ZSC LIONS – LUGANO
4-1
(1-1, 3-0, 0-0)
Note: Hallenstadion, 7’979 spettatori. Arbitri Dipietro, Wiegand; Bürgi, Wüst
Penalità: ZSC Lions 5×2′, Lugano 5×2′
ZURIGO – Un tempo solo non può bastare per vincere certe partite, specie se davanti ti ritrovi la corazzata ZSC Lions come avversario di serata. Si pensava che i bianconeri questa lezione l’avesse appresa già nelle ultime uscite, quando i vari Zugo e Kloten avevano saputo approfittarne e i poveri Tigers quasi combinano lo scherzetto ai danni di Chiesa e compagni.
Invece no, perché dopo un primo tempo giocato tutto sommato alla pari con gli zurighesi, il Lugano ha di nuovo messo in mostra il peggio di se, in un disastroso secondo tempo nel quale gli uomini di Walsson hanno fatto il bello e il cattivo tempo, decidendo la contesa.
(© Berend Stettler)
Nella serata delle prime volte per Pestoni e Thoresen (due a caso), il Lugano ha mostrato buone cose solo nel terzo conclusivo, a latte ormai versato, senza però riuscire nella rimonta, sbattendo contro un Flüeler in formato saracinesca.
Il portiere dei Lions ha mostrato freddezza, concentrazione e un grande controllo dei propri rebound, tutto il contrario del suo dirimpettaio Manzato. Lungi dal voler addossare le colpe della sconfitta sul numero 84, ma è palese che non è in grande forma, e il suo stile di gioco molto statico, passivo in area e incontrollabile sui rebound, mette in difficoltà dei difensori abituati allo stile di Merzlikins, portiere molto più mobile e che diventa difensore aggiunto quando c’è da lottare nello slot basso sul limite dell’area di porta e da fare primi i passaggi.
Aldilà di questo, i bianconeri del secondo tempo hanno sbagliato l’80% delle uscite dal terzo, subendo il forecheck dello ZSC già nella propria zona, trovandosi così uno o più avversari sul portatore del disco e sempre con quei 30 centimetri di ritardo dal puck in entrata offensiva. Questo ha spianato la via ai padroni casa, in grado così di mettere sempre un uomo libero nello slot e di avere sempre un attaccante aggiunto nelle ripartenze.
(© Berend Stettler)
Insomma una fase di transizione a dir poco disastrosa da parte degli uomini di Shedden, incapaci di trovare vie centrali per attaccare e scoordinati nei movimenti tra difesa e attacco, dove i soli Ulmer e Wilson (impressionante la continuità di lavoro nonostante le poche partite nelle gambe) hanno saputo fare da vero collante tra i reparti.
Con Martensson a guidare il blocco e uno Zackrisson finalmente più propositivo e presente in fase offensiva – mentre Klasen fino al terzo tempo è stato ancora lezioso e ingenuo – stavolta sono stati gli svizzeri a mancare sul fronte offensivo, quarto blocco a parte. Brunner, Hofmann e Bertaggia (che sta attraversando un periodo di vuoto) hanno sbattuto sui difensori zurighesi che li hanno costretti a girare al largo dalla porta, solo il numero 98 ha avuto un paio di possibilità in power play, mentre Bürgler è stato neutralizzato dalla mancanza di dischi arrivati sulla porta.
A convincere poco stavolta sono anche delle scelte nel line up di Shedden che, schierando Gardner all’ala come sta facendo da qualche partita, nega al numero 51 di usare le proprie qualità migliori (vista anche la velocità non più quella degli anni migliori e mai stata il suo forte) e porta lo stesso Gardner ad andare spesso fuori posizione aggiungendosi al centro dove c’è Sannitz.
(© Berend Stettler)
A prova di questo il fatto che nel terzo conclusivo Gardner è tornato al centro di Fazzini e Bertaggia, ed è stato il momento in cui quella linea ha “prodotto” maggiormente o perlomeno ha marcato la sua presenza sul ghiaccio.
Il Lugano si trova in una situazione in cui gli infortuni determinano alcune difficoltà, ma è anche difficile dire in quale misura certi problemi siano causati da questo e quanto derivino da condizioni mentali, fatto sta che a preoccupare maggiormente sono gli errori individuali e di incomprensione nella gestione del disco.
In fondo il Lugano è messo in pista bene, c’è movimento e copertura degli spazi anche senza disco, le amnesie cominciano quando c’è da viaggiare a memoria e si sceglie l’uomo sbagliato a cui passare il disco o si attende quel secondo di troppo che porta fuori posizione tutto l’impianto. A irritare maggiormente è il fatto che magicamente, quando l’acqua comincia a scottare, i bianconeri dimostrano di saper già applicare un certo livello di gioco, vien da chiedersi perché debbano sempre passare 30-40 minuti perché ciò accada.
C’è da lavorare alla Resega, e anche se il tempo non stringe ancora, occorre concentrarsi il più possibile sugli approcci alla partita, e soprattutto non bisogna sottovalutare troppo i punti persi per strada, calcolando che quelli in trasferta del Lugano sinora sono 0 sui 9 a disposizione.
UN SECONDO TEMPO DA DIMENTICARE: Se nei primi 20 minuti il Lugano ha giocato alla pari dei Lions, e nel terzo conclusivo ha convinto maggiormente cercando invano la rimonta e mettendo in difficoltà gli zurighesi, il periodo centrale è stato un disastro completo.
Nulla ha funzionato in quei 20 minuti, in cui i bianconeri hanno perso dischi, uomini e preso penalità evitabili, fin troppa grazia per i tigurini, che con il loro arsenale offensivo non hanno fatto fatica a sfruttare certi regali e messo le reti decisive tra loro e gli ospiti.
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