LUGANO – Ultima spiaggia ancora no, ma poco ci mancava, dopo la sconfitta in terra ginevrina da parte dei bianconeri. A detta di tutti il risultato di 2-0 per i granata era decisamente pericoloso, ma non impossibile da sormontare – e ribaltare – ma il Lugano doveva fare dei decisi passi avanti per sperare di riprendere un Ginevra maledettamente ben messo sul ghiaccio da McSorley.
Fischer ha dovuto suo malgrado rinunciare a Brunner, alle prese con una commozione cerebrale, sostituendolo con Pettersson nel primo blocco completato da Klasen e Filppula, promuovendo Bertaggia al fianco di Simek e McLean. Sul fronte ginevrino assente per squalifica Wick, mentre in porta è rientrato Robert Mayer, dopo la pur eccellente prova di Descloux alle Vernets.
Il rientrante portiere ginevrino è stato sollecitato sin dai primi minuti, ossia da quando il Lugano ha cominciato a premere forte sulla difesa ospite, ben piazzata ma spesso in panico se presa in velocità. Dopo una decina di minuti a cercare il passaggio giusto e di troppo nello slot, i bianconeri hanno capito – finalmente – che una via più diretta nelle trame di McSorley causava danni maggiori.
La rete di Klasen in un power play faticosissimo ha dato ulteriore spinta agli uomini di Fischer, i quali hanno in seguito trovato molti spazi in una difesa più ballerina, sprecando però alcuni 2 contro 1 veramente ghiotti e che gridano vendetta. E il Ginevra? Quasi non pervenuto, a parte il solito pericolo causato da un 2 contro 1 in short hand, ma si può credere che comunque McSorley un inizio del genere da parte del Lugano lo avesse messo in conto.
E difatti nei primi minuti del secondo periodo i ginevrini hanno rimesso fuori la testa con alcune azioni figlie dei loro tipici schemi, rottura del gioco, disco su Manzato e pedalare. Il riequilibrio del match è però durato poco, perché poi i bianconeri sono tornati a farsi preferire. Ancora molte le occasioni per aumentare il vantaggio, troppe – tutte – quelle sprecate, tra cui anche un palo di McLean e un disco sparito sotto i gambali di Mayer.
Un Lugano padrone del ghiaccio e del gioco, che stavolta non si è fatto intimorire dalla durezza avversaria e che è finalmente tornato a manovrare in velocità. Un solo difetto, ma fondamentale: la rete di scarto è rimasta una sola.
Una sola rete di scarto che ha trascinato nell’aria una certa paura, quella che il Ginevra avrebbe avuto bisogno solo di un’occasione per rovinare tutto. Fiato sospeso al 49’ quando Vukovic ha mancato una rete bell’è fatta, ma forse lì si è capito che la serata era dalla parte bianconera.
Un po’ di sofferenza nei minuti finali, ma in verità, oltre ad un asfissisante possesso del disco spalle alla porta di D’Agostini e compagni i pericoli per Manzato sono stati ben pochi. A far riprendere un certo colorito a tutti ci ha pensato Reuille, indomito lottatore per tutta la partita, bravissimo a gestire quel disco a 5 contro 6 ed a infilarlo per il 2-0 definitivo.
Tutto un altro Lugano, di conseguenza un altro Servette, che ha vissuto attaccato a un filo fino al 58’ solo grazie all’incapacità – e la sfortuna – del Lugano sotto porta. I bianconeri hanno macinato gioco e pattinaggio per 60’, mettendo in luce i limiti di un Ginevra solido e funzionale ma che va in bambola se messo in difficoltà con transizioni veloci e l’imprevedibilità degli attaccanti avversari.
Filppula, Klasen e Pettersson finalmente trascinatori veri, in un blocco bocciato in settembre ma che sembra poter dare i giusti impulsi. Il Lugano si è aggrappato comunque a quattro blocchi, encomiabile il lavoro dei vari Walker, Reuille e Sannitz, e a un Manzato in formato calma mondiale, premiato dallo shutout.
La serie riprende corpo, il Lugano riprende fiducia, grazie a una prestazione di intensità, cuore e coraggio, con questo atteggiamento la serie può riprendere un’altra direzione, a patto che i bianconeri sappiano ripetersi per più partite, cosa riuscita solo a sprazzi in stagione.