AMBRÌ – Archiviata la delusione di non essere riusciti a raggiungere l’obiettivo dei pre-playoff la scorsa stagione, l’Ambrì Piotta è tornato a lavorare. Dopo poche settimane passate assieme sul ghiaccio è ancora presto per valutare una squadra biancoblù più ampia e cambiata per un terzo, ma gli spunti di discussione non mancano guardando all’avvicinamento del campionato.
“L’anno scorso non eravamo arrivati così lontani dall’obiettivo, ma allo stesso tempo non eravamo vicinissimi. Questo significa che qualcosa dobbiamo migliorare, e visto quanto successo nell’ultima stagione possiamo dire che c’è una voglia particolare di evolverci per fare meglio”, ci ha spiegato l’allenatore Luca Cereda, che inizierà il suo settimo campionato alla guida dei leventinesi.
Lo scorso anno non sempre eravate riusciti a portare la giusta compattezza e intensità. C’è un lavoro da fare per tornare ad essere un Ambrì costantemente duro da affrontare?
“Nelle partite assolutamente da vincere, quando c’era un po’ più pressione, eravamo effettivamente meno performanti. Nelle altre – e per questo un buon esempio è la Coppa Spengler – siamo riusciti a portare un gioco migliore, dunque in quel senso dobbiamo fare un passo avanti. Avremo un aiuto da Corsin Camichel, ma spetta anche a noi ogni giorno fare dei piccoli passi avanti nella giusta direzione. Diciamo che siamo maggiormente consapevoli di dover lavorare su questo aspetto, se otterremo qualcosa sarà perché saremo forti come gruppo. Ora dobbiamo trovare un ruolo ai vari giocatori e far sentire tutti importanti, ma allo stesso tempo mettere sempre la squadra al primo posto”.
Quanto è diverso l’Ambrì di quest’anno? Dal mercato è arrivata un’impronta un po’ meno tecnica ma con più peso e personalità…
“Non so se siamo una squadra meno tecnica, è ancora presto per valutare questo aspetto. Vedendo i primi allenamenti e partite notiamo maggior concorrenza in attacco, si percepisce che c’è meno sicurezza per il proprio posto e tempo di ghiaccio, e nel contempo con persone come Eggenberger, Douay oppure Wüthrich abbiamo preso un po’ di fisicità che nell’hockey fa sempre bene”.
Un reparto che potrebbe rivelarsi fragile è quello dei centri. Heim è partito, Dauphin è al primo anno in Europa, Kostner è reduce da un lungo infortunio mentre i giovani dovranno dimostrarsi all’altezza. Sei preoccupato?
“Nel reparto abbiamo Landry e De Luca che possono giocare sia al centro che all’ala, ed in caso di emergenza ci sono dei giocatori che possono dare una mano, come Grassi e Kneubuehler. Ci sono dunque tante opportunità da andare a cercare e ad oggi sono relativamente tranquillo, ma è chiaro che il centro è una figura importante. Me lo ricordo bene perché da giocatore rivestivo quel ruolo. Quest’anno penso che abbiamo delle buone possibilità nel mezzo, in questo momento sono sereno e contento di chi abbiamo”.
In retrovia hai invece le certezze di Heed e Virtanen, ma la difesa svizzera sarà chiamata ad una crescita…
“Sicuramente. Con le partenze di Burren e Fischer abbiamo perso due titolari, ora spetta agli altri fare un passo avanti. Vedremo chi saprà prendere questa opportunità, accettando e vincendo la sfida. Sicuramente daremo la chance a tutti tra amichevoli ed inizio campionato di fare i primi passi, poi la cosa si regolerà automaticamente osservando chi saprà fare lo step necessario”.
Avete ancora da giocare la carta del settimo straniero, che ragionamenti state facendo in quel senso?
“Idealmente stiamo cercando di valutare bene cosa abbiamo ora tra le mani, per stabilire cosa ci servirà di più. L’obiettivo sarebbe d’ingaggiare qualcuno capace di completare la nostra squadra, iniziando così la stagione con sette stranieri. Ad oggi non abbiamo definito un ruolo… Potrebbe essere un centro, un’ala oppure un difensore. Vogliamo valutare bene la nostra squadra e quello che offre il mercato, perché non vogliamo qualcuno da impiegare solamente in caso di infortuni ma cerchiamo un elemento che ci dia una mano a fare un vero passo avanti”.
Durante la scorsa stagione si era aperta la discussione sulla difesa a uomo, stimolata dalle dichiarazioni di Chlapik. Quell’impostazione è stata oggetto di riflessione?
“L’hockey cambia di continuo. L’anno scorso era il primo con sei stranieri ed anche noi abbiamo fatto delle cose nuove, cercando di migliorare dove possibile facendo evolvere la nostra struttura di gioco, e quest’anno faremo la stessa cosa. Nella seconda metà di stagione avevamo già cambiato il modo di giocare nella nostra zona, ma la verità è che al giorno d’oggi quello che conta è fare davvero tanta pressione. Ci sono tante situazioni in cui si vuole mettere il più possibile l’avversario alle strette, ed è quello che faremo di nuovo portando delle piccole evoluzioni nel sistema. Alla fine però l’hockey diventa sempre un gioco uno-contro-uno, già dall’ingaggio parte la prima battaglia, ma sicuramente vogliamo fare dei passi avanti anche a livello di sistema”.
Il secondary scoring era stato un problema lo scorso anno. Knebuehler aveva fatto la sua miglior stagione, ma era stato l’unico ad assicurare una certa produttività. Quest’anno servirà più supporto in finalizzazione…
“Questo non mi preoccupa particolarmente, perché non è mai con i singoli che si riesce a fare la differenza. Dovremo compensare i gol segnati dai giocatori che sono partiti con lo sforzo del gruppo. Bisogna però anche dire che l’anno scorso avevamo segnato 20 gol in più dell’anno precedente, ma ne avevamo anche subiti 15 in più, dunque ci vuole un certo equilibrio. Vogliamo sì rimpiazzare delle reti, ma cercheremo anche di subirne di meno perché alla fine l’unico numero che conta è quello dei punti in classifica”.
Un giocatore che ha le potenzialità per dare un contributo maggiore è Zwerger. Come lo hai visto dopo la difficile ultima stagione?
“Si vede che ha lavorato durante l’estate. La verità la vedremo nelle prossime settimane, spero per lui che sia riuscito a fare un passo avanti soprattutto per quel che riguarda i suoi problemi personali, che l’avevano davvero toccato molto nella stagione scorsa. Sicuramente in questo avvio di training camp siamo contenti di lui, sta facendo bene”.
Durante la Spengler aveva spiegato le sue difficoltà a livello mentale, e pure tu in quell’occasione avevi raccontato di aver vissuto negli anni dei momenti complicati. Essere l’allenatore dell’Ambrì non è un ruolo semplice…
“Io penso che come persona si cerca sempre di migliorarsi, e si impara ogni giorno indipendentemente dalla professione che si esercita, con magari delle piccole cose che ti possono aiutare in futuro. Per me vale esattamente questo, nell’ultima stagione sicuramente ho imparato delle cose che mi torneranno utili. Capisco dunque i ragazzi che hanno delle problematiche… Se un giocatore è infortunato fisicamente è evidente per tutti, mentre se qualcuno ha dei pensieri in testa che lo disturbano è più difficile, anche per la persona stessa nel comunicarlo agli altri. Questa è una tematica che vediamo sempre di più. Dobbiamo stare attenti e dare un supporto particolare a chi vive delle difficoltà. Personalmente rispetto a dieci anni fa sicuramente sono riuscito a fare dei passi avanti, e cercherò di farne altri in futuro”.
Sulle nostre pagine lo vediamo bene. A volte il pubblico critica duramente senza conoscere davvero le cose e non pensa alle conseguenze delle parole…
“È sicuramente una problematica della nostra società, che non va sottovalutata. In Ticino è molto bello perché in generale siamo un popolo passionale, ma non dobbiamo cadere nella negatività delle nostre passioni… Sia che si tratti di sport, politica o altro. Per tanti è diventato facile scrivere la propria opinione, mentre prima bisognava metterci la faccia e non tutti ne avevano il coraggio o la personalità. Oggi è più semplice, ma non dobbiamo farla diventare una problematica grave, soprattutto per i nostri giovani. Il nostro è un ambiente in cui si è molto a contatto con il proprio lavoro, ma bisogna trovare dei momenti in cui staccare un po’. Sono contento quando dei ragazzi come Zwerger, oppure più recentemente Lauper, hanno il coraggio di parlarne perché possono aiutare qualcuno che si trova in difficoltà. È un aspetto di cui discuto anche con i miei figli, guardando anche alla tematica del cyberbullismo”.