AMBRÌ – “La salvezza è l’unica cosa che ti fa dormir bene la notte”. Così aveva commentato capitan Paolo Duca nell’aprile 2017 nella piccola saletta della Schoren di Langenthal, qualche minuto dopo aver conquistato la tanto agognata salvezza al termine di una stagione disastrosa sotto ogni punto di vista.
Il baratro, in quell’occasione, l’Ambrì lo aveva sfiorato di pochissimo. Meno di due anni dopo, tutto è cambiato. Anzi, stravolto. Il verdetto della regular season dice Ambrì quinto con 79 punti, sinonimo di quei playoff che alla Valascia mancavano da cinque anni. C’è il rischio di cadere nella banalità commentando la stagione sinora disputata dalla truppa biancoblù, perché i passi avanti compiuti dal club sono talmente evidenti dall’essere davanti agli occhi di tutti. Lasciamo allora la parola all’oggi direttore sportivo, al quale vanno riconosciuti onore e merito – assieme ovviamente a Luca Cereda e a tutto lo staff – per la straordinarietà del risultato raggiunto.
Paolo Duca, che cosa significa per una squadra come l’Ambrì essersi qualificata per i playoff? Come ci si sente?
“Sicuramente proviamo soddisfazione, è inutile negarlo. Fa piacere arrivare a qualificarsi e andare oltre quelli che sono i propri obiettivi stagionali, con una crescita progressiva sull’arco di 50 partite. Il lavoro però non è finito. Contro il Rapperswil eravamo confrontati ad una partita non facile, specie dopo aver raggiunto la matematica qualificazione. A livello psicologico c’è sempre il rischio di un rilassamento dovuto alla soddisfazione del traguardo raggiunto, e questo è pericoloso. Per essere chiari, non è stata la nostra miglior partita ma una vittoria del genere può aiutare molto in vista di sabato. La stagione non è finita, abbiamo raggiunto solamente un traguardo intermedio. Così mi piace chiamarlo. Quindi andiamo avanti, recuperiamo un po’ quello che c’è da recuperare e cerchiamo di digerire questa soddisfazione per prepararci alla guerra. In pochi giorni dobbiamo tornare ad un livello di determinazione e grinta tali da poterci permettere di competere contro il Bienne”.
Quattro sconfitte su quattro, 17 reti subìte e 2 segnate. Che cos’ha di tanto ostico il Bienne?
“È un po’ la nostra bestia nera. Io reputo che come società il Bienne abbia lavorato davvero molto bene negli ultimi 5-10 anni. È passata dall’ultimo posto in graduatoria – disputando vari spareggi contro il Losanna – e poi anni di playout. Poi sono pian piano cresciuti. Ora sono diventati una realtà consolidata e l’arrivo della nuova pista ha permesso un aumento del budget. Questo, ovviamente, ha permesso loro di procedere con trasferimenti di qualità. Non dimentichiamoci che possono contare su un portiere con alle spalle un’importante carriera in NHL, e che hanno messo sotto contratto giocatori del calibro di Brunner e Forster… Insomma, dispongono di una gran bella rosa, con un tasso tecnico elevato. In questa stagione purtroppo non siamo mai riusciti a trovare la chiave per aprire la porta contro di loro, non a caso è l’unica squadra che non abbiamo mai battuto. Non per questo però partiamo rassegnati. Tutt’altro”.
Da giocatore prima e da DS poi hai affrontato tanti momenti difficili e di frustrazione. Finalmente una gioia vera anche per Paolo Duca…
“Sì, è vero. Due anni fa, quando ho deciso di accettare l’invito del presidente di prendere in mano le redini della direzione sportiva, la situazione era difficile sia a livello sportivo che a livello finanziario (quello lo è ancora…). Però sono convinto che valga la pena lottare per questa realtà: l’ho detto due anni fa e lo ripeto ora. Sono contento che per il momento sia andato tutto bene, ma attenzione a non farsi prendere troppo dall’entusiasmo. Nello sport le cose vanno velocemente e nella prossima stagione la situazione potrebbe essere totalmente differente. Sono però contento che in un anno in cui si è formato un bel gruppo, dove non ci sono stati troppi feriti – o comunque che siamo stati in grado di assorbirli al meglio –, e dove ci sono stati diversi giocatori capaci di sorprenderci a livello di prestazioni, anche una squadra come l’Ambrì si trovi nella condizione di potersi togliersi qualche piccola soddisfazione. Di conseguenza anche per me, sapendo da dove siamo arrivati e l’impegno che ci abbiamo messo, la soddisfazione è ancor più grande. Ma ripeto, non è finita. Per il momento sono sereno, perché un anno fa in questo periodo stavamo valutando in che modo affrontare il Kloten per evitare di giocare lo spareggio contro i Lakers. Quindi quando diciamo che il nostro obiettivo restava la salvezza, era davvero così”.
Ad impressionare è come ogni giocatore sia riuscito ad elevare sensibilmente il proprio livello. Penso per esempio a ragazzi come Jelovac, da alcuni ritenuto non all’altezza della NL e ora solido elemento della retroguardia biancoblù…
“Sono d’accordo, il progresso mostrato da alcuni elementi ha colpito anche il sottoscritto. Ma pensiamo anche ai diversi giovani in provenienza dai Rockets, o addirittura dalla prima lega. Dario Rohrbach la passata stagione non era nemmeno tra le fila del Biasca… Gran parte del merito va dato al lavoro svolto da Cereda e dal suo staff, che ha permesso a tutti questi giocatori di fare un salto di qualità pazzesco. Sono convinto Luca sia stato davvero bravissimo a tirar fuori tanto, se non il massimo da quasi tutti i ragazzi. E oggi ne stiamo raccogliendo i frutti”.