la porta dell’ex NHL, con diversi tentativi arrivati dalla zona blu e dal point sull’angolo alto, ma pochissimi dallo slot basso, nessuno dal limite dell’area di porta.
Chiuso con un po’ di fortuna (e grazie a Merzlikins) sull’1-1 il secondo periodo, il Lugano non è riuscito a cambiare marcia, ha mantenuto la sua invece il Friborgo, con il vantaggio definitivo di Sprunger e l’ottima difesa alla gabbia di Berra.
Ancora difficile per gli attaccanti del Lugano arrivare sul portiere di casa, quasi impossibile creare pericoli veri fino al tentativo finale senza Merzlikins, anche questo rivelatosi vano.
È inutile negarlo, nella fatica che il Lugano sta trovando in questo primo turno ci sono dei problemi a livello di attitudine, grinta e applicazione. Questo almeno tra i giocatori di movimento, i quali appaiono incapaci di inserire quella marcia in più dentro la propria testa che alza i giri nelle gambe, insomma la tipica situazione del “vorrei ma non posso”.
Qualche segnale di difficoltà lo manda involontariamente ma in maniera inevitabile anche la panchina, con un Ireland deciso a giocarsela a tre blocchi dopo pochi minuti, l’incapacità dello staff di cambiare “in corsa” e di trovare soluzioni tattiche alternative, come pure quella di riuscire a dare la scossa ai propri ragazzi.
Una volta di più è un Lugano “depresso” quello che si è visto in pista a Friborgo, partito bene ma scioltosi alla prima difficoltà, e questo non è assolutamente da Lugano, quella squadra che delle difficoltà aveva fatto la propria forza, facendosi primo portatore di resilienza. Non scriveremo qui oggi la parola “crisi”, panicare è vietato e controproducente. Certo è che però i problemi ci sono, sono sotto gli occhi di tutti e vanno monitorati da vicino. Basterà la vivacità di Haapala?
IL PROTAGONISTA
Julien Sprunger: Non è più lo Sprunger di una decina di anni fa, quello che non era ancora stato toccato da tutti quei problemi legati alle commozioni cerebrali, ma rimane pur sempre l’anima del Friborgo.
Trova il game winning gol in un momento importantissimo e porta pericoli costanti all’incerta difesa bianconera. Per il Friborgo è quel leader e quella luce che in questo momento stanno mancando al Lugano.