PIOTTA – Non è iniziata nella maniera più semplice la stagione dell’Ambrì Piotta. Confrontato sin da subito – ma questo era già previsto – con due partenze di peso (Kubalik e Guerra) e due infortuni altrettanto importanti (Conz e Novotny), il direttore sportivo Paolo Duca ha avuto il suo bel daffare nel corso dell’estate.
Con il DS biancoblù abbiamo cercato di fare il punto della situazione ora che, salvo il sostituto temporaneo di Novotny, la rosa della prima squadra è completa.
“Avevamo archiviato bene la stagione precedente e programmato al meglio quella attuale”, ha spiegato Duca. “Dal punto di vista della programmazione, visti i molti impegni che ci attendono, abbiamo dovuto adattare tutta la preparazione. Poi, quando tutto sembrava deciso, sono arrivate queste due notizie inaspettate. L’intervento a Conz era qualcosa a cui non avrei mai immaginato, e questo inizialmente ci ha destabilizzati. È estremamente difficile sostituire un buon portiere svizzero a metà maggio. Ci siamo messi a cercare il profilo adatto e, dopo alcune analisi, abbiamo optato per un mix. Dapprima abbiamo individuato in Östlund il profilo adatto come backup a Manzato, ma poi siamo andati sulla pista straniera per poter dare un po’ di respiro a Daniel”.
“Dall’inizio della stagione sino alla pausa di novembre disputeremo 30 incontri, amichevoli comprese”, ha continuato Duca. “Dal punto di vista delle prestazioni eravamo fiduciosi che Manzato avrebbe potuto giocarle tutte, ma dal punto di vista del carico di lavoro, con ancora più di metà della stagione da giocare, abbiamo ritenuto che non fosse il caso. Specialmente non conoscendo con precisione i tempi di recupero di Conz, nonostante questi stiano rispettando le tempistiche previste. Eravamo confrontati a troppe incognite e, sugli insegnamenti degli anni passati, abbiamo optato per una coppia valida di portieri”.
Hai pensato sin da subito alla pista straniera o hai lasciato aperta anche quella svizzera?
“Per non bruciare una licenza – perché ricordiamoci che quando giocherà Hrachovina uno straniero di movimento dovrà essere sacrificato – ho cercato a lungo una soluzione svizzera. Le opzioni disponibili, però, non ci hanno convinti e a quel punto abbiamo iniziato a percorrere la pista straniera. Ammetto di essere rimasto sorpreso dal numero di estremi difensori disponibili sul mercato. Abbiamo individuato tanti giocatori forti, alcuni con più esperienza di Hrachovina, altri con statistiche eccezionali, ma la maggior parte non poneva il focus su di noi. L’obiettivo di molti era sfruttare quest’occasione per mettersi in mostra e staccare un biglietto per la NHL o la KHL, e questo a noi non stava bene. Volevamo un giocatore che accettasse questo ruolo particolare, che volesse essere qui ad Ambrì e che non si guardasse troppo altrove. Hrachovina ha capito la nostra realtà, vuole rimanere e vuole farsi un nome in Svizzera. Quest’attitudine ci è piaciuta e ad oggi siamo convinti che per noi sia la miglior soluzione possibile”.
Puoi dirci qualcosa dello scambio Payr-Kienzle? Come è nata questa situazione e che cosa ha portato a questa soluzione?
“Ci tengo a sottolineare come la situazione venutasi a creare col giocatore sia stata gestita da ambo i fronti con serenità. Sportivamente parlando non ha funzionato né per Kienzle né per noi, eppure dal punto di vista personale non c’è stato nessun problema. L’onestà e il parlarsi schiettamente ha permesso di mantenere dei rapporti sani tra società e giocatore, duri dal punto di vista sportivo ma sani dal punto di vista personale. Ha fatto di tutto per cercare di integrarsi, eppure il suo istinto hockeistico e le sue caratteristiche alla fine non si sono rivelate adatte alla tipologia di hockey che giochiamo. Quando si è presentata l’occasione di procedere con uno scambio ci siamo chinati e abbiamo riflettuto a lungo. Payr è un difensore interessante: classe 2000, Julian ha il tipo di fisico che cerchiamo. È un atleta con un futuro promettente davanti a sé, ha espresso il desiderio di voler lasciare il Davos e noi avevamo come moneta di scambio un buon difensore volenteroso di rimettersi in luce. A Kienzle questo nuovo inizio non potrà che far bene, resto convinto delle sue qualità”.
Parliamo della stagione che è alle porte. Quello passato è stato un anno da incorniciare, in cui tanti piccoli fattori hanno funzionato alla perfezione dando come risultato la qualificazione ai playoff. Ora sarete confrontati con aspettative maggiori, con la consapevolezza, però, di aver perso uomini fondamentali come Kubalik e Guerra…
“La scorsa stagione abbiamo avuto una coppia di portieri che ha giocato a livelli eccezionali, ora ci troviamo ad inizio stagione senza un uomo chiave come Conz. Lo scorso anno era iniziato con un ferimento a Lerg, che però aveva aperto le porte a Novotny, il quale si è poi rivelato essere un uomo fondamentale per il gruppo. Kubalik ha giocato una stagione incredibile, così come tanti altri giocatori che sono riusciti a innalzare il proprio livello. Oltre a ciò si è creata una dinamica di gruppo molto forte. Questo è uno degli aspetti più importanti all’interno di uno spogliatoio, ed è anche quello più difficile da ricreare la stagione successiva. Basta cambiare anche solo un giocatore per modificare delle dinamiche ormai consolidate. Noi ne abbiamo cambiati cinque, il grosso rimane ma comunque il gruppo va riconsolidato”.
A proposito di queste due partenze di peso, qual è stata quella più difficile da sopperire?
“Sono entrambi due giocatori forti. Diciamo che Kubalik è un giocatore eccezionale, sopra la media. Abbiamo avuto fortuna a poterlo avere tra noi, è un ragazzo umile che lavora bene, è esplosivo, ha il fiuto del goal, è un uomo di squadra… ha tutto. Quindi è estremamente difficile riuscire a trovare qualcuno con le stesse caratteristiche. Il nostro pubblico deve rendersi conto che questa strategia che punta ai giovani, inevitabilmente, comporta anche delle partenze. È dura, me ne rendo conto, ma per noi spesso è impossibile riuscire a trattenerli. Con alcuni ce l’abbiamo fatta – vedi Müller e Zwerger fino al 2022 (ndr.) –, altri no. Fa parte della nostra natura e rimaniamo convinti che puntare sulla formazione sia l’unica strategia che ci permette di ritagliarci un posto in National League. Ci saranno stagioni che andranno bene, altre in cui faremo fatica. Noi dovremo essere bravi a controllare ciò che può essere controllato: il nostro modo di essere, i valori che vogliamo inculcare alla squadra, il modo in cui giochiamo e, soprattutto, il modo in cui ci alleniamo e viviamo quotidianamente. È questo che fa la differenza”.
L’obiettivo stagionale resta la salvezza. Tu dove speri di vedere la tua squadra a regular season conclusa?
“Sarei molto felice se restassimo a lottare con le prime otto il più a lungo possibile. Non è affatto scontato. Non si tratta di mettere i piedi in avanti, ma di guardare in faccia alla realtà e essere consapevoli dei nostri mezzi e del potenziale degli avversari. Se ci saranno fattori che giocheranno a nostro favore e che ci permetteranno di puntare più in alto ben vengano. Ma la realtà è che oggi come oggi l’obiettivo più realistico resta la salvezza. Il giorno che la conquisteremo potremo tirare un bel sospiro di sollievo. Ad ogni modo noi tutti ci impegneremo ad affrontare la stagione con la stessa attitudine di quella passata, ovvero senza paura”.