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Lugano

Il Lugano è travolto dall’onda del nuovo Friborgo

Sotto di due reti i bianconeri lottano ma non riescono nella rimonta e crollano nel finale. Si ferma a sole due vittorie la mini striscia positiva dei bianconeri

(Photobrusca & Luckyvideo)

Il Lugano è travolto dall’onda del nuovo Friborgo

LUGANO – FRIBORGO

1-5

(0-2, 0-0, 1-3)

Reti: 02’14 Sprunger (Sutter, De la Rose) 0-1, 07’32 Sprunger (De la Rose, Diaz) 0-2, 45’19 Vey (Wallmark, Gunderson) 0-3, 48’30 Nicolet (Streule, Sörensen) 0-4, 50’28 Sörensen (Vey, Wallmark) 0-5, 53’50 Cormier (Aebischer, Dahlström) 1-5

Note: Cornèr Arena, 5’614 spettatori
Arbitri: Hürlimann, Hungerbühler; Huguet, Steenstra
Penalità: Lugano 3×2, Friborgo 2×2

Assenti: Giovanni MoriniJoren van PottelbergheMirco MüllerRadim Zohorna (infortunati), Adam HuskaLeandro HausheerLiekit Reichle (sovrannumero)

LUGANO – Ci sono ancora troppe fragilità in questo Lugano perché la squadra bianconera possa permettersi di inanellare una serie di vittorie con personalità e sicurezza. Lo ha detto la sfida contro il Friborgo, che di fatto ha fermato a due le partite vinte consecutivamente da Fazzini e compagni, ma seppure il risultato possa ricordare certi fantasmi, bisogna scindere quello che è successo in questa domenica pomeriggio dalle impressioni di aver ritrovato il Lugano del 2024.

Prima di tutto vanno riconosciuti i meriti agli avversari, tutta un’altra squadra rispetto a quella vista all’opera – e comunque vincente – in quella famosa, triste e vergognosa serata conclusasi a parole forti. Lars Leuenberger ha dato un colpo magistrale al morale del Gottéron, oltretutto lanciatissimo dal successo alla Coppa Spengler e reduce da una solidissima vittoria contro gli ZSC Lions.

(Photobrusca & Luckyvideo)

Sì, vanno dati i meriti al Friborgo perché ha interpretato la gara come meglio non avrebbe potuto fare, mettendo un ritmo altissimo ai suoi cambi e trascinato di nuovo dai suoi leader e anche da un pizzico (o anche più) di aiuto dalla Dea Bendata, anche se non è certo stata lei al centro dell’1-5 dei dragoni. I meriti vanno riconosciuti, e la solidità con cui una squadra si muove sul ghiaccio va a definire anche il grado di difesa dell’avversario, proprio come successo pochi giorni fa quando tessevamo le giuste lodi del Lugano vincente a Berna.

Stavolta i bianconeri hanno faticato loro stessi sul ritmo degli ospiti, andati a segno praticamente ai primi due tiri, complici un cambio mal gestito e una parata sfortunatissima di Schlegel, i quali hanno impedito per più volte a Joly e banda di passare per vie centrali nei loro attacchi verso il solidissimo Reto Berra.

Il “merito” dei bianconeri dopo quel momento è stato quello di non aver panicato, ma di riuscire a rialzare la testa e a fare gioco pari del Friborgo, sempre però con quel cruccio di dover faticare di più per arrivare nello slot, ma riuscendoci in alcune occasioni che avrebbero meritato miglior fortuna (o mira) come nei casi con Thürkauf, Sekac e Patry.

Il momento decisivo della partita però è arrivato molto più in là, dopo un periodo centrale meglio controllato dagli ospiti, il Lugano è andato sotto in entrata di terzo tempo, e la frustrazione di non aver saputo fino a lì di rientrare nel risultato ha probabilmente gettato più di un giocatore nello sconforto.

Lo 0-3 è stato probabilmente il vero masso di confine della partita per una squadra che a quel punto è ricaduta in vecchi piccoli fantasmi, dopo una partita ad inseguire ma comunque con una certa fiducia di poter riuscire a risalire la china. Fantasmi che hanno riproposto vecchi errori difensivi e confusione nel gioco, complice anche il periodo di magra e imprecisione che stanni attraversando alcuni giocatori, su tutti un frettoloso Joly (uscito malconcio nel finale) e capitan Thürkauf, anche lui lontano dalla giusta dose di lucidità che ne aveva fatto il grande giocatore dei tempi passati.

(Photobrusca & Luckyvideo)

È vero che il terzo periodo ha riportato a galla molte fragilità del Lugano, ma paragonare questa squadra con quella in piena burrasca di un mese fa è quantomeno ingeneroso oltre che sbagliato. Quel Lugano scendeva in pista completamente disunito, con i giocatori a pascolare e nessuno in grado di tirare fuori una giocata o di dare l’esempio, mentre oggi, anche di fronte a una sconfitta, non bisogna mancare di sottolineare come la squadra sia comunque scesa in pista con la giusta attitudine e la voglia di fare bene, altrimenti si rischia di cadere nel pretestuoso, di fronte pure a un risultato numerico in parte bugiardo.

È ovvio che l’ennesima sconfitta bruci e lasci il Lugano sul fondo della classifica, ma se i bianconeri hanno scelto di percorrere una strada – per una volta una scelta coerente – allora sarebbe scellerato pensare che ora vada buttato via tutto dopo quei segnali visti nelle scorse partite. La cosa fondamentale è che la squadra corregga certi difetti ormai quasi congeniti senza mai dimenticare cosa la deve portare sul ghiaccio: attitudine e spirito di sacrificio, sempre.

Perché la bacchetta magica non ce l’ha nessuno, è un avviso che vale per tutte le parti in causa, anche per chi credeva che bastassero tre o quattro partite per uscire dal fango.


IL PROTAGONISTA

Marcus Sörensen: La cura Leuenberger ha rivitalizzato anche l’attaccante svedese, tornato improvvisamente quello di un tempo. Con il disco sul bastone può inventare qualunque cosa in qualunque momento, e in intesa con il connazionale Wallmark si è dimostrato una spina nel fianco imprendibile per i bianconeri. Se si accende lui, si accende tutta la squadra, e questa è una bella differenza per gli equilibri in pista.


HIGHLIGHTS

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