LUGANO – GINEVRA
2-3
(2-0, 0-1, 0-2)
Reti: 11’27 Bennett (Riva, Kaski) 1-0, 14’45 Zanetti (Arcobello, Granlund) 2-0, 31’49 Omark (Praplan, Smirnovs) 2-1, 48’50 Le Coultre (Richard) 2-2, 49’40 Hartikainen (Richard) 2-3
Note: Cornèr Arena, 4’623 spettatori
Arbitri: Kohlmüller, Stolc; Cattaneo, Wolf
Penalità: Lugano 2×2′, Ginevra 2×2′
Assenti: Calle Andersson, Daniel Carr, Julian Walker, Stephane Patry, Thibault Fatton (infortunati), Brett Connolly (ammalato) Gregory Bedolla, Nicolò Ugazzi, Jari Näser, Davide Fadani (Rockets), Riccardo Werder (squalificato)
LUGANO – Uscire da una partita del genere senza intascare nemmeno un punto non è un peccato, bensì quasi un delitto. E la colpa ovviamente va al Lugano, incapace di nuovo di dare seguito a una buona premessa, lasciando scivolare le via la partita dalle proprie mani in un film già visto, con la negatività degli episodi e una testa che non ha la necessaria lucidità a far fronte a certe avversità.
Praticamente nella partita contro il Servette si sono visti i due volti opposti di questo Lugano, quello del Dottor Jekyll e Mister Hyde, da un primo tempo addirittura sontuoso in alcuni frangenti, ma nel complesso veramente eccellente per qualità e sforzo collettivo, a un terzo periodo giocato anche in maniera sciagurata, autolesionista e con poca, pochissima personalità.
Dalla sconfitta di Zurigo a venerdì, qualche timore nell’incontrare il Ginevra sicuramente nell’ambiente c’era, perché le fragilità dei bianconeri hanno sempre facilitato le goleade degli avversari e quindi non si partiva con premesse proprio ottimiste di fronte ai granata. Invece il Lugano ha smentito perlomeno alla partenza questi timori, giocando con sicurezza, autorità e buone trame offensive, tanto da schiacciare la capolista nel suo terzo per diversi cambi, trovando un vantaggio di 2-0 che per assurdo sembrava pure stretto per quanto i ragazzi di Gianinazzi avevano proposto.
Non doveva incutere nemmeno una grossissima paura il fatto che gli ospiti fossero riusciti a dimezzare lo scarto nel secondo periodo, sfruttando il primo grossolano errore di una lettura difensiva fino a lì quasi ineccepibile da parte dei padroni di casa, il Lugano del primo tempo sarebbe riuscito comunque a contenere il ritorno delle aquile.
Anche quel power play superato a cavallo della seconda pausa ha fatto pensare che forse i bianconeri potessero gestire la partita e colpire in contropiede per “uccidere” il match, ma fino a lì non si era ancora fatto i conti con la fragilità emotiva e mentale di una squadra cui basta un episodio negativo per collassare.
L’episodio nel suo genere è stato l’autogol sfortunatissimo di Guerra che con il pattino ha deviato alle spalle di Koskinen un disco destinato ad uscire di almeno un metro, e da lì è calata l’ombra. Anche sui visi dei giocatori, ha fatto notare qualcuno leggendone il linguaggio non verbale, che dopo il 2-2 sono tornati mestamente in panchina con la testa bassa, quasi trascinandosi.
Da lì non è più stato lo stesso Lugano, seppure il Ginevra avesse già alzato il ritmo, ma dopo il 2-2 sono fioccati subito i black-out, con conseguenza il 2-3 di Hartikainen che ha sfruttato un’incomprensione difensiva di tutta la linea bianconera in pista, andandosene con la potenza di un cingolato a battere il portiere connazionale con il gol decisivo.
Di tempo ce n’era ancora per il Lugano e qualche occasione Arcobello e compagni se la sono ancora creata ma, ad immagine dell’ultimo ghiotto power play e del forcing finale in 6 contro 5, era la testa a non esserci più. Decisioni affrettate, complicazioni superflue, incomprensioni e anche una certa dose di sfortuna – a cui però non si può sempre chieder conto – hanno stoppato la volenterosa ma confusa rimonta dei padroni di casa.
Lo si era già detto, senza l’apporto di alcuni uomini chiave al momento ancora “surgelati”, il Lugano non può pensare di terminare, o meglio portare avanti questo percorso, oltretutto in un periodo con così tante partite ravvicinate. Prima del derby che chiuderà la prima fetta di campionato c’è qualche giorno per ragionare, poi ci saranno i giorni giusti per cercare di veramente cambiare le cose, perché anche a colpi di ottimi primi periodi non si può andare avanti, le partite – banalità vera come il cielo – durano sessanta minuti, e anche il Lugano deve essere in grado di portarle fino in fondo.
IL PROTAGONISTA
Teemu Hartikainen: Per quarantacinque minuti abbondanti ci si è pure chiesti se fosse in pista, e a volte lo si vedeva smistare un puck alle assi o recuperarne altri dietro la porta. Poi, al primo sussulto possibile si incunea nella difesa del Lugano e fa calare il sipario sulla partita, con un gol tutto suo, di potenza e opportunismo, tanto per insegnare come si uccidono le partite. Una sentenza.