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Lugano

Con voglia e senza paura, il Lugano dovrà essere squadra

LUGANO – In questo mese, giusto un anno fa, il Lugano stava completando la sua sgroppata verso i playoff, dopo un autunno passato col fiatone per togliersi dal fango e raggiungere le elette. Poi quella lunga pausa dedicata ai Giochi Olimpici Invernali di Sochi, sfruttata male dai bianconeri, che arrivarono con le gambe di legno e il fiato corto nei dispendiosi quarti di finale contro il Ginevra.

Oggi, i ragazzi di Fischer arrivano in vista dei giochi che contano con ben altra tranquillità, avendo raggiunto con anticipo una qualificazione ai playoff che sin dalla prima giornata non è mai sembrata minimamente in pericolo. L’unico periodo “grigio” i bianconeri lo hanno passato tra novembre e dicembre con quella serie di cinque sconfitte filate a cui hanno fatto seguito sei vittorie in serie con l’anno nuovo, prima di assestarsi su un rendimento un po’ altalenante ma comunque positivo.

Con il passare delle giornate gli equilibri si assestano, le sorprese rientrano nei ranghi o trovano conferme, e le squadre imparano a conoscersi e di conseguenza a combattersi con armi migliori, sempre in funzione anche delle disgrazie o fortune altrui.

Il Lugano ha dovuto fare i conti con un primo blocco che ha avuto il suo logico periodo di flessione, ma questo anche perché gli avversari hanno triplicato le marcature e il peso difensivo sulla micidiale coppia formata da Pettersson e Klasen, e ciò ha indotto lo staff tecnico a cercare nuove soluzioni.

Habisreutinger ha così sfruttato fino in fondo possibilità finanziarie e di mercato, agendo con celerità, intelligenza e decisione per trasformare il volto del Lugano. Il colpaccio Brunner, e l’ultimo chiamato Simek – in attesa del rientro di Filppula e/o McLean – danno a Fischer la possibilità di costruire un secondo blocco potenzialmente devastante quanto il primo.

Per leggerne le potenzialità basti riguardare le ultime prestazioni dell’ex Devils, dove da solo ha trascinato il suo blocco (improvvisato), dato spettacolo e aumentato non di poco la pericolosità del power play luganese, sinora privo di una vera alternativa alle tre corone.

A farne le spese è stato Walsky, autore di un primo mese eccezionale al fianco di Filppula, ma poi tornato rapidamente, anche a causa di infortuni, nel suo limbo di giocatore di grande fantasia e talento, ma maledettamente incompiuto e fumoso.

Simek ha il dovere di portare fisicità, “cattiveria” da play off e supporto offensivo, e permetterà a Bertaggia di stabilirsi nel terzo blocco e di esserne la freccia principale. L’atteso quinto straniero, il centro dal nome impossibile Tomi Paakkolanvaara, arriva in veste di sconosciuto, ma potrebbe rivelarsi un ingaggio intelligente e persino il centro giusto – chissà – da inserire tra Klasen e Pettersson.

I due fuoriclasse svedesi infatti non hanno mai trovato, nonostante le pur buone prestazioni di Steinmann e Sannitz, un centro adatto alle proprie caratteristiche, ossia un compagno che oltre al lavoro sporco e fisico garantisse anche l’intelligenza tattica e il pattinaggio sufficiente per stare al loro passo.

In questa breve pausa dedicata alla nazionale, i compiti dello staff tecnico saranno fondamentali: dare un volto definitivo al line up – pur con le scusanti degli infortunati FilppulaMcLean – ritrovare la continuità di rendimento di una difesa che pur tra le migliori ha ancora qualche sbandata, e preparare la squadra allo sprint finale per raggiungere uno dei primi quattro posti, possibilmente meglio di come avvenne la scorsa stagione.

E poi? Nessuno ovviamente può prevedere il futuro, ma l’impressione è che se Fischer riuscirà ad incastrare gli ultimi pezzi del puzzle, avrà tra le mani una squadra dal potenziale enorme, con finalmente due blocchi di altissimo livello.

Più pressione per lo staff tecnico? Ovviamente sì, ma siamo certi che Fischer e Andersson non hanno bisogno che qualcuno glielo ricordi, perché la mentalità vincente dei due tecnici non lascia spazio ai “se” e ai “ma”.

I “ma” li mettiamo noi, scrivendo che le squadre hanno bisogno di amalgama, di conoscersi e di collaudare gli automatismi, e su questo punto, le altre corazzate come ZSC, Berna e pure Zugo sembrano avere qualcosa in più, visto che dispongono di uno zoccolo di giocatori che da anni pratica lo stesso hockey e che si intende ad occhi chiusi, oltre ad avere allenatori abituati a vincere e a alla pressione dei grandi palcoscenici.

Con questo non si vuol dire che il Lugano non ha possibilità, ci mancherebbe, anche perché passare il limite minimo dei quarti di finale libererebbe la squadra dalla pressione dell’eliminazione, alimentando la voglia di vincere.

Come dire che dalle semifinali in poi tutto diventa possibile, a condizione che il Lugano entri nei play off come una squadra senza paura, l’outsider, la mina vagante, chiamatela come volete, ma che sia squadra fino in fondo.

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