AMBRÌ – Le partite di sabato sera sono iniziate con due minuti di ritardo in tutta la lega, il tempo necessario ai giocatori per fare fronte comune e ribadire il loro disaccordo in merito alla recente decisione della National League di aumentare a sette il numero di stranieri dal 2022.
“Dopo quanto successo c’era la volontà da parte dei giocatori di farsi sentire per quelle che sono le nostre idee, soprattutto per come sono evolute le cose nel tempo”, ci ha spiegato il capitano biancoblù Elias Bianchi. “Dopo questa stagione c’era davvero la possibilità di fare un bel cambiamento, creando delle regole per aiutare il nostro hockey in generale, ma non si è fatto molto in questa direzione. In un anno in cui tutti i giocatori hanno fatto degli sforzi, la situazione poteva essere gestita con maggiore collaborazione”.
La pandemia ha aperto il vaso di Pandora su un hockey che doveva rivedere i suoi equilibri, peccato che non se ne sia discusso più apertamente tra le varie parti coinvolte…
“Il coronavirus ha sicuramente forzato questa decisione. Si sente spesso parlare di hockey malato a livello finanziario, ma basta osservare come si muovono alcune società… Considerando il fatto che si è trovato un accordo sugli stranieri ma non sul salary cap, c’è da chiedersi se il problema sia davvero finanziario oppure se prevalga la voglia di vincere a tutti i costi. Le decisioni prese andranno palesemente a rovinare il lavoro fatto nel corso degli anni”.
Come avete vissuto voi giocatori questa situazione?
“È mancata correttezza nei nostri confronti. Sembrava che il problema fossero i giocatori, che percepivano stipendi troppo alti, ma ovviamente c’è qualcuno che questi soldi ce li dà, ed inoltre se il problema era finanziario perché non trovare come prima cosa un accordo sul salary cap? La regola degli stranieri si sarebbe potuta eventualmente toccare come secondo passo”.
C’è dunque una certa incoerenza tra intenzioni dichiarate e decisioni…
“Se si osserva come sono andate le cose, è chiaro che c’è stato un gioco di potere che ha forzato determinati aspetti. Ci sono squadre che hanno perso un certo dominio sul campionato, ed hanno dunque cercato di forzare la decisione sugli stranieri per riportarsi ad un certo livello e questo è il risultato. Se invece l’intenzione era sanificare il nostro hockey, ci si sarebbe concentrati sul salary cap per equilibrare il campionato”.
Si è creata dunque una grande contraddizione…
“Con l’introduzione di un tetto salariale i migliori giocatori svizzeri dovrebbero dividersi su più squadre, ed automaticamente si avrebbe un equilibrio maggiore, senza necessariamente andare a toccare il numero degli stranieri. Sì, il tutto è contraddittorio”.
Dopo questa vostra protesta, pensi ci sia ancora margine di discussione?
“Chi ha preso queste decisioni ha proceduto piuttosto spedito. Noi giocatori abbiamo cercato di far passare il nostro messaggio, ed anche media e tifosi hanno chiaramente espresso perplessità sull’argomento, ma non penso che si faranno influenzare troppo da quanto fatto sabato sera”.