AMBRÌ PIOTTA – LUGANO
6-4
(3-3, 1-0, 2-1)
Reti: 1’12 Hofmann (Morini) 0-1, 4’02 Chorney (Hofmann) 0-2, 4’57 Hofer (Novotny, D’Agostini) 1-2, 9’40 Hofmann (Sannitz, Chiesa) 1-3, 16’18 Jelovac (Goi) 2-3, 19’06 Hofer (Kubalik, Fora) 3-3, 25’45 Plastino (Kostner, Trisconi) 4-3, 44’40 Kostner (Bianchi, Trisconi) 5-3, 56’08 Chiesa (Haapala, Sannitz) 5-4, 58’35 Bianchi 6-4
Note: Valascia, 6’500 spettatori (esaurito). Arbitri Hebeisen, Urban; Kovacs, Obwegeser
Penalità: Ambrì 8×2′ + 1×10′, Lugano 8×2′ + 1×10′
AMBRÌ – Pazzo, intenso, a tratti duro e mai banale, l’atteso sesto derby stagionale è stato dannatamente appassionante, quasi come quelli “di una volta”. A livello di emozioni, sicuramente, alla Valascia se ne stanno riassaporando diverse che mancavano da un bel pezzo, mentre nell’ambiente bianconero continua ad esserci quella persistente amarezza che venerdì sera ha forse toccato il suo picco più sgradevole.
I giocatori del Lugano a fine serata non lo hanno d’altronde nascosto, perdere una partita come questa ha fatto male – ed anche parecchio – ma in definitiva il ghiaccio ha restituito il giusto responso, a meritare la vittoria è stato l’Ambrì Piotta.
A fare la differenza è stata la capacità delle due squadre di gestire momenti e situazioni venutisi a creare, ed in questo il gruppo di Luca Cereda ha fatto meglio di quello agli ordini di Greg Ireland, anche e soprattutto a partire da un primo tempo follemente imprevedibile.
A iniziare meglio è stato il Lugano, che dopo meno di dieci minuti aveva già segnato tre reti ritrovandosi così in due circostanze in doppio vantaggio – l’Ambrì aveva risposto con Hofer – ma Hofmann e compagni in quel frangente hanno peccato di malizia, forse sorpresi da un avversario che non ha fatto una piega nonostante la doccia fredda iniziale.
I biancoblù hanno infatti approfittato di una pausa di gioco – Merzlikins ha dovuto lasciare spazio brevemente a Müller per un problema di materiale – per ritrovare una certa struttura, che ha permesso alla squadra di Cereda di registrare una fase difensiva che stava sbandando un po’ troppo.
Sostanzialmente da quel momento in avanti l’Ambrì è stata la miglior squadra sul ghiaccio, e la maggior convinzione nei propri mezzi – tradottasi in un forecheck più aggressivo ed efficace – ha portato velocemente alle segnature di Jelovac e Hofer (doppietta per l’austriaco, autore di cinque gol nelle ultime sette partite).
Mentalmente il derby ha subito a quel punto uno scossone, ed ha mostrato piuttosto chiaramente come il Lugano sia attualmente più fragile dei cugini quando confrontato con questo tipo di situazioni. L’effetto di quanto successo non è stato a dire il vero immediato – i bianconeri hanno iniziato bene il periodo centrale – ma il gol di Plastino al 25’45 ha dato una precisa direzione alla sfida, che improvvisamente si è fatta più ermetica ed ha visto ridursi gli errori su ambo i fronti.
Alcune opportunità per trovare il pareggio Chiesa e compagni le hanno poi avute già nel periodo centrale, soprattutto quando gli ospiti hanno potuto giocare due powerplay praticamente consecutivi. In quella fase ad esaltarsi è però stato l’Ambrì, che quando deve andare a difesa di Conz è capace di unirsi e ricavare un momentum positivo, tanto da sfiorare nella circostanza il gol in shorthand con Ngoy.
Al Lugano è invece mancata un po’ di fantasia – l’assenza di Klasen non ha aiutato – oltre al “solito” problema a livello di stranieri. Lapierre e Lajunen non sono riusciti ad emergere, mentre Haapala ha fatto comprensibilmente fatica (non giocava da inizio gennaio) a trovare il giusto ritmo, anche se il suo assist per il 5-4 di Chiesa merita sicuramente una menzione. È andato invece ancora in gol Chorney, che ad inizio terzo tempo si è però infortunato dopo uno scontro con Reuille e non ha più fatto ritorno sul ghiaccio.
Ha però poco senso parlare di singoli – in questo capitolo finirebbe anche Merzlikins, decisamente poco ispirato – visto che l’Ambrì ha saputo fare la differenza puntando su un numero più ampio di uomini, e non a caso a decidere la sfida sono stati gli spunti firmati da Kostner e capitan Bianchi.
Nel terzo tempo i biancoblù hanno così mostrato una certa maturità nel gestire il vantaggio, anche dopo quella bagarre dopo un paio di minuti che ha coinvolto più giocatori e che sostanzialmente ha “risparmiato” l’Ambrì da una fase di boxplay, mai concretizzatasi vista la reazione degli ospiti dopo una carica fallosa di Goi su Morini. Il Lugano non ha così mai trovato una reale spinta offensiva, nemmeno quando Chiesa ha rimesso tutto in dubbio a 4′ dalla fine.
Qualche errore di troppo – come l’imperdonabile gestione del puck sul definitivo 6-4 – e la poca propensione ad andare là dove fa male ha così condannato gli uomini di Ireland, che possono e dovranno fare meglio nelle prossime otto partite per strappare l’accesso ai playoff.
Di “playoff” non vuole invece sentir parlare l’Ambrì Piotta, un po’ per scaramanzia, un po’ perché la classifica è effettivamente talmente corta che basterebbe commettere l’errore di guardarsi allo specchio per un paio di partite, per vanificare l’eccezionale lavoro fatto sinora.
Dopo tanta attesa, il derby ha dunque ribadito alcune certezze. I biancoblù sono una squadra matura e che ha ora le capacità per gestire le sfide più delicate, mentre questo Lugano continua a proporre una ricetta con tante potenzialità ma a cui manca sempre un ingrediente che la rende pericolosamente incompleta. Tra otto partite si tireranno i conti.
IL PROTAGONISTA
Diego Kostner: È un lavoratore instancabile, ed un motore fondamentale per un Ambrì che ha due linee più appariscenti della sua, ma che non può prescindere da un terzo blocco che porta tantissima energia e che venerdì ha “ucciso” il derby nel terzo tempo.
Il suo gol, arrivato al termine di una pregevole azione di ripartenza, è stato quello decisivo, a premio di una nuova prova fatta di tanto sacrificio. La differenza tra Ambrì e Lugano può essere simboleggiata proprio dalla prestazione dell’ex bianconero.
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