C’era una volta una Nazionale svizzera che pregava ogni santo possibile perché le sue poche star di NHL venissero eliminate in tempo nei playoff nordamericani per cercare di almeno ben figurare al campionato del mondo.
Oggi la Svizzera può contare su molte più stelle tra le sue fila, e quasi (sottolineiamo, quasi) l’assenza di uno scorer ormai affermato come Timo Meier viene vista sì con rammarico, ma nemmeno come un dramma. Un po’ per la fortuna che gli interpreti elvetici di alto rango in Nordamerica sono aumentati non di poco, e un po’ anche perché dal nostro campionato è possibile pescare giocatori dal livello tecnico e dal gene “internazionale” molto sviluppato.
I vari Hofmann, Genoni, Diaz, Scherwey e Moser hanno già dimostrato di saper portare al Mondiale quello che portano in NL, e anche perché quei giovani che solo pochi anni fa si affacciavano con gran timore a certi palcoscenici oggi sono tremendamente “sfacciati”, ovviamente in senso positivo.
Per questo, pur rinunciando al citato Meier, a Niederreiter, Kukan, Sven Bärtschi (lo vedremo mai in maglia rossocrociata?) e anche a due nomi reduci da stagioni disgraziate nei loro club come Hollenstein e Corvi – col grigionese che aveva giocato un Mondiale 2018 stupendo – la selezione sembra ben assemblata per età, talento, velocità, tecnica ed esperienza, anche se c’è timore che la mancanza di peso e potenza di Meier e di “El Nino” potrebbe farsi sentire non poco.
Però la grande novità è rappresentata da un Nico Hischier a fare da valore aggiunto (e che valore!) a 20 anni in un ruolo che fino a poco tempo fa ammiravamo in nazionali che sembravano inarrivabili, a dimostrazione della continua crescita del nostro movimento.
Che poi lo sappiamo, a fare di una grande squadra è lo spirito stesso che attraversa tutti i componenti, una lezione che il gruppo dell’ex coach del Lugano ha imparato a proprie spese nei deludenti Giochi Olimpici di Pyeongchang, dimostrandolo subito dopo con l’emozionante argento di Copenaghen.
Se dalla Svizzera ci si aspetta quindi una conferma di essere diventata a tutti gli effetti una “giovane adulta” tra gli adulti più esperti, bisogna anche capire in quale maniera dovrà dimostrarlo. Perché si sa, il campionato mondiale di hockey non è quello di calcio, e ai primi scontri ad eliminazione arrivano con regolarità sempre almeno 6-7 delle prime 8 squadre al mondo, con l’outsider di turno pronto a dare filo da torcere e quindi anche con 3 o 4 di questi top team fuori al primo stadio.
Dai rossocrociati è sicuramente un obbligo aspettarsi che si lotti per le prime quattro posizioni finali, ma c’è da mettere in conto che nei quarti sarà come sempre possibile affrontare assolute corazzate. Qui ci sarà la vera conferma della crescita, la maniera con cui si affronterà ogni avversario già dal girone di qualificazione dirà se la Svizzera ha tenuto la carreggiata ed è destinata a risultati importanti.
Per una volta ci si troverà in un torneo che, causa di playoff NHL sorprendenti, permette di ammirare nazionali impressionanti come quella russa e infarcite di grandissimo talento come la Svezia di Lundqvist e Pettersson a ribadire che sarà un torneo difficile per tutti.
Ma in un Mondiale diverso, spettacolare (si spera) e di un livello molto alto saprà dire la sua anche la Svizzera, ce lo auguriamo e lo crediamo. Lo abbiamo visto tutti in questi ultimi anni, tra grandi scalate, medaglie, bagni d’umiltà e Nazionali U20 ai vertici, l’hockey svizzero non è più quello di una volta.
Si è partiti dalle vergogne dei Mondiali B degli anni ’90 e dalla mano amorevole di “papà” Ralph Krueger, intraprendendo un percorso lungo più di venti anni che ci ha portati a due finali mondiali in un lustro. Passare dal “mito degli sms” prima della vittoria sulla Russia a San Pietroburgo 2001 alle emozioni di Stoccolma e Copenaghen non è un percorso casuale, la Svizzera ha tutti i mezzi per continuare a dimostrarlo e per crescere ancora su una strada che viene da molto lontano. Buon Mondiale a tutti.