BIASCA – Destinato ad essere girato ai Ticino Rockets per il prossimo campionato, il giovane statunitense Max Gerlach non ci ha messo molto a confermarsi elemento decisamente intrigante.
È infatti bastato osservarlo durante il primo allenamento con l’Ambrì Piotta – con cui resterà per parte dell’estate, comprese le partite in CHL – per accorgersi che la sua tecnica ha quel “qualcosa in più”, fattore che dovrà però riuscire ad unire con diversi altri strumenti per riuscire a fare bene in Svizzera.
“Ho immediatamente realizzato di essere capitato in una realtà speciale, la presentazione ai tifosi di qualche giorno fa è stata incredibile”, ci ha raccontato Gerlach. “I fans si comportano in maniera diversa rispetto al Nordamerica, qui cantano in continuazione e creano una bella atmosfera. Mi ha inoltre colpito il paesaggio, siamo tra le montagne ed è bellissimo”.
Sei da pochi giorni con la squadra, quali sono le tue prime impressioni?
“Tutti mi hanno dato un caldo benvenuto, ed inoltre qui ho trovato alcuni ragazzi che come me vengono dal Nordamerica, dunque grazie alla loro presenza ambientarmi sta diventando sempre più facile. Mi hanno subito spiegato che qui, viste le piste più grandi, dovrò usare il mio pattinaggio come una delle risorse principali… Di questo mi sono accorto già dal primo allenamento, c’è tanta competitività tra di noi e questo mi diverte”.
Hai giocato in WHL sino al raggiungimento del limite di età. Non sei stato draftato e ora hai scelto di lanciare la tua carriera in Europa…
“Per me quello degli scorsi mesi è stato un crocevia importante. Avevo delle offerte che mi avrebbero permesso di giocare in Nordamerica in alcune leghe minori, ma senza i termini che può assicurare un contratto NHL ho capito di dover fare un passo indietro e guardare la mia situazione nel suo insieme. Mi è sempre stato detto che per me un trasferimento in Europa sarebbe potuta diventare un’opzione, non immaginavo di compiere questo passo così presto, ma quando ho ricevuto la chiamata dell’Ambrì sono subito stato entusiasta dell’idea. Ho parlato con diversi amici che hanno giocato in Svizzera e mi hanno convinto che non mi sarei pentito di questa scelta”.
Inizierai la preparazione con l’Ambrì Piotta e poi passerai ai Rockets, è una situazione particolare…
“Sicuramente. Il limite degli stranieri non mi permetterà di essere con i biancoblù a tempo pieno, ma per me è positivo potermi allenare con loro per adattarmi alla squadra. Dovrei giocare alcune partite in CHL prima di passare ai Ticino Rockets, club con cui voglio essere un top player ed aiutare a vincere il maggior numero di partite possibili. Visto che sarò impegnato in due squadre in questi giorni sto incontrando un sacco di persone, è divertente e lo sarà sempre di più”.
Con che mindset affronterai la stagione? È nelle tue speranze fare bene e mettere qualche dubbio all’Ambrì per darti una chance di giocare nel corso del campionato?
“Ovviamente bisogna sempre puntare il più in alto possibile. Voglio giocare nella massima lega e questo significa vestire la maglia dell’Ambrì Piotta… Voglio essere sicuro che quando si aprirà una possibilità loro non esitino nemmeno un secondo a chiamarmi, lavorerò per questo. Spero di giocare il maggior numero di partite possibile e poi vedremo cosa succederà, il mio obiettivo è guadagnarmi un posto con i biancoblù per la prossima stagione, e se così non sarà devo comunque mettermi in mostra per ottenere un ingaggio da qualche altra parte, magari con un’altra squadra nella massima lega. Detto questo, quando sarò con i Ticino Rockets sarò ovviamente al 100% concentrato su di loro, ogni volta che sono sul ghiaccio voglio essere la miglior versione di me stesso”.
Sei un giocatore veloce, hai un buon tiro e sai usare questi tool per compensare una statura ridotta… Pensi che la Svizzera, con le sue piste più grandi, possa essere la giusta dimensione per te?
“Credo di sì. Questo discorso però si applica in tutte le altre leghe, anche alla NHL, visto che la tendenza generale dell’hockey è quella di diventare sempre più veloce e dinamico. I giocatori grandi e grossi vengono sempre più messi ai margini perché non reggono il passo di chi si sa muovere meglio sui pattini, ed il fatto che in Svizzera si giochi in maniera veloce e dinamica mi stimola molto. Continuerò a giocare come ho sempre fatto, cercando di adattarmi alla nuova realtà il più velocemente possibile”.
Quando avevi 14 anni ti sei trasferito in Colorado e lì hai vissuto con giocatori del calibro di Adam Foote, Joe Sakic, Patrick Roy… Quanto è stata importante quella fase per te?
“Tantissimo. Sono tre Hall of Famers – beh, Adam non ancora ma credo che dovrebbe avere questo onore – ed essere stato a contatto con loro giornalmente mi ha permesso di imparare molto. Sono veri professionisti, ho osservato tanto le loro abitudini e quanto duramente lavoravano per essere al livello che tutti conosciamo. Mi hanno dato parecchi consigli, è stato eccezionale e sono stato estremamente fortunato a ritrovarmi in quella situazione”.
Per quanto riguarda invece quel famoso rigore…
“(Ride, ndr) Ero molto giovane quando è successo ed è per questo che è diventato così popolare… Il numero di persone che lo ha visto è impressionante. Non è un qualcosa di cui mi vergogno, anzi, sono molto orgoglioso di essere riuscito a fare un gesto del genere a soli nove anni davanti alle telecamere di una partita NHL. È divertente, so che ovunque andrò nella mia carriera mi verrà sempre chiesto quell’aneddoto, ma è bello perché tutti possono avere immediatamente un’idea del mio background. Ogni tanto in allenamento è un gesto che ancora oggi provo a fare, ma nel corso degli anni ho cambiato la curvatura della mia paletta e raccogliere il puck con quel movimento è un po’ diverso. Una cosa è sicura, non me lo vedrete fare in partita!”.