
LUGANO – Dopo una settimana in cui si è vista una buona prova – pur chiusa in sconfitta – contro il Davos, e poi il successo a Losanna, il Lugano vuole continuare a risalire la classifica cercando punti importanti anche contro gli ZSC Lions.
Tra chi in questa stagione sta beneficiando dell’arrivo di Tomas Mitell c’è sicuramente Calle Dahlström, che dopo le difficoltà del suo primo anno in bianconero si sta ora esprimendo su livelli decisamente migliori. Anche per il difensore svedese l’attenzione è tutta rivolta alla prossima sfida, con l’obiettivo di riuscire finalmente a sfruttare il fattore casalingo.
“Non direi però che il nostro gioco cambi molto tra casa e trasferta, anche se ovviamente davanti ai nostri tifosi vogliamo fare meglio”, ci ha spiegato Dahlström. “Contro il Davos ci siamo espressi in maniera molto più convincente rispetto ad altre partite alla Cornèr Arena. Certo, il risultato non è stato quello desiderato, ma un paio di episodi avrebbero potuto cambiare la storia della partita. In generale non vedo grandi differenze, ma è chiaro che dobbiamo trovare il modo di vincere più spesso davanti al nostro pubblico”.
Possiamo considerare la partita di Losanna come una continuazione di quella col Davos?
“Sì, possiamo dirlo. Sapevamo che se avessimo continuato ad esprimerci come nelle ultime due partite – e ci metto anche una parte del match con l’Ajoie – avremmo avuto le nostre chance di imporci. Tutto si riduce a sfruttare meglio le occasioni e mettere più dischi in porta. Lavoriamo tanto in allenamento, specialmente con gli attaccanti, per essere più presenti davanti alla porta e cercare i rebound. I gol arrivano da lì. A Losanna qualche rimbalzo è andato finalmente a nostro favore, e questo ci ha dato fiducia”.
Questo è anche il risultato del lavoro fatto, perché la fortuna spesso premia chi insiste…
“È chiaro. Più chance crei, più aumentano le probabilità che un disco rimbalzi nel modo giusto. Bisogna essere persistenti, mettere tanti puck verso la porta ed essere presenti per sfruttare deviazioni e rimbalzi”.
Come valuti invece il penalty killing sinora?
“Ultimamente abbiamo annullato alcuni powerplay importanti, anche se a volte siamo stati puniti subito dopo aver terminato le penalità. In generale direi che il nostro boxplay è ‘ok’ al momento. Le sensazioni sono contrastanti: in certe partite abbiamo concesso gol evitabili, ma in altre il PK è stato un vero punto di forza. Le fasi in inferiorità le stiamo giocando forse meglio di quanto non dicano le statistiche, ma dobbiamo assolutamente limitare alcune penalità, come quelle che ci lasciano in cinque minuti di inferiorità. In quelle situazioni diventa tutto più complicato”.
Tu non giochi invece in powerplay, ma lo osservi da fuori. Cosa pensi manchi per essere più efficaci?
“Penso che nelle ultime partite il powerplay sia stato buono. Anche quando non segniamo, usciamo da quelle situazioni con un buon momentum, e questo è importante. A volte un powerplay giocato male ti fa perdere ritmo, ma non è il caso delle ultime sfide. Ora si tratta solo di riuscire a concretizzare e mettere dentro il disco”.
A livello personale quanto importante è stato per te ritrovare Mitell come allenatore?
“Molto. Al Färjestad avevamo lavorato bene insieme, e quando ho saputo che sarebbe arrivato a Lugano ero contento. Stiamo cercando di avvicinarci al tipo di gioco che avevamo in Svezia, e conoscere già il sistema e i suoi dettagli mi aiuta molto. Posso giocare in modo più naturale, basandomi sui miei istinti”.
Dopo le difficoltà della scorsa stagione, ora sembri più fiducioso e sicuro…
“Sì, indubbiamente. Conoscere il sistema mi aiuta, ma credo anche che per il tipo di difensore che sono, riesco a rendere meglio in squadre che giocano su buoni livelli. Non sono un giocatore spettacolare, ma in questo Lugano il mio stile può esprimersi al meglio”.
Hai giocato gran parte della scorsa stagione con David Aebischer, e anche quest’anno la coppia è stata confermata. Cosa vi rende complementari?
“Abbiamo costruito fiducia reciproca, conosciamo bene le nostre abitudini sul ghiaccio. Io sono più difensivo, lui più offensivo grazie al suo pattinaggio e alla capacità di muovere il disco, quindi ci completiamo. Fuori dal ghiaccio siamo buoni amici, possiamo parlare apertamente di hockey e questo aiuta. C’è un bel rapporto, e la comunicazione è diretta”.



