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Ambrì Piotta

Il Lugano ha più coraggio e si impone in un derby che scotta

I bianconeri si impongono nel giorno del rientro di Thürkauf. Partita di basso livello tecnico, la squadra di Gianinazzi ne esce grazie alle giocate dei leader

Il Lugano ha più coraggio e si impone in un derby che scotta

LUGANO – AMBRÌ

3-1

(1-1, 1-0, 1-0)

Reti:07’02 De Luca (Maillet) 0-1, 13’11 Joly (Carr) 1-1, 35’37 Arcobello (Zohorna) 2-1, 46’11 Fazzini 3-1

Note: Cornèr Arena, 6’733 spettatori
Arbitri: Hebeisen, Kaukokari; Urfer, Schlegel
Penalità: Lugano 4×2 + 1×5, Ambrì 3×2 + 1×5 + 2×20

Assenti Lugano: Giovanni MoriniJoren van Pottelberghe (infortunati), Adam HuskaNick MeileCalle DahlströmAleksi PeltonenCole Cormier (sovrannumero)

Assenti Ambrì: Isacco DottiSimone TerraneoJanne JuvonenWilliam Hedlund (sovrannumero)

LUGANO – Vae Victis, guai ai vinti. Questo secondo derby stagionale aveva questa spada di Damocle sulla testa delle due squadre, chi lo avrebbe perso avrebbe continuato nel suo buco nero, il vincitore avrebbe invece trovato una boccata d’ossigeno più frizzante delle partite normali.

Vincerla per il Lugano si è rivelata la miglior partita da giocare in questo periodo difficile, ovviamente per l’Ambrì Piotta si scopre che era la peggiore da affrontare in un filotto di otto (oggi nove) sconfitte nelle ultime dieci giornate. Certo, il Lugano non è che tutto a un tratto si ritrova fuori dal pantano, ma la prestazione dei bianconeri – o perlomeno quei fattori che gli hanno permesso di trovare la vittoria – pesano discretamente su un possibile “risveglio” della squadra di Luca Gianinazzi.

Il rientro di Calvin Thürkauf da una parte aveva un’importanza enorme, ma per fortuna – paradossalmente – la sua prestazione non è stata decisiva ai fini della vittoria. Spieghiamoci, il Lugano ha vinto il derby grazie a una maggior determinazione e convinzione dell’Ambrì Piotta, con qualche idea in più e grazie a un line up finalmente più strutturato grazie al ritorno del capitano. Ma il fatto che lui stesso non abbia inciso da protagonista sulla vittoria (ovviamente deve ritrovare ritmo) significa che i bianconeri hanno trovato forze in altri uomini per centrare questi tre punti.

Queste forze sono state trovate negli altri leader – o presunti tali – da un Joly a volte incontenibile, spettacolare sull’1-1 e sull’assist per il 3-1 di Fazzini, da Arcobello e dallo stesso numero 17. Gli ultimi ultimi due citati forse non hanno disputato una partita di grande rilievo nel suo complesso, ma al momento di tirare fuori le classiche castagne dal fuoco non hanno avuto paura di sporcarsi o di scottarsi le mani.

Sull’altro fronte invece, quello leventinese, le idee sono durate lo spazio di un quarto d’ora nel primo periodo, quando sul piano di solidità e manovra l’Ambrì è sembrato superiore al Lugano, anche per numero di duelli individuali vinti, ma poi tutto è scomparso nel caos del secondo periodo.

Venti minuti, quelli centrali, a tratti di una bruttezza raramente vista negli ultimi tempi, due squadre con poche idee e con la paura di metterle in atto, ma perlomeno con la giusta dose di virilità sul ghiaccio, il che appare perlomeno il minimo.

Ma dalla parte bianconera perlomeno i leader hanno indicato la via e in molti si sono sacrificati – ben venti tiri bloccati – in un contesto che ha messo bene in evidenza le difficoltà delle due squadre, dal lato biancoblù le guide della squadra sono sembrate completamente in balìa degli eventi.

Virtanen ci ha provato ma sbagliando tantissimo, Maillet ha mostrato i suoi ormai conosciuti limiti, Heed ne ha azzeccate ben poche e di Kubalik ci si è accorti con un tiro a lato dopo metà partita. Solo DiDomenico, almeno sul piano caratteriale, ha provato a tirare fuori qualche emozione, portata più che altro dalla frustrazione della sconfitta, ma anche il canadese non è riuscito a cambiare il volto di un Ambrì Piotta troppo remissivo per essere quello conosciuto.

È vero che il Lugano si è mostrato solido e compatto davanti a Schlegel dopo il vantaggio di Arcobello, ma è stato palese, anche parlando di un secondo periodo confusionario, come alla squadra di Cereda siano mancate completamente le idee dalla linea rossa in avanti, e il Lugano ha avuto vita facile nel tenere fuori gli attaccanti dallo slot. In quel caso la squadra di Gianinazzi ha finalmente applicato uno stile più diretto nel gestire i dischi nello slot, senza troppi fronzoli, diminuendo i rischi nel proprio terzo.

Luca Gianinazzi può sorridere, ha ritrovato capitano e vittoria nel derby in un colpo solo, ma guai a pensare – di nuovo, Bienne insegna – che da oggi la strada sia spianata, perché sul piano del gioco anche il Lugano ha mostrato grossi limiti e un disordine in transizione a volte veramente inspiegabile. È vero che forse il disco scottava più di altre volte, ma per risalire la china, già da sabato a Zurigo, sul piano della disciplina servirà ben altro spartito. Da verificare inoltre le condizioni di Mirco Müller, che dal secondo tempo non si è più visto.

L’Ambrì Piotta da par suo si lecca le ennesime ferite, i biancoblù hanno proposto una prestazione che tolti i primi quindici minuti non può non preoccupare, per mancanza di idee, di costanza e determinazione.

La mancanza di impulsi dai leader e dagli stranieri a questo punto si fa piuttosto seria, perché venerdì sera nessuno è sembrato in grado di avere nelle mani i colpi per invertire la tendenza già dopo l’1-1 di Joly. E anche se non si vuole panicare, sarà meglio guardarsi le spalle dall’Ajoie, perché il periodo che attende Pestoni e compagni è di quelli tosti. Non bastasse già questo.


IL PROTAGONISTA

Michael Joly: Il topscorer bianconero si dimostra ancora l’uomo in più del Lugano, quello in grado di cambiare le partite con le sue giocate. Fondamentale il suo gol del pareggio ancora nel primo tempo, da rivedere il movimento con cui “cucina” l’assist per il 3-1 di Fazzini. Dal nulla sa tirare fuori giocate micidiali, e per qualche difensore biancoblù ci sono stati dei cambi molto difficili da affrontare.


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