BERNA – Se c’è un merito da muovere al Lugano in questa partita della Postfinace Arena, è quello di essere riuscito a rimanere in partita praticamente fino all’ultimo secondo, senza crollare quando la pressione bernese si faceva insostenibile.
I bianconeri, presentatisi nella capitale con la medesima formazione vittoriosa della sera prima sul Losanna, hanno infatti dovuto fare i conti sin da subito con il ritmo infernale imposto alla partita da Arcobello e compagni, e difficilmente era possibile aspettarsi altro, vista l’anamnesi recente delle due squadre.
Da una parte un Lugano in difficoltà, che ha colto la vittoria sul Losanna grazie alla difesa e a uno straordinario Merzlikins, dall’altra un Berna che è in piena velocità di crociera reduce da 6 vittorie consecutive prima di ospitare i bianconeri. Prevedibile quindi che il Lugano non potesse cambiare volto in 24 ore, lecito quindi attendersi una gara impostata sulla difensiva.
Come da copione gli orsi hanno messo sul ritmo e la velocità praticamente 2/3 della sfida, e nei primi minuti ha costretto il Lugano a rincorrere, impedendogli persino di impostare un forecheck, tanta era la pressione contraria sui portatori del disco ospiti. Sempre primi sul puck, i bernesi hanno costretto spesso al fallo Bertaggia e compagni, al lavoro in box play per i primi 6′ dell’incontro e a cavallo della prima pausa, spendendo un mucchio di energie fisiche e mentali.
Oltretutto in quei frangenti il Lugano ha perso pure Bürgler e Wilson, costringendo Shedden ad arretrare Sannitz in difesa per sopperire all’assenza del canadese, spostando Fazzini assieme a Lapierre e Bertaggia. Nonostante ciò, con il grande supporto di un Merzlikins ancora una volta straordinario, i bianconeri se la sono cavata per quasi due tempi, soffrendo in difesa e attuando un box play quasi ancora perfetto.
Effettivamente la difesa in fase di contenimento (meno in rilancio, discorso già fatto) funziona bene e meglio rispetto a qualche settimana fa dopo aver apportato qualche cambiamento in fase transitoria di ripiego (molti anche i tiri che vengono bloccati) ma soprattutto il box play non subisce reti da quasi 18′ di inferiorità, toccando un’efficienza di quasi l’86%, il secondo migliore del campionato dopo quello dello Zugo.
Però purtroppo i grossi meriti del Lugano si fermano qui, anche se è dalle basi difensive che si costruiscono le vittorie, ma è di nuovo palese che la squadra fa una fatica tremenda a costruire azioni offensive, e di fronte a ciò che alla Postfinance Arena producevano partendo da dietro i vari Blum, Untersander e Noreau, ben si capisce quanto sia grave in questo momento il buco nel reparto arretrato alla voce “difensori di costruzione”.
Una lacuna messa in mostra ancora di più paradossalmente da Linus Klasen, l’unico a produrre gioco e idee sul fronte d’attacco (la sua rete con finta su Arcobello è una vera perla) ma sempre dovendo recuperare lui stesso il disco in retrovia portandolo nel terzo avversario, troppo poco per compensare la differenza.
Un aspetto sul quale riflettere e lavorare è il nervosismo dei giocatori in pista, e non si intende la scazzottata con protagonista Lapierre all’ultimo secondo, ma quegli scatti o “vuoti” che hanno portato a diverse penalità, senza contare lo strascico dopo il challenge chiamato da Shedden, con lo staff tecnico e il capitano ancora intenti a protestare mentre Berna si accingeva a segnare il raddoppio dopo 14″. Tutti segnali di mancanza di serenità che invece dovrebbero essere proprio queste figure a trasmettere alla squadra, piuttosto che innervosirla ulteriormente creando ancora più confusione.
Lodevole lo sforzo finale alla ricerca del pareggio, ma anche se la rete del 2-2 ha rischiato persono di arrivare, pensare di “sfangarla”, mettendo la tesa fuori solo per 15′ quando la sabbia ormai scotta è sinonimo di una mancanza di personalità di questa squadra.
Quella personalità persa che solo pochi mesi fa gli aveva permesso di rendersi protagonista, e oggi è inutile nasconderlo, se qualcosa non è rotto (perché non tutto è da buttare) di sicuro gli scricchiolii in alcune crepe perdurano da diverso tempo. Quindi sarà meglio metterci del solido cemento, prima di ritrovarsi a chiudere voragini con i cerotti.
La rete d’apertura di Ebbett è arrivata per l’inerzia del grande sforzo degli orsi, mentre il raddoppio di Rüfenacht è stata la conseguenza della mancanza di concentrazione del Lugano.
Tutto sommato fino all’1-0 poteva andare ancora benissimo così, se non fosse che 14″ più tardi proprio l’ex di turno ha trovato il game winning gol, rovinando i piani di un Lugano che avrebbe potuto ancora pensare alla vittoria di “rapina”.
Klasen e compagni in verità hanno avuto ancora le possibilità di pareggiare la sfida, per far capire come nonostante tutto fossero rimasti in partita, ma anche stavolta pagano uno dei soliti black out che sono ormai marchio di fabbrica della squadra di Shedden. A giocare col fuoco…