LUGANO – ZSC LIONS
0-1
(0-0, 0-1, 0-0)
Rete: 34’13 Künzle (Suter, Dave Sutter) 0-1
Note: Resega, 7’200 spettatori (tutto esaurito). Arbitri Eichmann, Hebeisen; Borga, Kaderli
Penalità: Lugano 3×2′, ZSC Lions 2×2′
LUGANO – Tra Lugano e ZSC Lions sarà battaglia, anzi lo è già. Gara 1 è uscita dal banco con il suo verdetto, che non parla solo della vittoria per 1-0 degli uomini di Kossmann, ma ha pure precisato che sarà battaglia tra allenatori e idee (oltre che soluzioni) tattiche.
Se il primo round va all’ex allenatore biancoblù, è perché durante il match ha saputo trovare le soluzioni migliori per arginare e portare al largo il Lugano dallo slot, impedendogli le entrate in velocità che nel primo periodo sembravano poter essere un‘ottima arma contro il forecheck degli ospiti. Ottime uscite, primi passaggi rapidi e tagli in zona neutra per trovare le sovrapposizioni degli attaccanti per vie centrali.
Un primo tempo tutto sommato ben giocato dai bianconeri, anche ben disposti in difesa, mentre sull’altro fronte i Lions si affidavano perlopiù alle ripartenze di Wick e Herzog e al “cycling” negli angoli, senza però riuscire a rendersi pericoloso o a trafiggere lo slot in verticale.
Questo fino al secondo periodo, caratterizzato subito da due power play in favore degli zurighesi che hanno cominciato a spostare un po’ di equilibri del match. Pettersson e compagni hanno trovato più possesso del disco e, cambiando disposizione in backcheck, hanno trovato maggiore copertura sugli attacchi in velocità del Lugano.
Affidandosi al possesso del disco nel proprio terzo e a contropiedi sfruttati soprattutto grazie alle capacità tecniche e di pattinaggio dei propri attaccanti, i Lions hanno messo in pista un sistema di gioco speculativo ma che si è poi rivelato efficace per contrastare il gioco del Lugano.
È bastata così la rete di Künzle in una mischia rocambolesca, dopo che Hofmann era stato saltato anche un po’ fortunosamente nel proprio terzo a decidere la prima partita di questa finale, perché poi Vauclair e compagni non sono andati oltre a delle buone occasioni senza però far male a Flüeler.
In un contesto molto fisico – diversi anche i check “open ice” – il Lugano sembrava poter sguazzare grazie al proprio sistema “imparato” in questi playoff, ma lo ZSC ha avuto la meglio non tanto per aver sormontato o dominato completamente i bianconeri, ma soprattutto per aver minato quel sistema.
Ireland non ha saputo stavolta trovare le soluzioni tattiche adatte e, complici anche diversi errori individuali (Johnston, ad esempio, tra alti e molti bassi) la fluidità dell’avanzata bianconera è stata frenata in più occasioni. Dall’altra parte i Lions non hanno fatto cose straordinarie, ma hanno fatto quelle giuste. Disciplina difensiva, vigore fisico (quasi mai visto in questi Lions da anni) e velocità.
In semifinale si diceva del Bienne che non è il Friborgo, e stavolta lo ZSC non è lo stesso Bienne. Non ce ne vogliano i seeländer, che hanno fatto sudare le proverbiali sette camicie al Lugano, ma lo spessore tecnico dei Lions è di ben altra caratura, nonostante l’ottima organizzazione degli uomini di Törmänen.
Non è insuperabile la squadra di Kossmann, in finale ci si sta in due e ci si battaglia in due, chi arriva a sentire l’inno svizzero prima dei match sa che ormai è il duello finale e va giocato fino in fondo. I Lions hanno sì piazzato il primo break, ma la serie rischia di essere ancora lunga, Lapierre e compagni lo hanno imparato – con loro gioia – nelle scorse settimane.
IL PROTAGONISTA
Mike Künzle: Il futuro attaccante del Bienne ha messo la firma sull’unica rete della partita, quella che si è poi trasformata in quella decisiva.
Il suo gol è il premio per l’intensità che mette in ogni suo cambio, per il lavoro intelligente e l’esempio verso i compagni per andare dove fa male, cosa che a Zurigo non sembravano essere abituati negli ultimi anni. Dopo un’ottima semifinale, anche l’atto conclusivo è partito al meglio per lui.
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