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Lugano

È un Lugano senza faccia e senz’anima quello umiliato a Bienne

BIENNE – LUGANO

5-1

(2-0, 1-1, 2-0)

Reti: 12’59 Spylo (Dave Sutter) 1-0, 19’12 Arlbrandt (Huguenin, Tschantré) 2-0, 29’45 Daniel Steiner (Fabian Sutter, Lüthi) 3-0, 35’51 Klasen (Chiesa, Furrer) 3-1, 50’21 Nicholas Steiner (Spylo, Tschantré) 4-1, 58’30 Arlbrandt (Huguenin, Daniel Steiner) 5-1

Note: Tissot Arena, 5’665 spettatori. Arbitri Björk, Eichmann; Mauron, Pitton
Penalità: Bienne 3×2′, Lugano 6×2′

BIENNE – Senza colpo ferire. Tre parole per descrivere su carta e a voce la sostanza di quel 5-1 subito alla Tissot Arena, terza sconfitta nelle ultime tre gare in trasferta, con 15 gol subiti e 2 fatti. Numeri impietosi, ma significativi del vortice buio e profondo in cui è sprofondata la squadra.

Si pensava che in panchina potesse esserci ancora Patrick Fischer, ma invece la società ha deciso di sollevarlo dopo la pesante battuta d’arresto nei Grigioni, forse temendo un terribile week end che si è già compiuto a metà nonostante la mossa disperata.

Sulle motivazioni, le responsabilità e i pensieri riguardanti l’allontanamento di Patrick Fischer ci si esprimerà su queste pagine settimana prossima, in attesa dell’arrivo di un nuovo coach e quando le cose potranno essere assestate per ripartire da zero.

Ripartite da zero, ciò che sperava di poter fare anche Christian Wohlwend, mandato suo malgrado nella tana del Bienne a farsi sbranare, lui che in panchina non ha mai mancato di impegnarsi, di prodigarsi a motivare i suoi ragazzi e a cercare pure con un animato time out di scuotere questa squadra, ridotta ormai a un gruppo di giocatori che hanno perso fiducia (?) fuoco sacro e punti di riferimento, oltre che una figura che faccia da collante tra le numerose personalità di spicco presenti in rosa.

Quelle personalità che non solo dovrebbe essere le punte di diamante della squadra, ma anche quelle che dovrebbero – condizionale necessario – caricarsi la squadra sulle spalle e mostrare la via. Troppo spesso anche a Bienne abbiamo visto un Pettersson prodigarsi a destra e a manca, ma solo per cercare una soluzione personale o per smistare il puck all’amico Klasen, che solo in occasione della rete ha saputo farne buon uso.

Wohlwend ha preferito mettere Sannitz al centro dei due gemelli, spostando Martensson tra Filppula (all’ala…) e Hofmann, ma ottenendo in cambio la solita prova tutta grinta e sacrificio dell’ex grigionese e una nuova gara nel buio del centro svedese, invisibile.

Come a Davos, ma stavolta senza nemmeno provarci almeno all’inizio, il Lugano è affondato colpo su colpo, salvato da una scoppola di proporzioni bibliche dai pali – ben 3 i ferri colpiti dagli uomini di Schläpfer – e dalle parate di un Merzlikins lasciato in balia di Spylo e banda.

Nessuno schema, non che ultimamente brillassero per ordine e idee, ma il passo indietro fatto ancora dai bianconeri la dice lunga: non si era allegri con Fischer, ma è probabile che il suo allontanamento ha destabilizzato ancora di più l’ambiente, soprattutto per quei giocatori che nell’ex coach credevano ancora.

Questa squadra oggi ha bisogno di una guida forte e che sia in grado prima di tirare fuori l’orgoglio e la voglia di sacrificarsi su ogni disco, per ogni millimetro di ghiaccio, poi si potrà lavorare sugli schemi e l’impianto di gioco. Si possono dire tante cose sulla squadra bianconera: che è assemblata “male”, che ha troppi doppioni, ma che se ne stia sotto la linea addirittura ultima subendo certe sconfitte è inaccettabile con i nomi presenti in rosa, anche se si sa che i nomi non fanno tutto. Nemmeno in panchina.

fattore2IN CRISI D’IDENTITÀ: Da subito era chiaro che le cose non fossero idilliache, ma oggi la squadra sembra sprofondare in un pozzo senza fine, e ogni mossa sembra peggiorare gli eventi.

Il Lugano non può uscirne senza che qualcuno gli dia un’identità e si erga a figura di riferimento per ritrovare il fuoco sacro e per insegnare ai leader come fare i leader. Perché ai giocatori professionisti non occorre insegnare come giocare, occorre insegnare loro come vincere. E questo, i bianconeri, sembrano non saperlo più fare.

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