ZUGO – LUGANO
3-4
(0-0, 2-4, 1-0)
Note: Bossard Arena, 6’550 spettatori. Arbitri Kurmann, Vinnerborg; Fluri, Tscherrig
Penalità: Zugo 2×2′, Lugano 5×2′
ZUGO – Guardano ai precedenti stagionali, la seconda sfida alla Bossard Arena tra Zugo e Lugano avrà fatto venire il mal di pancia a più di un tifoso bianconero. Finita 5-2 la prima sfida alla Resega e 5-1 sempre in favore degli uomini di Kreis quella fuori casa, le premesse non erano delle migliori, ma si sa che nello sport e quindi anche nell’hockey le cose possono mutare in fretta.
Lo sa bene Shedden, che dal suo arrivo a Lugano ha fatto di tutto per far cambiare marcia ai bianconeri, e il risultato della sfida alla sua ex squadra è lì a dimostrare che se non ha fatto un mezzo miracolo in questo mese sulla panchina bianconera, poco ci manca.
Nessuna traccia di quella squadra che sullo stesso ghiaccio si era fatta malmenare senza colpo ferire, quella che alla prima difficoltà si era sciolta come neve al sole, la stessa che in trasferta prendeva una scoppola dopo l’altra a causa di un atteggiamento arrendevole e a una mentalità troppo debole. No, il Lugano che è sempre più il Lugano di Shedden e Curcio sta guarendo a grandi passi, e lo dimostra ancora una volta, andando a vincere con autorità e coraggio sulla pista della capolista, quello schiacciasassi guidato dai fenomenali Martschini, Immonen e Bouchard.
Che potesse essere una serata diversa lo si è visto a tratti già nel primo tempo, quando alle prime scorribande del terzetto terribile di casa, il Lugano ha risposto colpo su colpo, creandosi alcune occasioni e controllando abbastanza bene le folate offensive avversarie. La progressione vera propria, magari inaspettata, è però arrivata nel secondo tempo, con quel parziale di 0-4 in favore dei bianconeri specchio di una mentalità vincente ritrovata, delle convinzioni sulle proprie capacità, e soprattutto su una capacità realizzativa ritrovata.
Le reti in sequenza di Klasen, Bertaggia, Martensson e Hofmann – tra l’altro, tutte di ottima fattura – hanno mostrato il lato di un Lugano in grado di colpire a freddo e di continuare a battere il chiodo, sfruttando gli errori altrui – se pensiamo a quanti ne ha pagati di propri in passato… – e di nuovo pungente e pericoloso con tutti i blocchi. Un tempo praticamente quasi perfetto, non fosse stato per quelle due reti a fil di sirena che hanno tenuto in partita lo Zugo già a partire dal 40’.
Lì il Lugano ha avuto praticamente il primo dei due momenti difficili della partita, ed il secondo è arrivato in fondo “solo” dopo la terza rete dei padroni di casa e sul seguente assalto alla porta di un incredibile Merzlikins (peccato solo per il 2 a 4 di Immonen). Prima di questo momento di sofferenza, dal quale Vauclair e compagni ne sono usciti grazie a compattezza e lavoro di squadra, c’erano persino le occasioni per chiudere il match, ma prima Brunner poi Reuille e Pettersson avevano fallito i colpi del possibile KO.
A impressionare in bene è stata la vicinanza tra i reparti della squadra sottocenerina, con i difensori spesso in sovrapposizione e padroni della linea blu a smistare appoggi, e con gli attaccanti pronti ad arretrare in transizione avversaria. La capacità di operare un forechecking alto ha messo spesso in evidenza i buchi lasciati da uno Zugo a volte troppo sbilanciato, come dimostrato sulla rete di Bertaggia, ma hanno sottolineato anche la furbizia del Lugano di indurre spesso in errore l’avversario sulla sua linea blu offensiva.
Unica nota stonata rimane il power play, di nuovo confuso e difficile anche solo da impostare, ed è un peccato, perché con certi uomini potrebbe veramente diventare un’altra arma micidiale di questa squadra.
Tutto è bene quel che finisce bene e in maniera meritata per il Lugano, che alla Bossard Arena ha messo sul ghiaccio efficienza, acume tattico e lavoro di squadra, perché vincere sul ghiaccio di questo Zugo non è certo una passeggiata di piacere.
La convalescenza del Lugano sembra ormai agli sgoccioli e sempre di più parleremo di un Lugano modellato a sua immagine da Shedden, che apparentemente sta riuscendo in poco tempo dove altri non sono riusciti in mesi (o anni) di lavoro. Vietato distrarsi o sedersi sugli allori, la classifica rimane cortissima, e solo mantenendosi sul chi vive si trova la continuità di risultati.
LA MENTALITÀ VINCENTE: La squadra bianconera vista a Zugo non è nemmeno lontana parente di quella che si era fatta malmenare dallo stesso avversario (e poi in sequenza da Bienne e Davos).
Ciò che è cambiato, oltre al sistema di gioco, è la mentalità dei giocatori del Lugano, convinti dei loro mezzi, sicuri nelle loro giocate e senza paura di sbagliare. Doug Shedden ha inculcato la sua mentalità nella testa dei giocatori, e non si vedono più certi momenti di panico o buchi neri della durata di due tempi.
Oggi si vede un Lugano che sa imporsi in casa della capolista con autorità e spirito di chi vuole essere di nuovo tra i primi della classe.