LUGANO – LANGNAU
1-4
(0-1, 0-1, 1-2)
Reti: 17’01 Salzgeber (Grossniklaus, Diem) 0-1, 21’20 Olofsson (Grenier) 0-2, 45’12 Pesonen (Saarela) 0-3, 47’29 Traber (Loeffel) 1-3, 51’20 Olofsson (Schilt) 1-4
Note: Cornèr Arena, 4’761 spettatori. Arbitri Hürlimann, Stolc; Cattaneo, Duarte
Penalità: Lugano 2×2′, Langnau 3×2′
Assenti: Daniel Carr, Timo Haussener (infortunati), Davide Fadani, Loic Vedova (sovrannumero)
LUGANO – È durato lo spazio di un quarto d’ora scarso il pensiero che il Lugano fosse lanciato verso una partita “vera”, ossia dove avrebbe fatto vedere a tutti la sua nuova pelle, con il Langnau vittima annunciata. E invece quel quarto d’ora scarso ha avuto un’interruzione improvvisa, come se si fosse improvvisamente spenta la luce su un Lugano che in quel frangente aveva fatto vedere ottime trame di gioco, fluide, ficcanti e pericolose, attirando più di un applauso dalla platea.
Un black out improvviso e che è durato per i restanti quarantacinque minuti (salvo qualche cambio dopo la rete di Traber), addirittura traumatico in alcuni casi per come il Langnau dell’ex allievo Jason O’Leary è penetrato nell’ingenuità bianconera con alcune azioni da manuale.
La squadra dell’Emmental non si è inventata nulla, se non le solite basi di grandissima grinta e lavoro per sorreggere i propri top player, quelli che come Olofsson e Pesonen hanno fatto la differenza con tre reti su quattro. Il contrario di ciò che avveniva tra le fila dei giocatori di Chris McSorley, completamente slegati, distanti uno dall’altro e incredibilmente imprecisi e senza idee.
Il coach si è prodigato in panchina, ha dispensato indicazioni per tutta la partita, ha chiamato un time out su una situazione di doppia superiorità numerica per il Lugano intuendo che quello potesse essere il momento giusto per ribaltare la situazione, ma niente. Semplicemente dall’altra parte non arrivavano i messaggi, oppure erano quelli sbagliati per risollevare il gruppo e riportarlo sulla carreggiata intrapresa nel primo promettente periodo.
Va detto, non si è salvato quasi nessuno sul piano delle prestazioni individuali, se non Bertaggia e Fazzini sempre attivi e decisi in tutti i modi di fare qualcosa per invertire la tendenza e un Schlegel che ancora una volta ha tirato fuori interventi importantissimi, seppure stavolta invano.
Lo ha ribadito nel dopo partita Chris McSorley, scuro in volto, la durata del processo di cambiamento sarà determinata dal lavoro di tutti ma per primo il coach si sente responsabile per quello che i suoi giocatori esprimono sul ghiaccio.
È stato difficile (o lo sarà) anche per lui capire come il suo Lugano sia crollato così all’improvviso, figuriamoci per chi segue dall’esterno, quel che è sicuro è che questa squadra nelle prime due partite di campionato ha fatto dei passi indietro rispetto alla Champions Hockey League – che no, non è campionato ma rimane una competizione importante con partite di livello – e sarà compito proprio del canadese riportare i suoi ragazzi sui binari giusti e con le parole giuste.
Non è un processo, non ci immagineremmo mai di farlo dopo due partite due di campionato su un lavoro che può anche durare mesi, ma è stato davanti agli occhi di tutti come il Lugano venerdì sera abbia sbandato tutto d’un colpo, con alcuni suoi uomini più rappresentativi autori in parte anche di una partita disastrosa.
L’immagine è soprattutto quella di capitan Arcobello, che ha giocato tantissimi dischi prendendosi le sue responsabilità, ma è stato autore di una marea di errori banali e pericolosi. Anche Alatalo e Loeffel non hanno certo brillato, mentre sono stati praticamente invisibili Thürkauf e Boedker, nonostante un paio di bei passaggi del danese.
Ora la squadra bianconera avrà tempo fino a martedì per preparare la sfida di Porrentruy contro il neopromosso Ajoie, sperando di recuperare Daniel Carr e soprattutto di non sottovalutare gli entusiasti giurassiani in casa loro. Perché in caso contrario potrebbe scaturirne un’altra brutta sorpresa.
IL PROTAGONISTA
Jason O’Leary: L’allievo che supera il maestro. L’ex assistente di Chris McSorley ha impartito una vera lezione al Lugano, giocando una gara energica, combattiva e con il giusto cinismo per sfruttare al massimo il potenziale dei propri stranieri.
Alla sua prima panchina di National League il canadese ha lanciato un bel segnale a tutti.
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