LUGANO – Da ormai un mesetto il portiere Dominic Nyffeler si trova a Lugano. È tempo di un primo bilancio e l’ora di ripercorrere un po’ le ultime settimane.
“È molto gradevole essere qui, le persone in Ticino sono molto gentili e sono stato accolto benissimo da tutti. Sono da tanto nel mondo dell’hockey e quindi conoscevo già diversi compagni. Alla fine ogni spogliatoio si assomiglia, ne ho vissuti tanti, l’atmosfera è la stessa un po’ ovunque, sempre piacevole da vivere”.
Qual è stata la tua reazione quando hai ricevuto la chiamata di Hnat Domenichelli?
“All’inizio sono rimasto un po’ sorpreso. Con la complicata situazione in Swiss League mi ero ritrovato al palo, come già discusso assieme questa estate. Ricevere una telefonata simile mi ha riempito di gioia, mi ha fatto piacere che qualcuno si sia ricordato di me”.
Già in estate eri poco ottimista in merito a un tuo futuro nell’hockey. Ci speravi ancora o avevi praticamente messo una pietra sopra al professionismo?
“Ma, diciamo che tutto è legato un po’ alla famiglia. Se fossi stato da solo, avrei ancora puntato di più sull’hockey e avrei avuto delle possibilità, ma con la famiglia non era evidente. Aver trovato questa soluzione temporanea con il Lugano è veramente bello. È un bel modo di concludere così la carriera o magari di rilanciarla, poco importa. Certo che essere a Lugano senza mia moglie e i bambini, restati oltre Gottardo, naturalmente non è sempre semplice”.
È per certi versi incredibile, hai firmato il tuo primo contratto nella massima lega praticamente da pensionato all’età di 31 anni. La vita a volte è strana. Si dovrebbe quasi girare un film su questa tua storia…
“Sì (Dodo ride, ndr). Nell’hockey a volte tutto va così veloce, e la gioia è ancora maggiore quando ricevi la possibilità di giocare ancora un po’ quando tutto sembrava concluso”.
Sei già il Dodo dello scorso febbraio a livello fisico o non ancora?
“Ovviamente no, la mancanza della preparazione estiva specialmente all’inizio si è fatta sentire. Adesso però sto recuperando, in queste settimane ho potuto lavorare intensamente, sia sul ghiaccio che fuori con parecchi allenamenti fisici. Credo di essere a un buon punto e di essere per così dire entrato nel ruolo qui a Lugano. Questo vale un po’ per ogni ambito, sia fisicamente, sia a livello di allenamento agli occhi, e provo tanta gioia nel poter giocare a hockey. Specialmente questo ultimo aspetto aiuta molto”.
Quando hai intrapreso il viaggio verso il sud per il provino, com’era la tua sensazione? Quella di riuscire a superarlo, oppure eri pieno di dubbi?
“Sono semplicemente partito in direzione di Lugano senza farmi dei pensieri a tal proposito. Dopo il primo contatto con il ghiaccio mi sono in fondo sentito come se non avessi mai smesso. Non me l’aspettavo onestamente, ma già dopo i primi allenamenti ero cosciente e sapevo che sarei ancora stato in grado di giocare a certi livelli”.
Finora hai disputato solo 20 minuti, in quel di Kloten. La partita era già compromessa, ma che sensazione, che pensieri hai provato nel tuo piccolo quando sei entrato a difendere la gabbia e ritrovare qualcosa che pensavi di avere ormai perso?
“Francamente non ho avuto chissà che pensieri. È stato semplicemente cool. Il mio focus è andato immediatamente sul match. Volevo terminarlo bene e oltretutto, malgrado fossimo sotto per 5-2, nell’hockey non si sa mai, le rimonte possono accadere. Volevo quindi solo dare al team la chance di poter rientrare in partita”.
Hai firmato sino a fine gennaio, quali sono i tuoi obiettivi?
“Non ne ho. Dapprima è arrivata appunto la possibilità di fare il tryout. Mi sono detto che era adesso o mai più. In seguito è nata la chance di poter restare più a lungo. Con la mia famiglia ho quindi concordato di restare a Lugano sino a fine gennaio e poi analizzeremo nuovamente tutti insieme la situazione”.
Credi che da questa avventura potrebbe nascere la possibilità di prolungare ulteriormente la tua carriera ancora per qualche anno, oppure è una visione troppo ottimistica?
“Non ho giocato ancora molto, quindi questa visione attualmente è decisamente troppo ottimistica (ride, ndr). Certo, da qualche parte nel cervello frulla questo pensiero, ma io mi godo semplicemente ogni giorno in cui posso scendere sul ghiaccio e giocare a hockey, è una vera gioia. Qualcosa che prima o poi non potrò più fare, qualcosa che avevo già smesso di fare e che mi era mancato. In questo senso mi godo ancora di più questi istanti”.
Concludiamo con una curiosità. Il weekend prima di presentarti a Lugano lo hai trascorso ad allenarti duramente con tuo fratello Melvin…
“Esatto. Francamente non sapevo come sarebbe andata e a che punto ero, rispettivamente come stavo. Melvin è dunque venuto con me sul ghiaccio, ha tanta esperienza. Insieme abbiamo un po’ valutato il tutto e fatto il punto della mia situazione. Sono poi anche andato una volta ad allenarmi con il Wetzikon, squadra di MyHockey League. Già lì, dopo le sensazioni provate, mi sono detto che la ripresa dell’attività avrebbe potuto funzionare”.