LUGANO – Una sofferenza durata fino all’ultima sirena liberatoria, con l’inopportuna penalità di 2’ + 10’ trovata da Lajunen a contribuire ai mal di pancia sulle tribune e a tenere incerta la partita anche quando era il caso di gestirla con testa.
Una testa che il Lugano sembra perdere in alcuni frangenti, proprio come in occasione della penalità del numero 24 proprio al 58’, quando il Davos si apprestava a lanciare l’assalto finale. Una testa che spesso va in “crash” senza preavviso alcuno e che genera momento di puro caos e mala gestione, ma nel contempo riesce anche a tirare fuori il meglio da alcune partite che sembrano destinate piuttosto male.
La sfida pomeridiana del weekend grigionese del Lugano non era partita sotto belle premesse, con i bianconeri timidi, legati e impacciati, inspiegabilmente in una partita di fondamentale importanza come questa, la tipica partita da 6 punti.
E in effetti a guardare le prestazioni dei singoli ci sarebbe di che mettersi le mani nei capelli, per errori, indecisioni e una incredibile mancanza di impatto sul gioco da parte di molti importantissimi interpreti, basti dire che fuori dal primo blocco di McIntyre, la produzione di gioco offensivo a 5 contro 5 è stata praticamente inesistente.
Un aspetto su cui Pelletier dovrà sicuramente lavorare sodo, perché in momenti come questi è comprensibile forzare gli uomini migliori – nel terzo periodo il coach bianconero ha giocato a tre linee più Walker – ma se appena si dovesse inceppare anche quell’unico blocco che sa ancora decidere le partite, ecco che allora sarebbe buio pesto.
In fondo la partita il Lugano l’ha giocata così, in contenimento sulle giocate del Davos, che ha controllato almeno due terzi di sfida, cercando anche con buon successo di limitare le scorribande più pericolose dalle parti di Schlegel, peccando di mancanza di protezione soprattutto nel primo quarto d’ora ma poi riuscendo meglio a coprire lo slot.
Chiaramente la tattica del “primo non prenderle” ha anche i suoi aspetti negativi, come quello di avere sempre la squadra sbilanciata all’indietro incapace poi di prendere il vantaggio nei contropiede, e questo ha accentuato ancora di più la fatica che i bianconeri hanno fatto per crearsi occasioni nitide davanti a Van Pottelberghe.
Addirittura le più “facili” sono arrivate nel terzo periodo dopo il vantaggio di Klasen – l’unico in grado di accendere la luce con costanza – ma in questi casi la mancanza di sicurezza nei propri mezzi, l’incapacità di tirare a botta sicura o a occhi chiusi invece di perdere tempo ad aggiustare il disco e prendere la mira (sbagliandola) non ha fatto che accrescere la sofferenza.
Significativo il fatto che il Lugano abbia dovuto attendere quasi tre partite per tornare a segnare una rete a cinque contro cinque, come è significativo che quasi un terzo dei tiri dei bianconeri siano usciti dallo specchio della porta.
Insomma è una questione non tanto o solamente di schemi, ma anche e soprattutto di tranquillità, fiducia e coraggio nel prendere le decisioni, fattori che al momento latitano. Insomma, qualcuno potrebbe eccepire che il Lugano ha comunque vinto e tiene in vita le speranze di accedere ai playoff, qualcosa di buono lo avrà pur fatto.
Eccome se lo ha fatto. Intanto ha battuto finalmente la sua bestia nera, ha trovato la forza di vincere una partita difficile e messa male sul piano del gioco, e alla fine ha mostrato carattere e sacrificio per resistere all’assalto finale degli ospiti.
In tutto questo c’è il fatto di aver vinto tre partite su quattro (a tre punti alla volta), una cosa che al Lugano di novembre-dicembre non era nemmeno pensabile chiedere. Certo, la situazione a poco più di un turno dal termine della regular season rimane difficilissima e c’è poco da fare i raffinati o gli schizzinosi per la maniera con la quale il Lugano riesce comunque ad incamerare punti importanti e piangere sul latte a lungo versato è ormai inutile.
L’importante è che la squadra di Pelletier trovi la maniera di rimanere aggrappata il più possibile verso l’alto, e qualunque possa essere il verdetto finale della classifica dopo cinquanta partite dovrà incamerare più punti possibili senza più incappare in serate come quelle di venerdì all’Eisstadion.
Non è un compito facile e lo si sapeva, il Lugano somiglia a un’intelaiatura fragile e dai pezzi portanti molto contati, dove si va a toccare qualcosa per cercare di migliorare si rischia solo di fare danni dall’altra parte. Ma per ora va bene così, che ci sia perlomeno il cuore e qualche punto importante.
IL PROTAGONISTA
Linus Klasen: Lo svedese è indubbiamente assieme a McIntyre il giocatore più in forma del momento a Lugano e lo ha dimostrato domenica pomeriggio con una partita a tutta pista.
Si è sbattuto, ha portato via dischi della difesa ed è stato l’unico a creare impulsi offensivi continui, culminati con il game winning gol in entrata di terzo tempo. Tutto un altro giocatore rispetto a qualche mese fa.
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