DAVOS – LUGANO
4-0
(2-0, 1-0, 1-0)
Reti: 7’33 Jung (Nussbaumer) 1-0, 16’50 Nussbaumer (Näkyvä) 2-0, 30’05 Wieser (Corvi) 3-0, 46’39 Ambühl (Rasmussen) 4-0
Note: Eisstadion, 5’004 spettatori
Arbitri: Lemelin, Ströbel; Burgy, Urfer
Penalità: Davos 3×2, Lugano 3×2
Assenti: Thibault Fatton (sovrannumero), Leandro Hausheer, Stephane Patry, Cole Cormier, Markus Granlund (infortunati)
DAVOS – Partiamo con le ovvietà, ossia che il Lugano non può permettersi di andare avanti a subire quattro reti a partita. Nessuno può permetterselo, ancora di meno una squadra che porta in dote il potenziale dei bianconeri, che ad oggi continua ad essere sprecato in un sali e scendi tra mediocrità e improvvisi sussulti d’orgoglio e speranza.
No, il Lugano non può pensare di portare avanti un campionato del genere, ma ad oggi la squadra di Gianinazzi mostra ancora troppi limiti perché possa pensare di decollare definitivamente, questo sempre esulando da un potenziale che rimane elevato, aldilà dei limiti individuali di alcuni.
Lo avevamo usato da avvertimento dopo la corroborante vittoria sul Ginevra: attenti perché le difficoltà in retrovia non sono sparite e difatti una squadra come quella grigionese che fa del forecheck alto al limite del rischio e del pattinaggio continuo ha ancor di più messo a nudo queste lacune.
Poi succede anche che nei momenti di difficoltà si vorrebbe contare su un portiere affidabile e sicuro, cosa che Mikko Koskinen oggi come oggi non riesce a garantire – sempre in attesa di vedere Niklas Schlegel più spesso sul ghiaccio – e allora certe sfide non possono proprio essere vinte.
In fondo il Davos, pur con tutto il suo pattinare a volte schizofrenico, ha lasciato spesso i fianchi scoperti al Lugano, nel primo periodo i bianconeri avrebbero avuto tutte le possibilità per indirizzare la sfida nella propria direzione in un contesto “elastico” dove si passava da una transizione e l’altra.
Non era irresistibile la squadra di Holden, ma il Lugano è stato decisamente peggiore nei dettagli, un po’ sulle reti sprecate e il resto diviso tra posizionamenti difensivi completamente sbagliati – il 4-0 di Andres Ambühl, seppure ininfluente, è l’immagine di tutto questo – uscite dal terzo tagliate e una sfida tra portieri vinta senza appelli da Aeschlimann.
Il portiere del Davos ha dato sicurezza, si è mosso sempre con precisione nello slot, mentre Koskinen ha cominciato con gli interventi di successo sul 3-0, dopo l’errore grave sul 2-0 e dei movimenti che hanno sempre causato più di uno spavento ai suoi compagni, sintomo di poca serenità.
Sul discorso dei difensori c’è poco da dire, il solo Peltonen si è salvato ancora, LaLeggia ha mostrato ancora tutti i suoi limiti e in generale nel reparto c’è troppa insicurezza nel gestire le uscite dal terzo. Davanti è stata soprattutto la linea di Thürkauf a creare di piu e con regolarità, anche se a un certo punto Ruotsalainen ha ingaggiato un bel duello con Aeschlimann, ma tra lui e Fazzini si sono sbagliate le occasioni giuste per rientrare in partita quando il risultato era ancora di 2-0 e perfettamente recuperabile.
Il Lugano questa partita l’ha persa soprattutto per limiti suoi, per i problemi di gioco e per l’inefficacia dei singoli in alcune posizioni chiave, e per questo comprendiamo come anche per Luca Gianinazzi sia difficile portare avanti un processo di cambiamento. Però, e di nuovo con l’umiltà da esterni, ci permettiamo di essere perlomeno perplessi sulla bontà di un sistema che sul piano difensivo crea più disordine che altro e torniamo a chiederci se questo Lugano può essere effettivamente quello che il coach ha nella sua mente con i giocatori a disposizione, le loro caratteristiche e i loro limiti.
Forse alcuni si ricordano ancora del Lugano allenato da Zinetula Biljaletdinov di oltre venti anni fa, le cui partite si alternavano con vittorie per 8-1 e sconfitte per 7-0, e da lì qualcuno se ne uscì con la famosa massima secondo la quale i campionati vengono vinti dalle difese.
Oggi nessuno chiederebbe mai a Luca Gianinazzi di vincere il titolo, ci mancherebbe altro, ed è ovvio che il coach voglia credere fino in fondo ai suoi ideali, ma con un sistema difensivo che sappia muoversi in maniera diversa si potrebbe cominciare a pensare di costruire una prima base solida piuttosto che replicare quelle montagne russe di una volta, e partire finalmente con un percorso più facile.
IL PROTAGONISTA
Sandro Aeschlimann: Shutout meritato per il portiere del Davos, che non ha dovuto compiere moltissimi interventi ma diversi di una certa difficoltà, soprattutto nelle poche volte in cui il Lugano è riuscito a penetrare davanti alla sua area. Sicurezza e fiducia, armi che ha pure regalato ai suoi compagni con interventi puliti e precisi.