LUGANO – Dopo che anche il vocabolario Treccani ha adottato il termine “balotellata”, riferendosi ai gesti sconsiderati del calciatore italiano, potremmo sentirci quasi autorizzati a richiedere che venga registrato il termine “luganata”.
Sì, perché dopo la sconfitta di venerdì contro il Langnau, ci è mancato pochissimo che i bianconeri si ripetessero, addirittura in uno scenario ancora più surreale contro un Rapperswil che è rimasto in piedi grazie alle numerosissime occasioni sprecate dal Lugano in maniera che definire scellerata è gentile.
Rischiare così tanto in partite del genere, sprecando così tanto è diventato quindi un certo marchio di fabbrica di questo Lugano, ecco il perché del termine, tanto da far soffrire il pubblico fino alla sirena finale nemmeno si trattasse di finali playoff.
In fondo anche questo è un tema, perché ogni partita di questo 2020 è una finale per il Lugano, sempre alla disperata rincorsa di un agognato posto tra le elette, e se non basta – per ora – essere la migliore squadra del nuovo anno (perché così è, nonostante le “luganate”) è perché le colpe vengono da più lontano.
È anche vero che nel primo periodo il Lugano non sempre è sembrato quello da cottura al microonde di Serge Pelletier, tanto che Nyffeler ha dovuto superarsi in più di un’occasione, ma proprio lì i bianconeri avrebbero già dovuto chiudere i conti contro un avversario che ha avuto argomenti solo con Cervenka in pista.
Almeno sette le occasioni chiare da rete gettate anche molto malamente alle ortiche dai padroni di casa, surreale vedere poi i Lakers andare in vantaggio con un’autorete di Jecker a dir poco clamorosa per la sfortuna del difensore.
Insomma i bianconeri con il passare dei minuti si sono innervositi non riuscendo più a costruire con fluidità ritmo, ma nonostante questo nel secondo periodo sono stati capaci di tirare ben 20 volte addosso a Nyffeler, trovando il gol solo al 32esimo tentativo grazie a Bertaggia.
È innegabile che alla maggior parte degli attaccanti bianconeri in questo momento non trovare la rete pesi parecchio, basti vedere i movimenti e le incertezze davanti alla porta, a volte persino spalancata, e non ci si capacita di come alcuni cecchini siano così tanto fuori forma dal lato realizzativo.
In una serata dove anche McIntyre per una volta ha fatto più fatica del solito – anche il canadese ha un paio di chances sulla coscienza – e solo Klasen è sembrato avere delle idee chiare sul da farsi oltre la linea blu, ha trovato però il modo di sbloccarsi Reto Suri, con il game winning gol del 2-1 in entrata di terzo periodo – proprio come lo svedese contro il Davos – dopo che il numero 9, pur sbattendosi a destra e a manca ha sbagliato quasi tutto quello che c’era da sbagliare.
Dopo la rete dell’ex Zugo si è quindi rivisto il Lugano da microonde, quello che va soprattutto sulla difensiva, facendosi schiacciare però troppo in alcuni frangenti dalle trame disegnate dal primo blocco sangallese, l’unico in grado di pungere.
Questo è un altro aspetto che descrive il Lugano di questo periodo, spesso bravo a tenere fuori dallo slot gli avversari e a proteggere Zurkirchen, ma che poi pecca di coraggio e personalità calandosi fin troppo nel ruolo ultra difensivo, rischiando pure di gettare tutto al vento.
È un Lugano che salvo “luganate” riesce in qualche maniera a portare a casa un bottino di punti non indifferenti e va dato atto di saperlo fare anche giocando praticamente a una linea, perlomeno in fase offensiva. Se questo è un merito nelle vittorie diventa però anche un pericoloso trend a lungo andare e abbiamo già visto che quando Klasen, Bertaggia o McIntyre non solo lì a togliere le castagne dal fuoco è presto fatto a bruciare anche la pentola.
Insomma Serge Pelletier e i suoi ragazzi per ora possono essere soddisfatti dei frutti raccolti, senza mai distogliere lo sguardo dall’obiettivo, ma come già ribadito il coach svizzero-canadese deve lavorare per trovare contromisure alla magra di alcuni uomini di punta, ancora una volta molto sotto tono. Anche perché la mentalità da “riccio” per ora paga, ma fino a quando non si sa.
IL PROTAGONISTA
Reto Suri: L’attaccante numero 9 è in fondo un po’ il simbolo di questo Lugano. Si è sbattuto per tutta la partita, bloccato dischi, pattinato per chilometri e lavorato alle assi, poi ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare in attacco, con passaggi da mano nei capelli e entrate in offside al limite dell’assurdo.
Ha tanta volontà l’ex dello Zugo, ma non gioca con la necessaria tranquillità e fiducia come tanti altri suoi compagni. Per una sera però la firma più importante ce l’ha messa lui, in una partita che era diventata tremendamente complicata, e questo conta più di ogni cosa.
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