LUGANO – Partito otto anni fa da Lugano per il Nord America, Calle Andersson era ancora un ragazzino, poi le esperienze fatte tra Hartford, Zugo e Berna ne hanno fatto un giocatore che parla e si muove ormai da leader.
Vincitore di due campionati svizzeri con la maglia degli orsi, il figlio dell’ex difensore e assistente allenatore bianconero Peter Andersson sembra però piuttosto emozionato nell’indossare di nuovo la maglia bianconera: “È veramente bello essere tornato – esordisce con un gran sorriso il difensore svedese – a Lugano ci sono “quasi nato” e ho passato molto tempo della mia infanzia oltre alla prima stagione da giocatore, la considero casa mia alla pari della Svezia.”
Calle Andersson, dalla tua prima esperienza con il Lugano ad oggi, che giocatore sei diventato?
“Sono cresciuto molto con le diverse esperienze, a Berna ho capito cosa serve per vincere il titolo in Svizzera e voglio portare la mia esperienza per avere successo con questo gruppo. Firmando un contratto di quattro anni mi sono impegnato a costruire qualcosa di importante qui a Lugano”.
Le tue prime impressioni sul gruppo che hai ritrovato alla Cornèr Arena?
“La squadra sulla carta è molto forte, veramente un bel gruppo, poi ovviamente sta a noi giocatori esprimere il massimo potenziale sul ghiaccio. Penso che siamo su livelli molto alti in ogni reparto, a partire dai portieri, passando dalla difesa all’attacco, l’aumento del numero di stranieri ha permesso alle squadre di rinforzarsi parecchio”.
Com’è nato il tuo trasferimento in maglia bianconera?
“A Berna volevano cambiare qualcosa dopo gli ultimi anni e mi hanno fatto capire che facevo parte di questi cambiamenti, quindi ho colto al volo l’opportunità di tornare in Ticino. Io ho sempre saputo che prima o poi sarei tornato a vestire questa maglia, e questi avvenimenti mi hanno permesso di farlo con magari un paio di anni in anticipo e la cosa mi rende molto felice”.
E potrai continuare a portare sulle spalle un numero molto importante, sia per te che per i tifosi del Lugano…
“Sono contento di poter continuare ad indossare il 55, ovviamente è un numero a cui sono molto attaccato ma inizialmente per poterlo utilizzare chiesi a mio padre il permesso, per questo ne vado così fiero”.