LUGANO – BERNA
0-6
(0-3, 0-0, 0-3)
Reti: 2’39 Ebbett (Praplan, Jeremi Gerber) 0-1, 3’32 Moser (Mursak, Andersson) 0-2, 7’18 Jeremi Gerber (Andersson, Praplan) 0-3, 45’51 Scherwey 0-4, 50’39 Kämpf (Beat Gerber) 0-5, 51’41 Jeremi Gerber (Ebbett, Praplan) 0-6
Note: Corner Arena, 6’102 spettatori. Arbitri Wiegand, Urban; Progin, Cattaneo
Penalità: Berna 3×2′, Lugano 3×2′
LUGANO – A fine partita, con i giocatori che si avviavano poco convinti sotto le tribune per salutare quei pochi spettatori rimasti, sembrava per un attimo di essere tornati al mese di dicembre.
L’aria si è fatta anche un po’ pesante, qualche tifoso mica l’ha presa bene questa sconfitta e le teste basse dei giocatori bianconeri dicevano molto più di mille parole. Perché è vero, in fondo c’era ben poco da dire guardando il tabellone che segnava un tennistico 0-6 in favore dei ragazzi di Kossmann, ci sarà molto di più da discutere sui motivi di questo tracollo, a partire da un inizio partita a dir poco sconcertante da parte della squadra di Serge Pelletier.
Scrivevamo venerdì, dopo la partita di Friborgo, che forse era il Berna ad avere in questa partita pesantissima lo stato mentale migliore, avendo accorciato il disavanzo e con il Lugano obbligato a sfruttare la chance casalinga, quasi si trattasse di un sfida da playoff.
In fondo era così, questa partita valeva quasi quanto uno spareggio, ed è proprio l’approccio del Lugano che è stato inspiegabile. Giallorossi partiti a mille, convinti e con la determinazione da sfida delle sfide, come dovrebbe essere, bianconeri invece timidi, timorosi e pasticcioni, insomma il famoso “braccino” si è palesato in tutta la sua pericolosità.
Zurkirchen, stavolta preferito a Schlegel, dopo 7’18 aveva già raccolto ben tre dischi alle sue spalle, quelli infilati da Ebbett, Moser e Jeremi Gerber, di cui almeno due per grosse responsabilità della sua difesa, molle e fin troppo generosa con gli ospiti.
Insomma, già lo 0-2 dopo tre minuti e mezzo era un segnale inequivocabile, ma il terzo gol ha definitivamente condizionato il resto della partita ed è stato il perfetto risultato del game plan di Hans Kossmann.
Poi sulla reazione del Lugano nel secondo periodo si potrebbe dire ben poco, i bianconeri hanno tirato 19 volte sul bravo e fortunato Karhunen, altre 12 volte il disco è andato ai lati della gabbia o è stato bloccato dal Berna e una volta, proprio con l’esordiente Ryno è finito sul palo.
Esordio poco fortunato per lo svedese, che qualche qualità sul piano della visione di gioco l’ha già messa in mostra, il problema – se vogliamo – è stato che per inserire il centro e lasciare di conseguenza in tribuna Klasen, Pelletier ha rimescolato praticamente tre quarti della formazione offensiva, quando in verità il giorno prima (aldilà del black out) i bianconeri avevano mostrato anche una buona parte di solidità con i soliti blocchi.
Tornando alla partita, il Lugano poteva sperare di rientrare solo segnando almeno un paio di reti nel periodo centrale, e c’è da dire che ha fatto quello che poteva per provarci, ma era anche prevedibile che il Berna, questo Berna, una volta trovato un vantaggio sufficiente si sarebbe chiuso in difesa pensando soprattutto a proteggere lo slot, esercizio riuscito anche egregiamente.
Nel terzo periodo McIntyre e compagni ci hanno provato anche in quel frangente per qualche minuto, ma senza più lucidità, con troppa confusione e con la voglia da parte di molti di voler risolvere le cose individualmente e intestardendosi con azioni personali improbabili, la via peggiore per cercare di raddrizzare le cose.
Le tre reti che hanno infine frustrato anche il periodo conclusivo sono arrivate come macigni a rendere il risultato pure umiliante, ma almeno due portano ancora la firma di giocatori di casa per errori individuali ormai sintomo di una testa che non c’era più o non c’è mai stata.
Un tracollo casalingo del genere non accadeva da tempo alla Cornèr Arena, tantomeno in un appuntamento così importante, cosa che fa ancora più preoccupare.
Negli ultimi anni infatti il Lugano ha attraversato regolarmente periodi difficili, ma raramente ha sbagliato quelle partite che scottavano (playoff a parte), ancor meno subendo un’umiliazione di tali proporzioni.
Diciamolo, il Lugano ha ancora tutte le carte per qualificarsi ai playoff, ma tra il terzo tempo di venerdì a Friborgo e il primo di sabato in casa, ha gettato al vento occasioni enormi per terminare con più tranquillità la regular season, mentre ora si trova nella peggior posizione possibile dopo le ipotesi e i calcoli che si facevano solo una settimana fa con il Berna staccato di 6 lunghezze e alle prese con crisi di panico.
Ora la situazione è decisamente cambiata e il destino dei bianconeri è per la metà almeno nelle mani degli avversari, e non quelli che da qui alla fine incontrerà sul suo cammino. Quando precipiti in una situazione del genere è segno che qualcosa è andato maledettamente storto, ma soprattutto che è andato così per colpe proprie.
IL PROTAGONISTA
Tomi Karhunen: A vederlo giocare a qualcuno sarà tornato alla mente quel Jakub Stepanek che da rincalzo dell’ultimo momento diventò un eroe nella finale vinta dal Berna contro il Lugano nel 2016.
L’ex biancoblù Karhunen, come Stepanek, non ha uno stile da “puristi” (eufemismo) ma alla Cornèr Arena si è esaltato alla grande uscendo da una sfida difficile con uno shutout su 39 tiri dei bianconeri. Il finlandese è stato decisivo nel secondo periodo in particolare, quando il Lugano ha provato vanamente in tutti i modi a superarlo per rientrare in partita ma lui si è sempre salvato su ogni tentativo di Fazzini e banda.
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(© Berend Stettler | Clicca le frecce per scorrere le fotografie)