KLOTEN – LUGANO
5-2
(0-1, 5-1, 0-0)
Reti: 3’59 Marco Müller (Sekac) 0-1, 21’09 Meier (Smirnovs, Simic) 1-1, 24’21 Joly (Carr, Zohorna) 1-2, 25’48 Weibel (Niku, Diem) 2-2, 26’37 Aaltonen 3-2, 34’22 Ramel (Meyer, Meier) 4-2, 36’25 Ojamäki (Niku, Aaltonen) 5-2
Note: SWISS Arena, 5’360 spettatori
Arbitri: Kaukokari, Ströbel; Schlegel, Kehrli
Penalità: Kloten 2×2, Lugano 4×2
Assenti: Giovanni Morini, Calvin Thürkauf, Joren van Pottelberghe, Santeri Alatalo (infortunati), Adam Huska, Justin Schultz, Cole Cormier (sovrannumero)
KLOTEN – Così però non può essere sempre giustificabile. Passino gli infortuni pesanti, l’assenza del capitano, le difficoltà nel segnare e un po’ di frustrazione, ma ciò che ha messo in pista il Lugano sulla pista del Kloten non può e non deve essere spiegato con le situazioni descritte sopra, sarebbe troppo facile e ingannevole.
Perché una squadra che vuole uscire da un periodo di difficoltà – che per l’amor del cielo può capitare e capiterà a tutti – non può presentarsi sul ghiaccio come fatto contro Aaltonen e compagni, senza emozioni, senza alcuna voglia di ingaggio fisico, di mettersi in gioco e di prendersi responsabilità.
In pochissimi si salvano da questo nuovo naufragio collettivo, su tutti un Joly che si vede a distanza che non ci sta a farsi sopraffare da questa situazione, che ci prova in tutti i modi e che però alla fine deve accomodarsi mesto in panchina dopo aver predicato nel deserto, nonostante la sua linea con Zohorna e Carr risulti la più pericolosa.
Non inganni il gol di vantaggio con cui i bianconeri hanno chiuso il primo periodo, la rete infilata da Marco Müller è di fatto figlia di un regalo clamoroso di Ludovic Waeber, ma per il resto il Lugano non ha prodotto praticamente quasi nulla, chiudendosi sì davanti a Schlegel ma restando praticamente inoperoso da metà pista in su, come dire che questa squadra non è in grado di esporsi ed anzi ha paura di tutti quegli errori che ultimamente la stanno condannando a troppe sconfitte.
Di nuovo il topscorer sembrava in grado di suonare la carica dopo aver riportato avanti i bianconeri, ma quello che è successo da lì in avanti è stato a dir poco imbarazzante per una squadra come il Lugano. Del Kloten si è detto che è ben messo in pista, che è organizzato e tutto ciò che si vuole, ma le quattro reti successive degli aviatori arrivate nel giro di dieci minuti hanno messo in luce sotto gli occhi di tutti e senza scuse che tengano, l’atteggiamento remissivo e arrendevole del Lugano.
Dobbiamo sparare sulla Croce Rossa? Ci duole dirlo ma sì, perché a distanza di ventiquattro ore Calle Dahlström ne ha combinata un’altra con quel passaggio a tagliare in diagonale puntualmente intercettato da un Aaltonen piazzato in traiettoria, cosa sia successo nei successivi tre secondi lo potete tranquillamente immaginare.
Risulta inconcepibile capire come possa un giocatore del suo curriculum e del suo passato piazzare così puntualmente ad ogni partita degli errori tanto banali quanto gravi che puntualmente costano delle reti pesantissimi, che vanno ad incidere sull’esito delle partite o che addirittura le chiudono, come successo a Bienne, contro il Berna in casa, come successo venerdì sulla scia della sua assurda penalità e come accaduto ancora a Kloten con il game winning goal del topscorer zurighese.
Ricordiamo che altri difensori stranieri del passato sono stati messi in croce – non solo dai media – per molto meno, e sarà interessante vedere per quanto lo svedese godrà della fiducia non solo dell’allenatore ma anche di chi lo ha portato in squadra con la promesso che avrebbe stabilizzato il reparto difensivo.
Non è solo l’errore dello svedese a dare un’immagine della partita, ma ci mettiamo pure il 5-2 di Ojamäki, con il box bianconero completamente “disconnesso” e con l’uomo più vicino al finlandese piazzato a cinque metri intento a guardarlo mentre se ne andava a battere un fragile e abbattuto Schlegel, quest’ultimo sostituito da Dominic Nyffeler nel terzo periodo, quando non ha certo sfigurato.
Dieci minuti di delirio, di buio totale, naufragio collettivo, lo si chiami come si vuole, ma si spera che quei dieci minuti siano stati il punto più basso e che lo rimangano anche in futuro (magra consolazione) un lasso di tempo in cui anche la panchina e lo stesso Gianinazzi sono sembrati completamente in balìa degli eventi, incapaci di dare una scossa o di chiamare un time out – magari proprio dopo il 4-2 – per cercare di rimettersi in carreggiata.
Santa pausa, a questo punto, e in molti vedono Justin Schultz come il salvatore della patria. Certo, il curriculum del canadese parla per lui, ma non può essere un giocatore solo, per quanto forte e carismatico, a raddrizzare un’intera barca. È arrivata l’ora che il Lugano faccia i conti con se stesso, che i leader o presunti tali si palesino – quanto manca un Julian Walker a questa squadra – e che forse anche lo staff tecnico riveda alcune convinzioni – vedasi le situazioni speciali – o, chissà (forse siamo presuntuosi a pensarlo) cambi qualche metodo di approccio e motivazionale.
La squadra non è scarsa, non vogliamo far passare questo messaggio, perché un bel Lugano, dominante e determinato lo abbiamo visto all’opera più e quelle prestazioni non erano frutto del caso, ma erano immagini di una squadra compatta, unita e motivata. Una squadra che seppure aveva dei difetti, oggi non c’è più.
IL PROTAGONISTA
Miro Aaltonen: Non è un giocatore dal curriculum importante come alcuni avversari di sabato sera, non è una star del campionato, ma l’attaccante finlandese è stato capace di prendere per mano la sua squadra e di condurla alla vittoria, facendolo con una caratteristica che sull’altra sponda è mancata totalmente: la personalità da vero leader. Basta questo.